Storie che fa
Il tempo delle storie che fanno la storia
di Laura Minguzzi
Donne sconosciute e donne famose parlano di sé, senza vergogna, in forza di
una leva, che non è quella di Archimede ma che trova il suo punto di appoggio
nel passato.
Ricordo che mia zia aveva un talento speciale, possedeva l’arte
dell’ascolto attento, empatico. Riusciva a far raccontare a chiunque ciò che
non voleva raccontare. Era dell’Udi e abituata alle relazioni privilegiate con
altre donne, in primis con le vicine di casa, con cui aveva scambi
intensi e assidui. Discutevano di tutto e davano giudizi sul comportamento
degli uomini, sui partiti, sugli accadimenti politici. Era operaia
specializzata allo zuccherificio Eridania di Mezzano, molto stimata. Io fin da
piccola ascoltavo i suoi discorsi e le chiedevo spesso consiglio.
Nell’adolescenza lei mi sostenne apertamente nelle mie scelte e a volte mi
sollecitava a partecipare a eventi pubblici. Nel 1962 per esempio mi incitò a
partecipare alla marcia per la pace, durante la crisi dei missili a Cuba. Fu
per me un precedente di forza e di amore femminile. Mi raccontava della sua
vita e mi portava esempi di libertà e di radicale anticonformismo. Criticava
senza paura, liberamente, mio padre, mio fratello e sosteneva anche le giovani
vicine di casa che volevano liberarsi da relazioni infelici con mariti o
fidanzati, incoraggiandole come extrema ratio anche a separarsi e,
quanto c’è stata la legge, a divorziare per il loro bene, incurante delle
reazioni della gente. Ricordo un episodio rivoluzionario per l’epoca: una
giovane donna di Camerlona di Ravenna le confidò che aveva una relazione con il
prete del paese e lei la approvò pubblicamente, in nome della libertà
femminile.
Il tempo delle storie che le donne raccontano è un tempo che non risponde a
una periodizzazione strumentale- ideologica, basata su eventi memorabili, di
solito guerreschi, ma un tempo che zigzaga dal presente al passato e viceversa,
incurante delle convenzioni, che non rispetta il tempo lineare convenzionale.
Segue i moti del cuore e dell’anima. È una misura temporale che donne
coraggiose e consapevoli hanno deciso di cambiare, facendo svoltare l’orologio
della storia. Una svolta che avvantaggia tutte e tutti.
Un cambiamento tanto radicale mia zia non lo poteva immaginare e anzi si
stupiva di ricevere apprezzamenti da persone colte e conosciute a vari livelli.
La pratica di parola e di ascolto ha prodotto un cambio di civiltà come ho
potuto verificare in occasione di una iniziativa pubblica a Ravenna il 19 gennaio
2018, dove sono stata invitata come esponente della Libreria delle donne di
Milano. Ho visto un pubblico attento che ha dato molto valore al mio racconto
della zia e interessato a comprenderne il senso politico oggi nell’orientare la
nostra lettura di ciò che accade alle donne così come la mutata collocazione
che nella narrazione storica occupano questi fatti rispetto al sentire del
passato.
Trovandomi a Ravenna, mia città natale, ho potuto seguire il processo per
femminicidio al dermatologo Cagnoni. Accusato di avere ucciso a bastonate la
moglie che lo tradiva, nega tutto. È emerso che prima dell’omicidio aveva
organizzato in gran segreto la vendita di tutte le sue proprietà immobiliari
con l’intento di impedire alla moglie di godere delle sue ricchezze. Una
volontà punitiva che voleva colpire per mezzo del denaro una donna che non lo
amava più. Ma forse non lo aveva mai amato, mi dicono le amiche di Ravenna,
Marina e Paola dell’Associazione Donne verso il mare aperto, con cui ho parlato
e che conoscono a fondo la storia. Paola dice che fu una sorta di matrimonio
combinato fra la famiglia Cagnoni, ricca e molto nota a Ravenna, e la famiglia
di lei, che si trovava in difficoltà finanziarie. E allora mi si presenta
davanti agli occhi l’immagine di una moderna Ifigenia, sacrificata per aiutare
la famiglia di origine, che avrebbe accettato di sposarsi non per amore, ma per
acconsentire a una richiesta della madre. Questo è quello che sta trapelando
dal processo. Che forse lei ha ceduto, spinta dalla necessità, e ha cercato di
farselo piacere questo rampollo viziato e abituato al lusso e alla celebrità,
ma poi le è capitato di innamorarsi davvero e le è costato la vita. Non so come
andrà a finire perché lui è un potente, sostenuto dal padre, da tutto il suo clan,
ma il giudizio su di lei non è certo quello che una volta si dava per scontato,
che se la fosse cercata. Oggi la sua relazione extraconiugale e la sua volontà
di divorziare, che hanno provocato la violenza di lui, sono interpretate come
un atto di libertà. Ha voluto seguire il desiderio di un amore libero da
costrizioni economico-mercantili e le sue ragioni sono comprese. Piuttosto è su
di lui che cade pesante il giudizio della gente comune.
Una città che pensa mi ha dato molta gioia, essendo anche il luogo che ho
lasciato quarant’anni fa, ritenendolo invivibile e inospitale per la
realizzazione dei miei desideri e per la mia libertà. Non a caso fu proprio mia
zia che seppe decifrare la mia insoddisfazione e vide la via che mi portava
altrove e mi incoraggiò a perseguirla. Aveva letto giusto nell’orologio del
tempo futuro, una vera lettrice del cuore umano.
(Via Dogana 3, 6 febbraio 2018)
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