Non sono in grado di proporre
la lettura dell’articolo che oggi, 27 settembre, ha pubblicato lo stesso
Orsina, che è di una lucidità unica. Ma
anche questo articolo di alcuni giorni fa può aiutare a valutare nella sua
complessità il tema emergente oggi.
AL PETTINE I NODI
POLITICI DI VENT’ANNI, di Giovanni Orsina
da La Stampa
del 18.9.2013
La Corte di
Cassazione, al termine di un contenzioso giudiziario durato anni e passato
attraverso innumerevoli meandri, ha confermato ieri la condanna a Fininvest a
pagare una cifra di circa mezzo miliardo di euro alla Cir di Carlo De
Benedetti, come risarcimento per la vicenda del Lodo Mondadori.
La notizia è uscita proprio mentre si attendeva che Berlusconi diffondesse un messaggio che, stando alle voci, avrebbe avuto un robusto contenuto politico e forse condizionato in profondità il futuro dello schieramento di centro destra. E oggi, infine, la questione della decadenza di Berlusconi da senatore, a motivo di un’altra condanna ottenuta anch’essa non come politico ma come imprenditore, affronterà il passaggio decisivo in giunta al Senato.
La notizia è uscita proprio mentre si attendeva che Berlusconi diffondesse un messaggio che, stando alle voci, avrebbe avuto un robusto contenuto politico e forse condizionato in profondità il futuro dello schieramento di centro destra. E oggi, infine, la questione della decadenza di Berlusconi da senatore, a motivo di un’altra condanna ottenuta anch’essa non come politico ma come imprenditore, affronterà il passaggio decisivo in giunta al Senato.
La confluenza
di questi tre avvenimenti rafforza sempre di più l’impressione, viva da almeno
un mese e mezzo, che nell’attuale sfortunatissimo torno di tempo siano venuti
al pettine tutti o quasi i nodi politici irrisolti degli ultimi vent’anni. Una
sorta di «tempesta perfetta». Fra i nodi più ingarbugliati troviamo
naturalmente il conflitto di interessi: l’anomalia macroscopica di un
imprenditore – e imprenditore televisivo! – di grossissimo calibro che si
trasforma dalla sera alla mattina in un leader politico di calibro altrettanto
rilevante, e lo resta per vent’anni. Sebbene occupi una posizione senz’altro
centrale nel groviglio italiano, tuttavia, il conflitto di interessi non
rappresenta un nodo, per così dire, primario.
Pur essendo
del tutto anomalo, insomma, non crea lo stato di anormalità (pure se,
certamente, lo aggrava), ma deriva a sua volta da un evento anomalo precedente.
Ossia da
Tangentopoli. Dall’improvviso e fragoroso collassare, privo di precedenti
storici o di alcuna corrispondenza altrove in Europa, dei partiti di governo
sotto i colpi delle inchieste giudiziarie. Partiti per altro che – lo si
rammenti – ancora nell’aprile del 1992, un mese e mezzo dopo l’arresto di Mario
Chiesa, erano riusciti a raccogliere milioni e milioni di voti. È stata Mani
Pulite l’anomalia primaria che, aprendo una voragine paurosa sul centro destra
del sistema politico italiano, ha reso possibile – potrebbe quasi dirsi, come
fosse un buco nero, «risucchiato» – l’anomalia secondaria berlusconiana. Le
risorse del Cavaliere hanno così preso a svolgere una funzione straordinaria di
supplenza in un’area politica rimasta ormai pressoché deserta. E gli elettori
di centro destra – o forse meglio: quelli che non erano disposti a votare a
sinistra – hanno accettato volenti (molti) o nolenti (non pochi) questa
supplenza anche perché non avevano alternative. Dal 1994 a oggi insomma il centro
destra italiano, che ha rappresentato milioni e milioni di elettori, ha vinto
tre elezioni e governato il paese per quasi dieci anni, è potuto esistere unicamente
grazie al conflitto di interessi. Una frase quest’ultima dalla quale, al solo
leggerla, è possibile misurare tutta l’assurdità della situazione italiana.
Ma la
conclusione (provvisoria?) della vicenda giudiziaria del Lodo Mondadori è
emblematica per almeno altre due ragioni. Innanzitutto perché, affondando le
radici in un epoca precedente a Mani Pulite, ci spinge a portare il ragionamento su
un tempo ancora più lungo. E a riconoscere come la stessa Tangentopoli
sia scaturita da cause ancora più antiche: ossia da una profonda crisi di
coerenza, visione, determinazione, capacità progettuale della politica, che
affligge la nostra repubblica da ormai molti decenni. Una crisi
che la pervasività
della politica nella società e nell’economia italiane ha reso ancora più grave,
che Tangentopoli ha a sua volta notevolmente aggravato, e soprattutto che
nessuno negli ultimi vent’anni è riuscito minimamente ad affrontare. Col
risultato che la politica oggi è terribilmente fragile, forse più che mai, nuda
e indifesa di fronte ai venti che soffiano da luoghi non politici – i tribunali,
i media, le aziende.
La
conclusione della vicenda Mondadori è emblematica, in secondo luogo, perché in
questo caso la sconfitta di Berlusconi si specchia direttamente nella vittoria di De
Benedetti. Ossia del gruppo editoriale l’Espresso. Ossia del più
importante esponente mediatico dell’antiberlusconismo politico, saldamente
collocato nel campo del centro sinistra e convinto sostenitore dell’operato
dei giudici.
Il tramonto
del Cavaliere, se lo si guarda da questa punto di vista, non rappresenta un
problema soltanto per il futuro centro destra, ma anche per il futuro centro
sinistra. Che, una volta privato dell’identità e del collante antiberlusconiani,
dovrà decidere quale nuova identità darsi, quale nuovo collante trovare. E
soprattutto dovrà decidere se e come dare risposta alla crisi della politica
della quale si diceva prima. La crisi per cui la politica si trova
subordinata alle aziende. Ma anche ai media. E ai tribunali.
1 commento:
Nell'articolo di Orsina trovo molti spunti interessanti, anche se non su tutto concordo. Ad esempio la subordinazione della politica ai massmedia è un problema generale del nostro tempo, che ha radici lontane, ma oggi conseguenze enormi per l'accesso generalizzato alle informazioni.
Le informazioni ci servono per capire e per decidere: chi le detiene ci ha in mano.
D.Marucco
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