LETTERA A NAPOLITANO DA PARTE
DEI CAPIGRUPPO
ALLA CAMERA E AL SENATO,
BRUNETTA E SCHIFANI
Da il Giornale venerdì
27 settembre 2013
Dopo che il capo dello Stato aveva redarguito il Pdl circa
le denunce provenienti dai suoi parlamentari relative al golpe in corso (in
relazione al voto sulla decadenza di Berlusconi) i capigruppo alla Camera e al
Senato, Renato Brunetta e Renato Schifani (che pur si sono definiti capigruppo
di Forza Italia) scrivono una lettera a Napolitano. Nella missiva, pubblicata
su Il Giornale, fanno presente che l’assemblea in cui il Pdl ha deciso di dare
le dimissioni in caso di voto favorevole alla decadenza non era finalizzata né ad assumere decisioni sul
governo del paese né, tantomeno, anche per l’evidente illegittimità di simili
ipotesi, ad assumere orientamenti operativi sulle decisioni della magistratura
o sulle prerogative del Capo dello Stato. Non era neppure volta a esprimere
solidarietà nei confronti di Berlusconi. Lo scopo era invece individuare l’atteggiamento
da assumere, ciascuno nella propria libertà, come si addice a parlamentari che
rappresentano la Nazione e godono delle guarentigie di cui all’art. 67 della
Costituzione, rispetto all’orientamento del Senato della Repubblica, che sembra
ormai farsi strada e che comunque rappresenta un’eventualità molto concreta, in
ordine alle determinazioni sull’applicazione al Sen. Berlusconi della c.d.
legge Severino.
I due parlamentari hanno, quindi, sottolineato come
qualunque organo giudicante – e la Giunta per le elezioni lo è – laddove
ritenga che vi sia un sospetto fondato di incostituzionalità, deve adire la
Consulta. E, secondo Brunetta a Schifani, che vi siano tali dubbi è evidente dai numerosi pronunciamenti di
giuristi anche non appartenenti all’area del centrodestra. Il rifiuto di ascoltare questi dubbi da parte di molti parlamentari,
malgrado ci si trovi in una sede di verifica dei poteri, è stato ritenuto dalla
totalità dei partecipanti alla riunione dei gruppi di Forza Italia,
un’inaccettabile negazione dello Stato costituzionale di diritto, tale da
rendere intollerabile la permanenza in un Parlamento che si dimostrasse cosi
sordo alle ragioni della legalità.
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