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carcere: A Mano Libera
#noicontrolaviolenza: se ne parla in carcere con le scuole
Il progetto contro la violenza di genere di Se non ora quando – Libere, la piéce di Comencini, le scuole e il carcere. Intervento di Maria Elena Boschi
inserito
da Tiziana Bartolini
“Di
cosa è fatto l'amore..” sussurra il giovane attore. E continua domandandosi,
smarrito, uomo, che significa.... Siamo
nel teatro dalla Casa circondariale maschile di Rebibbia (Roma, 6 giugno) e va
in scena L'amavo più della sua vita, pièce
teatrale di Cristina Comencini, regia di Paola Rota con Irene Petris e Marcello
Spinetta impegnati in una intensa interpretazione di coetanei sconvolti
per l’uccisione di Silvia. A compiere il femminicidio è stato Saverio, amico
d’infanzia di Luca, che non aveva capito e continua a non capire. Il suo appello
disperato cade nel vuoto e chiude l’ultima scena. Ho bisogno di parlare.., confessa. E Maria non risponde,
lasciandolo al suo percorso interiore.
Gli applausi testimoniano che il messaggio è arrivato alla platea e il dibattito che segue ne è conferma con l’intreccio di riflessioni, testimonianze e considerazioni di detenuti e detenute, studenti e studentesse, minori non accompagnati del Centro d’accoglienza, rappresentanze istituzionali ed esperte.
Gli applausi testimoniano che il messaggio è arrivato alla platea e il dibattito che segue ne è conferma con l’intreccio di riflessioni, testimonianze e considerazioni di detenuti e detenute, studenti e studentesse, minori non accompagnati del Centro d’accoglienza, rappresentanze istituzionali ed esperte.
Il
merito di aver assemblato un insieme inedito ed efficace è del progetto #noicontrolaviolenza
del liceo Artistico E. Rossi di Roma realizzato in partenariato con Se non
ora quando – Libere con il sostegno del Dipartimento per le Pari Opportunità della
Presidenza del Consiglio dei Ministri, progetto cui aderiscono molti licei
artistici di altre città. Obiettivo del progetto è parlare dei “diversi volti
della violenza e in particolare di quella esercitata contro le donne, su chi ne
é stata causa, chi ha subito, chi ha visto” osserva Donatina Persichetti, che modera la mattinata e che ha seguito un percorso progettuale
in continuità con #maipiucomplici, sempre di SNOQ Libere.
Il suo compagno la picchiava e lei non
aveva il coraggio di ribellarsi, allora l’ho cacciato io, dice Valeria e
aggiunge non capisco perché, come donne,
senza un uomo o una famiglia ci sentiamo incomplete. In qualche modo Ilaria risponde,
osservando che l’altro non deve essere un
bisogno, ma un arricchimento così se viene a mancare non si perde l’equilibrio.
Uno studente dice che talvolta l’amore è
condizionato dalla paura della solitudine, altra distorsione delle
relazioni e in qualche modo conferma Pietro, in
carcere per aver compiuto violenze sessuali. Mi sentivo nel diritto di comandare, e quando ho capito ho avuto uno
shock, dice commosso dal palco e aggiunge un appello date a tutti la possibilità di capire dove hanno sbagliato. Gli fa
eco Antonio, che
legge una lettera scritta alla vittima delle sue violenze e che, dopo un
percorso di conoscenza psicologica fatto con l’Unità Trattamento Intensificato,
dice non basta il tempo della prigione
per superare il male fatto.
La voce
delle vittime è arrivata attraverso alcune testimonianze di detenute che solo
dopo un lungo percorso di riflessione hanno trovato il coraggio di pronunciare
il nome dell’aguzzino o di parlare pubblicamente. L’osservazione di Matteo, uno studente, sollecita altri interventi:
sono maschio, non sono ancora un uomo
dico che la violenza dipende da cosa ci insegnano da bambini e la dirigente
scolastica Mariagrazia Dardanelli osserva
che le donne e mamme hanno la
responsabilità di non abbandonare la cultura degli stereotipi e di non crescere
i figli nella parità e nel rispetto dell’altro/a.
A
spiegare le tante forme di violenza è l’esperta di statistica sociale Linda Laura Sabbatini, che invita a non
sottovalutare le prime avvisaglie perché inizia
con dei condizionamenti e poi c'è un’escalation. Le donne che subiscono
violenza dicono di avere paura di essere uccise ma non percepiscono le violenze
come un reato. Non dimenticare, poi, che la violenza si trasmette ai bambini/e
che assistono.
Ad
indicare altri tipi di violenza è la direttrice di Rebibbia femminile, Ida Del Grosso, che spiega considero violenza anche ingoiare ovuli di
droga nel proprio corpo o le ragazze che rubano non per scelta ma perché
obbligate.
Un
invito ai giovani a non sottovalutare il fenomeno è arrivato da Maria Elena Boschi, Sottosegretaria di Stato alla
Presidenza del Consiglio, che ha seguito tutta la manifestazione. Dovete volervi bene e non pensate che la
gelosia sia una bella cosa – ha detto – pensate
che è bello crescere insieme sapendo che abbiamo stessi diritti e doveri, non
c'è chi sta sopra e chi sotto, siamo pari. Il cammino è lungo ed è da
percorrere sapendo che la battaglia è culturale.
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