IDOLI DI IERI E DI OGGI
Il Corriere della Sera del 27 agosto 2003 pubblicava
questo articolo di CARLO MARIA MARTINI. Articolo che possiamo riferire pienamente
all’oggi
Torno da Gerusalemme avendo ancora negli orecchi il suono
sinistro delle sirene della polizia e delle ambulanze dopo il terribile
attentato di martedì 19 agosto. Ma ciò che sempre più ascolto dentro di me non
è soltanto il dolore, lo sdegno, la riprovazione, che si estende a tutti gli
atti di violenza, da qualunque parte provengano. È una parola più profonda e
radicale, che abita nel cuore di ogni uomo e donna di questo mondo: non fabbricarti
idoli!
Questa parola risuona nella Bibbia a partire dalle prime
parole del Decalogo e la percorre tutta quanta, dalla Genesi all'Apocalisse.
È dunque un comandamento che tocca profondamente il cuore di
ebrei e cristiani e segna un principio irrinunciabile di vita e di azione. Ed è
un comandamento anche molto caro all'Islam, che ne fa uno dei pilastri della
sua concezione religiosa: c'è un Dio solo, potente e misericordioso, e nulla è
comparabile a lui.
Ma è anche un precetto segreto che risuona nel cuore di ogni
persona umana: chi adora o serve in ogni modo un idolo ha una coscienza almeno
vaga di voler usare la divinità o
comunque un principio assoluto per i propri scopi, sente che sta
strumentalizzando e sottoponendo ai propri interessi un sistema di valori a cui
occorre invece rendere onore. Per questo chiunque adora un idolo intuisce che
in qualche modo si degrada, sta facendo il proprio male e sta preparandosi a
fare del male agli altri.
Ma non ci sono soltanto gli idoli visibili. Più radicati e
potenti, duri a morire, sono gli idoli invisibili, quelli che rimangono anche
quando sembra escluso ogni riferimento religioso. Tra essi vi sono gli idoli
della violenza, della vendetta, del potere ( politico, militare, economico...)
sentito come risorsa definitiva e ultima. E' l'idolo del volere stravincere in
tutto, del non voler cedere in nulla, del non accettare nessuna di quelle
soluzioni in cui ciascuno sia disposto a perdere qualche cosa in vista di un
bene complessivo.
Questi idoli, anche se si presentano con le vesti
rispettabili della giustizia e del diritto, sono in realtà assetati di sangue
umano.
Essi hanno una duplice caratteristica: schiavizzano e
accecano. Infatti, come dice tante volte la Bibbia, chi adora gli idoli diviene
schiavo degli idoli, anche di quelli invisibili: non può più sottrarsi ad
esempio alla spirale perversa della vendetta e della ritorsione. E chi è
schiavo dell'idolo diventa cieco riguardo al
volto umano dell'altro. Ricordo la frase con cui alcuni
giovani ex - terroristi degli anni '80 cercavano di descrivere come avessero
potuto sparare e uccidere: non vedevamo più il volto degli altri.
Le violenze che si scatenano oggi in tante parti del mondo
sono il segno che c'è un'adorazione di questi idoli e che essi ripagano con la
loro moneta distruttrice chiunque renda loro omaggio. Chi ha fiducia solo nella
violenza e nel potere prima o poi tende a eliminare e distruggere l'altro e
alla fine distrugge se stesso. Già Paolo
ammoniva: se vi mordete e divorate a
vicenda, guardate almeno di non distruggervi del tutto gli uni gli altri!.
E ancora: Non vi fate illusioni: non ci
si può prendere gioco di Dio. Ciascuno
raccoglierà quello che avrà seminato (Lettera ai Galati 5,15 e 6,7).
Siamo nel vortice di una crisi di umanità che intacca il
vincolo di solidarietà fra tutto quanto ha un volto umano. Nell'adorazione
dell'idolo della potenza e del successo totale ad ogni costo è l'idea stessa di
uomo, di umanità che viene offesa, è l'immagine stessa di Dio che viene
sfigurata nell'immagine sfigurata
dell'uomo.
Ma proprio da questa situazione, dalla presa di coscienza di
trovarsi in un tragico vicolo cieco di violenza - a cui ha fatto più volte
allusione Giovanni Paolo II - può scaturire
un grido di allarme salutare e urgente, più forte dell'idolatria del potere e
della violenza. È un grido che si traduce concretamente nel proclamare che non vi sono alternative al dialogo e alla
pace.
… Di alternativo alla pace oggi
vi è solo il terrore, comunque espresso. Quando la sola alternativa è il
male assoluto, il dialogo non è solo una delle possibili vie di uscita, ma una
necessità ineludibile. Per questo i leader di tutte le parti tra loro
contrastanti debbono rischiare senza esitazioni il dialogo della pace.
Tutto ciò fa emergere ancora più chiaramente le
responsabilità della comunità internazionale, quelle dell'Onu e quelle
dell'Europa, quelle degli Stati Uniti, della Russia e dei paesi arabi. È
necessario che tutti aiutino il processo di pace che si era appena iniziato,
con una pressione forte e convinta a favore della Road Map e anche con la prontezza a fornire un sostegno politico e
finanziario alle comunità che hanno il coraggio di
rischiare la pace. Alla costruzione di muri di cemento e di pietra per
dividere le parti
contrastanti è preferibile un ponte di uomini che, pur
garantendo la sicurezza di entrambe le parti, consenta alle due comunità di
comunicare e di intendersi sempre più sulle cose essenziali e su quelle quotidiane.
Certamente l'odio che si è accumulato è grande e grava sui
cuori. Vi sono persone e gruppi che se ne nutrono come di un veleno che mentre
tiene in vita insieme uccide. Per superare l'idolo dell'odio e della
violenza è molto importante imparare a guardare al dolore
dell'altro. La memoria delle sofferenze accumulate in tanti anni alimenta
l'odio quando essa è memoria soltanto di se stessi, quando è riferita esclusivamente
a sé, al proprio gruppo, alla propria giusta causa. Se ciascun popolo guarderà solo
al proprio dolore, allora prevarrà sempre la ragione del risentimento, della
rappresaglia, della vendetta. Ma se la memoria del dolore sarà anche memoria
della sofferenza dell'altro, dell'estraneo e persino del nemico, allora essa
può rappresentare l'inizio di un processo di comprensione. Dare voce al dolore
altrui è premessa di ogni futura politica di pace.
Non fabbricarti idoli: idolo è anche porre se stesso e i
propri interessi al disopra di tutto, dimenticando l'altro, le sue sofferenze,
i suoi problemi. Il superamento della schiavitù dell'idolo consiste nel mettere
l'altro al centro, così da creare quella base di comprensione che permette di
continuare il dialogo e le trattative.
Umilmente pongo a me e a chi legge
questa domanda:
gli idoli che mettono in contrasto le nazioni
non si radicano
anzitutto nel cuore di ciascuna/o di noi?
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