SINODO E I DIRITTI DEGLI
OMOSESSUALI
La maratona del Sinodo
straordinario sulla famiglia voluto direttamente da Papa Francesco si è
conclusa oggi. Le innovazioni non sono ampie come le avrebbe volute Bergoglio,
se si considera che sui tre paragrafi più delicati della relazione finale -
quelli riguardanti gli omosessuali e la comunione ai divorziati risposati - non
si è raggiunta la maggioranza dei due terzi. In un dibattito che comunque non
ha precedenti nella storia della Chiesa, i padri sinodali hanno in un certo
senso frenato la spinta innovatrice del Papa argentino, che tuttavia ne esce
vincitore per aver favorito il primo vero dibattito nella storia dei Sinodi
della chiesa cattolica.
Gli unici tre paragrafi
della relatio synodi a non aver ottenuto la maggioranza dei due terzi
sono anche i più spinosi, quelli che toccano i nodi dei divorziati risposati e
dell'omosessualità. Tutti gli altri paragrafi, a quanto si apprende, sono stati
approvati ad ampia maggioranza. Sulle questioni maggiormente controverse, Papa
Francesco avrebbe verosimilmente preferito delle prese di posizione più
forti, ma per ora ha dovuto acconsentire a un testo finale molto più cauto,
e che comunque rimanda ogni decisione all'anno prossimo.
ORA LA CHIESA AVRÀ UN ANNO DI TEMPO - FINO AL SINODO
ORDINARIO PREVISTO PER OTTOBRE 2015 - PER "MATURARE" LE SUE
POSIZIONI.
La tentazione del buonismo
distruttivo, che a nome di una misericordia ingannatrice fascia le ferite senza
prima curarle e medicarle; che tratta i sintomi e non le cause e le radici. È
la tentazione dei 'buonisti', dei timorosi e anche dei cosiddetti 'progressisti
e liberalisti'. La tentazione di trasformare la pietra in pane per rompere un
digiuno lungo, pesante e dolente e anche di trasformare il pane in pietra e
scagliarla contro i peccatori, i deboli e i malati cioè di trasformarlo in
'fardelli insopportabili'. La tentazione di scendere dalla croce, per
accontentare la gente, e non rimanerci, per compiere la volontà del Padre; di
piegarsi allo spirito mondano invece di purificarlo e piegarlo allo spirito di
Dio.
"Si è riflettuto sulla
possibilità che i divorziati e risposati accedano ai sacramenti della Penitenza
e dell'Eucaristia. Diversi padri sinodali hanno insistito a favore della
disciplina attuale, in forza del rapporto costitutivo fra la partecipazione
all'Eucaristia e la comunione con la Chiesa ed il suo insegnamento sul
matrimonio indissolubile. Altri si sono espressi per un'accoglienza non
generalizzata alla mensa eucaristica, in alcune situazioni particolari ed a
condizioni ben precise, soprattutto quando si tratta di casi irreversibili e
legati ad obblighi morali verso i figli che verrebbero a subire sofferenze
ingiuste.
L'eventuale accesso ai
sacramenti dovrebbe essere preceduto da un cammino penitenziale sotto la
responsabilità del Vescovo diocesano. Va ancora approfondita la questione,
tenendo ben presente la distinzione tra situazione oggettiva di peccato e
circostanze attenuanti, dato che 'l'imputabilità e la responsabilità di
un'azione possono essere sminuite o annullate" da diversi 'fattori
psichici oppure sociali'".
Anche il punto 53 è stato
approvato a maggioranza semplice (112 favorevoli e 64 contrari). Eccone il
testo:
"Alcuni padri hanno
sostenuto che le persone divorziate e risposate o conviventi possono ricorrere
fruttuosamente alla comunione spirituale. Altri padri si sono domandati perché
allora non possano accedere a quella sacramentale. Viene quindi sollecitato un
approfondimento della tematica in grado di far emergere la peculiarità delle
due forme e la loro connessione con la teologia del matrimonio".
Un risultato ancora migliore
ha avuto il punto 55 che riguardava "l'attenzione pastorale verso le
persone con orientamento omosessuale" (approvato da 118 e respinto da 62
padri):
"Alcune famiglie vivono
l'esperienza di avere al loro interno persone con orientamento omosessuale. Al
riguardo ci si è interrogati su quale attenzione pastorale sia opportuna di
fronte a questa situazione riferendosi a quanto insegna la Chiesa: "Non esiste fondamento
alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni
omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia". Nondimeno,
gli uomini e le donne con tendenze omosessuali devono essere accolti con
rispetto e delicatezza. 'A loro riguardo si evitera' ogni marchio di ingiusta
discriminazionè" come raccomanda già la Congregazione per la Dottrina
della Fede, nelle "Considerazioni circa i progetti di riconoscimento
legale delle unioni tra persone omosessuali".
Articolo di GIANNI GENNARI
Cose
della vita…Voci dal Sinodo come musica attesa da una vita.
Molti
mi chiedono perché in questi giorni non scrivo su “Avvenire” e sembra che non
parli…E’ vero! Due ragioni e una eccezione. La prima ragione, contingente, è
necessitata da circostanze concrete e private. La seconda, la più importante
finora, è che nel momento in cui la Chiesa, la Chiesa che è anche mia – senza
alcuna esclusività – si trova in un momento in cui finalmente parlano sia il
Papa – questo Papa in particolare – e duecento vescovi, allora mi pare che
valga la pena di ascoltare, piuttosto che di parlare…
Faccio
però una eccezione sommando diverse letture. La prima è che i giornali parlano
di scontro, mentre si tratta di diversità di visione teologica ed anche
ecclesiologica. Una delle parti in contrasto, però, rivendica unicamente alla
sua opinione, per quanto illustre e magari impostasi da molto tempo come “la”
lettura “cattolica”, la coerenza con la fede cristiana e cattolica. Quando il
cardinale Burke scrive sul “Foglio” che siamo di fronte ad un tradimento della
fede, addirittura appoggiata da un confratello come Kasper, e quindi traditore
in primis, e sotto sotto – anche sopra sopra – si fa intendere che il realtà
chi ha già tradito e tradisce, o si prepara a tradire ancora più pesantemente è
il Papa, allora per costoro la diversità diventa automaticamente “eresia”.
Kasper è stato insultato per questo a sufficienza, anche da colleghi con un
libro intero che non si accontenta di esporre le idee proprie degli illustri
Autori, confratelli di Kasper, ma pretende di essere portavoce della “vera”
fede contro i traditori, tutti, vestiti come siano, anche di bianco…Potrei
portare tanti esempi, ed è evidente che questa “contromusica” non è iniziata
per il Sinodo, ma va avanti da più di un anno e mezzo. Se qualcuno rivendica
solo a sé, e ai suoi, la lampada accesa della fede definita e della Tradizione
(T maiuscola, come ricordava Giovanni Paolo I), in questo modo è lui stesso che
“strappa” (airéo, da cui eresia in greco dice proprio strappo) l’unità della
fede e della vita comunitaria.
E
infatti ecco che dopo Kasper l’accusa, oggi, si sposta su un altro bersaglio: è
uscita la relatio post disceptationem e nel mirino emerge Bruno Forte. In
realtà da molti anni il teologo Forte, poi vescovo e ora scelto dal Papa (già:
proprio quello che “non piae”!) è da certe fonti di scuola teologica nota dai
tempi del Concilio e anche prima, esplicitamente accusato di eresia. Come unico
esempio – che è lì da anni, in rete si trova sempre una lunghissima arringa di
mons. Brunero Gherardini, teologo di “scuola romana” da sempre anticonciliare –
quella per cui Paolo VI stesso era “eretico” (parola esplicita di mons. Antonio
Piolanti davanti ad un aula colma di studenti, nel 1965) – che avanza l’accusa
di negazione della divinità di Cristo – una bazzecola, vero? Ndr) per il
semplice fatto di usare la formula “il Dio di Gesù Cristo”! Non basterebbe, a
parte le spiegazioni fornite da Forte con pazienza e più volte nei suoi stessi
scritti, capire che si tratta di un genitivo epesegetico, per cui quel “di” sta
anche per “che è…”? Non basta, e in rete, sempre stesse fonti, ancora
rimbalzano le accuse al Concilio, a Papa Giovanni, a Paolo VI – anche con
innominabili calunnie propalate da 50 anni!
E
dopo Forte – vedremo! – il bersaglio si alzerà ancora, in vista della
continuazione in tutta la Chiesa delle spinte della prima parte di questo
Sinodo…Dunque – posto che occorra – solidarietà a Forte e attesa, speranza e
preghiera…
Ora
l’eccezione. Leggo – sempre stesse pagine che si sono impegnate nella
“crociata” anti-Francesco e ora anti-sinodo – che piace in quei paraggi, a
proposito del problema dei divorziati e risposati, una soluzione che riceve
persino la benedizione del prof. De Mattei, vero uomo ombra, da sempre, del
rifiuto del Vaticano II e delle nostalgie sul Papa distante, sacrale, da
venerare come immagine fissa nei secoli, del tutto diverso – e se ne sono
accorti anche Papi Santi a modo loro, come Giovanni XXIII e lo stesso Paolo VI
– e congeniale ad altri e ben più terreni interessi, non solo ecclesiastici…
La
soluzione sarebbe quella di consentire la Comunione a quei soggetti che si
dichiarano pentiti della rottura del precedente matrimonio, che tuttavia non è
più possibile mantenere in vita, e si impegnano a vivere insieme, volersi bene,
dialogare, pregare, occuparsi del prossimo in difficoltà come esige il mandato
di Cristo per tutti, ma…Ma per “certe cose” niente! La formula perfettamente
“ecclesiastichese” è “come fratello e sorella”!
Che
dire? Che personalmente mi pare la soluzione forse inconsciamente ipocrita e
certo anche contraddittoria che si possa pensare, alla luce della stessa morale
cattolica per molte ragioni: alcune provo a farle presenti qui.
I
comandamenti sono cosa seria. C’è p. es. il “non uccidere”, ma per prassi un
assassino, purché pentito e dopo eventuale periodo di discerimento, può
confessarsi sinceramente addolorato e ottenere l’assoluzione. Ma il male
fatto, è in realtà del tutto irreparabile.
La vita terrena di una persona è realtà donata da Dio, e questa realtà non
esiste più…Ebbene: con congrua penitenza, guidata dalla coscienza personale e
dalla saggezza pastorale e dottrinale del confessore si ha assoluzione e quindi
possibilità di fare la Comunione eucaristica…E se si tratta di un matrimonio,
“assassinato” per varie ragioni e non più revocabile in vita concreta? Niente!
Se il sabato è per l’uomo, lo sono anche i sacramenti, oppure no? A parte il
fatto, e qui la teologia morale tradizionale cattolica, coltivata anche e
soprattutto da certe scuole molto “romane” e “curiali”, che ho conosciuto
benissimo in anni passati, può ricordare il dovere di “fuggire le occasioni
prossime del peccato”? Due persone riceverebbero il permesso e il perdono, ma
trovandosi continuamente, stessa casa, stesso affetto, stessa cura di eventuali
figli portati con sé dal primo matrimonio, in continua (e prossimissima!)
occasione di peccato…
Ci
pensino bene, i cultori della “verità cattolica” identificata con le loro idee
che hanno molti risvolti, anche in economia e in visione del mondo e della
dottrina sociale, e forse si renderanno conto che il fatto che questa
“soluzione” piace a De Mattei e soci non è altro che una sottile vendetta della
diffidenza circa la sessualità, e spesso del fatto che essendo celibi per legge
non si esita – parole di Vangelo ricordate di recente anche da Papa Francesco –
a mettere sulle spalle degli altri dei pesi che qualcuno non tocca neppure con
un dito!
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