Chi
ha il terreno ben disposto ad accogliere il buon seme di cui parla il vangelo di questa domenica) può leggere proficuamente
questa recensione.
Recensione di Grazia Paletta al libro dell’ergastolano Carmelo
Musumeci: L’urlo di un uomo ombra – Edizioni Smasher
[Se non si urla vuol dire che si acconsente”-
Gesualdo Bufalino]
Loro stanno urlando.
voce non basta, le parole inefficienti, gli scritti
dimenticati, le morti numerate.
Gli uomini ombra adesso hanno deciso di esasperare il
suono che scaturisce dalle loro gole per manifestare il loro dissenso.
Carmelo è un uomo rinchiuso in carcere da 23 anni, di
cui 5 anni di 41bis nell’Isola del
Diavolo (Asinara) e ancora adesso, dopo essersi laureato e aver dimostrato in
tutti i modi possibili di essere cambiato e di aver intrapreso un impeccabile
percorso di rieducazione, mettendo il suo tempo e la sua energia a disposizione
degli altri, come testimoniano le innumerevoli interviste e dialoghi con
giovani e studenti o la pazienza che impiega nel seguire i casi di altri ristretti
o lo scrivere le istanze per i compagni che chiedono il suo sostegno, dopo
tutto questo Carmelo si trova ancora con un fine pena mai a sancire la NON fine del
suo percorso punitivo e l’inutilità del suo evolversi come essere umano.
L’ergastolo ostativo è anticostituzionale
dal momento che nega i principi della costituzione stessa, in particolare
dell’art.27: La pena deve tendere alla
rieducazione del condannato favorendo il suo reinserimento nella società”.
L’ergastolo ostativo rende lo Stato, e la società da esso
rappresentata, l’esecutore di una vendetta senza fine, siamo fermi agli albori
della storia, quando la legge dell’occhio per occhio dente per dente regolava i
rapporti umani e proteggeva la comunità dai cattivi, nell’efferatezza delle esecuzioni
punitive dei detentori del potere. E la storia la conosciamo tutti, ci sono
state le “galere”, le impiccagioni, i linciaggi, le segrete, le catene e le
torture.
E oggi, in questo nostro
tempo di finta evoluzione, che vede la vendetta della collettività
abbattersi su chi ha compiuto il male, in tal modo producendo a sua volta altro
male, noi dormiamo i sonni tranquilli e illusori del cittadino giusto,
sentendoci protetti dalla giustizia e ignorando che il male va affrontato e
superato, non perpetuato con le vendette di Stato o negato con la segregazione
eterna di chi un tempo l’ha compiuto.
Una buona
parte degli ergastolani ostativi sono effettivamente colpevoli, come essi
stessi ammettono, e qui sarebbe opportuno addentrarsi nella conoscenza delle
cause che li hanno resi criminali. Lo stesso Musumeci afferma: “Io sono nato
colpevole” ed è improponibile negare che effettivamente il 100% di essi siano
meridionali e molte volte cresciuti in un particolare ambiente sociale. Ma ci sono state purtroppo delle vittime, ed
è necessaria una restituzione morale ai famigliari delle stesse, una pena che
eguagli la colpa. Gli amministratori di giustizia hanno inventato una pena
infinita, quasi a voler uguagliare il dolore senza fine di chi ha perso per
mano della violenza i propri cari. Ed ecco l’ergastolo ostativo, la pena di
morte viva, che non ha neanche la valenza per rendersi palese con il proprio
nome, a far sentire protetto e cullato dalla giustizia il nostro bel paese.
Ed ecco Carmelo Musumeci, un uomo ombra, uno degli oltre
1500 morti-vivi segregati nelle nostre patrie galere, a urlare la propria
voglia di vivere in questo libro che eppure è intriso di morte.
Perché a differenza della altre opere dello scrittore,
dove si respira la speranza, la sensibilità dell’animo di chi racconta, la
fiducia riposta negli occhi e nel cuore di chi legge, nel “L’urlo
di un uomo ombra”
non c’è spazio per il buonismo, per il patteggiamento, sembra quasi che il
tempo non lasci più tempo.
Tutti sappiamo che nelle nostre carceri le morti
autoindotte si moltiplicano di anno in anno, e per i compagni di cella o di
sezione non è facile ritrovare la propria serenità intramuraria dopo aver
chiuso gli occhi al compagno, all’amico che non ce l’ha fatta e si è affidato
alla forza di un lenzuolo divenuto corda, immortalato a cappio.
E Carmelo sente l’esigenza di esprimere il dolore di
queste vite negate affinché la gente sappia, ascolti, veda, tra le ombre dei
passi di chi non è né morto né vivo.
Questa nuova
opera dello scrittore Musumeci sembra non accontentarsi della magia del
racconto, le metafore non bastano, così come non è sufficiente il racconto
puramente giornalistico, il resoconto dei fatti o il puro assemblarsi delle
emozioni nello scorrere di un tempo che si svuota di significato nel suo
cristallizzarsi in un presente senza fine, essendo legalmente a loro negato il
futuro.
Gli ergastolani sono inchiodati al loro passato, per
sempre cattivi e colpevoli.
In questo suo
nuovo libro che si legge tutto d’un fiato e che poi sembra richiamare il
lettore ad un approfondimento, ad una ulteriore lettura, perché allo scorrere
dell’ultima pagina si ha la sensazione di essersi persi qualcosa e la si va a
ricercare tornando a sfogliare le pagine
precedenti, Carmelo ha saputo donare un
nuovo significato al silenzio dominante sulle notti fra le sbarre, di cui
l’unico suono a infrangere il ghiaccio delle luci spente è il rumore del
metallo delle porte blindate.
La speranza di essere ascoltato dà il senso di questo
assolo atemporale e con essa la certezza che l’urlo di un uomo compiuto in un
tempo infinito possa richiamare una nuova consapevolezza civile, capace di
sradicare il dolore dell’ingiustizia.
E Carmelo urla e urla ancora, e conduce per mano chi
accoglie la pregnanza del suo sguardo e la bellezza della sua voce espressa in
pagine che toccano la maestosità della pura poesia, sa accompagnare il lettore
lungo i corridoi del carcere, là dove realtà e fantasia talvolta si confondono,
nello svolgersi di quotidianità senza raggi di sole a far brillare gli sguardi.
Pagine di racconti, ora totalmente frutto della sua
fervida fantasia attraverso la quale si porge la crudezza della realtà su di un
piatto d’argento, si alternano a pagine di diario, dove l’autore registra il
suo pensiero momento per momento, le sue considerazioni di uomo ombra, vittima
della sua stessa colpa in un passato divenuto eterno, e tuttavia cementato nel
suo presente, impedito ad avere un futuro.
Carmelo sa intingere la trama narrativa delle storie nel
profondo intento comunicativo e risulta chiaro il suo messaggio subliminale,
intriso di una saggezza strappata alla vita con i denti: anche l’uomo peggiore
può avere un cuore.
Ed ecco La belva
della cella 154, ispirato ad una storia vera, che vede questo cattivo per
sempre, crudo e irraggiungibile dai sentimenti umani, inchiodato alla
solitudine, che si affeziona ad un gatto, suo unico compagno di vita.
Oppure l’efferato killer
Roberto Pappalardo e il suo inestinguibile desiderio di amare e di essere
riamato, ad intessere una vera e propria relazione con una donna inesistente,
quasi a dimostrare che anche nell’essere peggiore è possibile ritrovare
l’istinto al sentimento primario, l’amore, unico richiamo ancestrale al quale
neanche il criminale più spietato può sottrarsi.
Anche perché nasciamo da un atto d’amore, non certo di
cattiveria e tutte le creature ne sono figlie e possono ritrovarlo nel loro
DNA, se lo vogliono.
O se qualcuno crede in loro.
Tuttavia in questo libro, al di là dei personaggi
scaturiti dalla fantasia del nostro autore e in diversa misura attinenti alla
realtà, c’è un unico vero protagonista che si affaccia instancabile ad ogni
pagina di diario o ad ogni svolgersi di racconto.
La morte.
Quasi ad invocarla l’uomo ombra non ha più paura di
nulla, perché non ha più niente da perdere, tutto ormai gli è stato negato.
Tutto, tranne la sua capacità di essere libero.
E Carmelo Musumeci lo sa bene perché lui è un uomo
profondamente libero, a dispetto dei muri che si ergono armati attorno a lui, e
non ha timore di parlare con essa.
“La libertà
incomincia dove finisce la paura”, poche parole per una profonda saggezza
intrisa di verità e dall’immensità di questa sua bellissima frase è nato il mio
amore per lui e per tutti coloro che come lui sanno vincere la morte, pur essendo seppelliti vivi.
Carmelo non ha più paura, niente lo può fermare od
ostacolare, perché la battaglia contro i suoi demoni l’ha combattuta e vinta
tante volte, e ancora talvolta è lì a combatterla, ma ora con le armi
fiammeggianti dello schiavo liberato, che le impugna con la forza di chi tutto
osa per sublimare la vita, in onore dei propri sogni e della propria immensa
capacità di amare.
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