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un articolo. NOIUOMINI
"Favoloso"
Leopardi: le parole, il corpo e gli stereotipi
"...dimensione della dolcezza delle
parole, del loro ritmo, della loro musicalità,..."
inserito da Gianguido
Palumbo Pagi
“Il Giovane Favoloso” del regista Martone: in una presentazione del suo
ultimo bel film su Leopardi, il regista napoletano ha proposto un inedito e
provocatorio paragone sostenendo che appunto Leopardi potrebbe essere
considerato il Pasolini dell’Ottocento italiano ed europeo. Proverò a scrivere
di questo film in questo terzo articolo per riflettere sulla figura maschile di
Leopardi come Martone e Germano ce l’hanno riproposta.
Mi sembra opportuno e coerente in questa rubrica analizzare la figura di un
personaggio italiano così famoso quanto banalizzato e stereotipato nelle nostre
coscienze: il regista e l’interprete del film sono riusciti a farci superare
proprio quello stereotipo re-interpretando Leopardi come uomo giovane e come
intellettuale e scrittore dalle doti davvero stra-ordinarie. E penso
soprattutto all’influenza che spero stia avendo su migliaia di ragazzi la
proiezione del film in centinaia di Scuole Superiori italiane che lo hanno
richiesto.
Ritorno alla questione della fisicità che ho proposto nell’articolo
precedente dedicato a Pasolini. Nel film di Martone-Germano, la malattia ed il
progressivo deterioramento del corpo di Leopardi diventano quasi un veicolo di
forza, di “disperata vitalità” reattiva da parte di un ragazzo, di un ventenne,
venticinquenne e poi viva via fino alla morte poco più che quarantenne. La
grande cultura accumulata, digerita e rielaborata, la sensibilità umana e
poetica, la voglia di vivere, di uscire dal guscio paterno della grande casa,
il bisogno di viaggiare e scoprire, come sono rappresentati nel film, ci
propongono un Leopardi giovane uomo non bello ma assolutamente vitale e a suo
modo molto forte in un particolarissimo abbinamento della forza con la
dolcezza. E qui sta il punto che mi sembra ancora oggi di grande stimolo per
noi, per noi uomini del 2014, di qualsiasi età.
Leopardi (almeno come raccontato e
reinterpretato nel film) era un uomo in cui una mente
eccelsa in un corpo malato esprimevano al contempo valori che difficilmente
riusciamo a vivere in noi : intelligenza, sensibilità, forza, dolcezza.
Non sono certo uno studioso di Leopardi da poter permettermi una vera e
propria analisi di un personaggio così complesso in poche righe ma rileggendo
(a casa, subito dopo la visione del film) alcune sue pagine, prose e poesie, ho
creduto di scoprire proprio questa dimensione della dolcezza delle parole, del
loro ritmo, della loro musicalità, che arricchiva la bellezza e la forza dei
“contenuti”, dei pensieri, delle emozioni espresse in quelle parole. E non si
trattava solamente del più famoso verso finale dell’Infinito “e naufragàr m’è
dolce in questo mare”. Non sempre la malinconia di una
persona e di un poeta o di un artista sono “dolci” e non sempre la “dolcezza” è
un valore umano: credo dipenda dall’abbinamento con altre dimensioni della
personalità, soprattutto se maschile.
Provo a immedesimarmi in uno di quei ragazzi diciottenni che in tutta
Italia stanno vedendo il film rimanendone stupiti : Leopardi che si sdraia sul
prato e quasi contorcendosi ammira il cielo e gli alberi eppur sorride e sogna
? Leopardi che cerca di scappare di casa eccitato dal desiderio di libertà ?
Leopardi che urla in faccia al padre ed allo zio che quella casa è una gabbia
insopportabile ? Leopardi che trema d’amore e solo dopo scrive versi dolcissimi
? Leopardi che reagisce con forza e con orgoglio davanti a colleghi scrittori e
intellettuali chiedendo rispetto per le sue idee e non per la sua malformazione
? Leopardi giovane uomo, maschio, pieno di desideri e non solo di pensieri ? Lo
stupore probabilmente si trasforma in immedesimazione, in riflesso di una identità multipla, contraddittoria, molto più ricca e
varia dello stereotipo innocuo, inutile, insignificante, di un ormai lontano
Grande Poeta dell’Ottocento Italiano. Ed infine era sempre lo stesso
Leopardi anche quello che, da grande intellettuale moderno e non solo poeta,
proponeva una Lode al Dubbio (130 anni prima di Bertold Breckt ) in un passo
del suo Zibaldone firmato 1821 : “La nostra ragione, non può assolutamente
trovare il vero se non dubitando; ch’ella si allontana dal vero ogni volta che
giudica con certezza; e che non solo il dubbio giova a scoprire il vero ma il
vero consiste essenzialmente nel dubbio, e chi dubita, sa, e sa il più che si
possa sapere”.
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