Adista Documenti n. 26 del
13/07/2013 [Segue mia riflessione]
di Héctor Alfonso Torres Rojas (passim)
Ho letto da qualche parte che
il papa sta facendo dono alle autorità latinoamericane che si recano a
visitarlo del testo della V Conferenza dell’episcopato latinoamericano,
svoltasi ad Aparecida nel 2007, della cui redazione l’allora card.
Bergoglio è stato uno dei protagonisti. E ad Aparecida si è respirata Teologia
della Liberazione…
Qualche mese fa un teologo ipotizzava
che una delle ragioni dell’abdicazione di Benedetto XVI potesse essere la
constatazione del fallimento ecclesiale della teologia, la “sua teologia”, che
aveva cercato di imporre a partire dal pontificato di Giovanni Paolo II. Come
prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, Ratzinger ha
condannato circa 200 teologi e teologhe di tutti i continenti e di diverse
culture. Che ne era allora dell’inculturazione della fede?Questa sistematica
condanna di altre teologie non solo ha portato discredito al Vaticano ma ha
condotto anche all’enorme crisi che attraversa la Chiesa-Popolo di Dio. Se le
domande che formulo sono valide, benvenuto sia il nuovo atteggiamento vaticano,
così atteso e necessario. Di più: estremamente urgente…
Come cambiare la teologia che
domina oggi varie generazioni di vescovi, sacerdoti, religiosi, religiose,
laici e laiche? Una teologia che è molto lontana dallo spirito e dalla logica
della teologia del Concilio Vaticano II, delle teologie progressiste condannate
e non insegnate e ancor più della Teologia della Liberazione e dei suoi
sviluppi.
La maggior parte dei vescovi,
dei sacerdoti, delle religiose e dei religiosi, dei laici e della laiche è
stata formata nell’ambito di una teologia e di una pastorale che dà molta più importanza
alle pratiche religiose che al Vangelo come Forza di Liberazione. Vescovi e
sacerdoti che «non odorano di pecora» ma di incensi e rituali perché, come ha
affermato varie volte papa Francesco, si sono convertiti in una “Chiesa
autoreferenziale”, chiusa in se stessa e nella sacrestia, che non si avventura
nelle “periferie”.
La speranza è che le parole e i
gesti di papa Francesco siano resi credibili da una prassi abbondante.
MIA RIFLESSIONE
Simone Weil titola così un suo libro: OBBEDIRE AL TEMPO.
E’ quello che non sappiamo e/o non vogliamo
fare. E non possiamo raccapezzarci tra le difficoltà del tempo attuale (ma non
solo): vogliamo tutto e subito, ponendo sotto accusa fatti e persone del
momento storico.
Così facciamo di papa Francesco –ahimè- l’idolo
in cui riporre tutte le speranze.
Non scendo nei particolari dei fatti del
giorno, ma chi ha la pazienza testarda di voler capire qualcosa, può estendere
le pretese che si hanno nei riguardi dell’attuale papa, a quelle nei riguardi
di persone del mondo politico in Italia e nel mondo. Un tempo si è definito ideologico
un atteggiamento simile, ma oggi non vogliamo ammetterlo (ed è peggio ancora).
Ricordo quando da giovane universitaria mi
cimentavo con testi duri da comprendere: per raccapezzarmi selezionavo singole
frasi accessibili e, pur convinta che mi sfuggiva un quadro complessivo,
riuscivo a superare esami dai quali chi era fortunato ricavava un ‘diciotto’,
ottenendo il massimo dei voti (ero convinta di non meritarli perché in verità
aveva capito ben poco).
Che voglio dire?
Esemplifico: tra le telefonate che mi
raggiungono prevalgono quelle della fascia culturale entro la quale anch’io ero
irretita, e cioè quella di sinistra, in campo sia ecclesiale sia politico. Ma che
è successo? sarei passata alla destra? mi battezzereste così se dico che il
mago Berlusconi non mi fa paura più di quanta non me ne avesse fatta il mago Andreotti
o di quanta possano farmene altri maghi sparsi nella sinistra di oggi?
Io con le persone con cui parlo uso l’unico atteggiamento
possibile. Estraggo qualcosa dai loro discorsi per riflettere su ciò su cui si
può ‘lavorare’, nella convinzione che bisogna obbedire al tempo, nel senso che tutto, nel dire e nel fare, è parziale
fino a che siamo nella temporalità.
Allora:
chi legge (da e-legere) i lavoretti che
pubblico nel mio blog Conversazioni,
può intuire che non pretendo esprimere verità di sorta, convinta come sono che l’unica
accessibile non si deduce dai fatti, ma dall’osservarli (da ob-servare).
Sapete cosa più mi convince della saggezza di
papa Francesco? Il non aver paura, il coraggio, la speranza, anziché la fede
nell’assoluto.
Ma, per favore, non applichiamo queste sue
virtù a caratteristiche di sinistra o di destra!
5 commenti:
Cara Ausilia,
ho letto il tuo articolo e devo dire che mi trovo perfettamente d'accordo su quanto commenti. La mia perplessità è piuttosto sulle prime gesta di papa Francesco e relative interpretazioni a tutti i livelli. Siccome sono convinto che nella chiesa di Woityla non si diventava vescovi e cardinali se non si fosse di stretta osservanza romana, ho qualche dubbio sulle gesta di Bergoglio perché i casi sono due: o è cambiato dopo il conclave o è stato ipocrita prima del conclave.
Ultima osservazione: la teologia è una forma di studio su Dio che purtroppo la chiesa del potere s'è arrogata il diritto di rendere dogmatica e di stabilire quale sia il corretto pensiero. Non penso che la teologia di Ratzinger sia preconciliare, né che quella della liberazione sia postconciliare. Penso che siano modi diversi di riflettere sul pensiero su Dio. Ratzinger ha condannato 200 teologi,altri non hanno condannato nessuno perché materialmente non ne avevano il potere, ma questo non ha impedito loro di emarginare chi la pensasse diversamente.
Carissimo Ernesto, la tua riflessione dà sviluppo alla mia.
Ma sia a me sia a te penso che interessi qualcosa di concreto in quello che papa Bergoglio farà: è in gioco, più che il destino della chiesa, il bene dell'umanità, la quale ha bisogno di punti di riferimento forti. Ed interessa che nessuno lo idolatri....
Ciao!
caro Ernesto
Ho dimenticato di ricalcare per te quando avevo già espresso: "tutto, nel dire e nel fare, è parziale fino a che siamo nella temporalità". Ma tu insisti a giudicarlo sulla linea di Adista. In questo ti esprimo il mio disaccordo.
No, Ausilia, non è mia abitudine giudicare nessuno. Può essere che non sia riuscito ad esprimermi come avrei voluto. Il mio commento al tuo pensiero atteneva il fatto che sto rilevando in giro una papolatria superiore a quella che rilevavo ai tempi di Giovanni Paolo II. La cosa non mi preoccupa più di tanto, né m'infastidisce: la piazza non mi è mai andata a genio. Come sai la piazza urla l'osanna e qualche giorno dopo grida al crucifige. Bene dici: interessa che nessuno l'idolatri. Appunto.
Come dice Ernesto, ho l'impressione che si stia sfociando in una nuova papolatria come ai tempi di GPII. Non so spiegarmi meglio, ma Bergoglio comincio a vederlo troppo in giro....
Ciao,
Joelle
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