Ricevo
dall’amica Giulia Paola Di Nicola,
co-direttrice
con il marito Attilio Danese
della
rivista Prospettiva Persona
un
articolo di Nicoletta Dentico su
ROCCA
15 OTTOBRE 2013
Lo riporto passim e con ricuciture: chi volesse l’originale
potrà chiedermelo.
[Aggiungo di seguito altri riferimenti
sullo stesso argomento]
Alla fine di questo post una mia mota personale
ROCCA 15 OTTOBRE 2013
Nel
1981 IL CARDINALE MARTINI AL CONVEGNO LA DONNA NELLA CHIESA OGGI, esordiva così:
Dalle donne
emergono domande sofferte e sincere, cercando di interpretare il disagio
di un mondo femminile plurale di fronte alla iconografia della donna cristiana nella quale le
donne fanno fatica a rispecchiarsi e riconoscersi. E sciorinava una
sfilza di questioni decisive per il futuro della Chiesa: perché identificare l’immagine di Dio con quella
trasmessaci da una cultura maschilista? Quale annuncio kerigmatico per
lei, non rinchiuso in una visione moralistica? Quali indicazioni per
un cammino spirituale e di santità che stimolino la donna adeguatamente?
Quali indicazioni per una rinnovata prassi pastorale, per un cammino
vocazionale per il matrimonio, per la consacrazione religiosa, la famiglia, in
considerazione della nuova coscienza di sé che la donna ha acquisito? ... Perché
la pur grande presenza delle donne nella Chiesa non ha inciso nelle sue
strutture? E nella prassi pastorale perché attribuire alla donna solo quei
compiti che lo schema ideologico e culturale della società le attribuiva, e
perché non esplicitare i suoi carismi ‘opera dello Spirito Santo’?
Leggere a
distanza di trent’anni l’incalzante catalogo degli interrogativi di Martini,
con la sua sollecitazione alla Chiesa di porsi in ascolto e lasciar esprimere
le donne da protagoniste, di svolgere un’urgente attenta rilettura dei
ministeri dei carismi e dei servizi, illumina e scoraggia a un tempo.
Noi donne siamo
state considerate a lungo le garanti della dottrina, coloro che lungo il
processo di secolarizzazione hanno assicurato il radicamento della tradizione
cristiana nell’infanzia, nelle famiglie, nella società. Spesso lo abbiamo fatto
con il limite di dover incarnare qualcosa di trasmesso, un limite
che è in larga
misura da addebitare a un ordine ecclesiale che, le donne, le ha volutamente tenute
fuori. Percorriamo linguaggi nella maggioranza dei casi già codificati, e non
ci sentiamo ancora del tutto legittimate a far agire, nel presente nostro e
delle nostre chiese, quella forza che trasforma e trascina, scandalizza e
provoca, rendendo possibili nuovi orizzonti.
Oggi più che
mai le riflessioni di Martini sono a nostra disposizione, forti di un’immutata
tensione creativa, se vogliamo prendere sul serio le parole di papa Francesco di
ritorno dal Brasile, e recentemente riformulate nell’intervista a Civiltà
Cattolica, sulle donne. L’iterazione dell’argomento segnala un’attenzione che lascia
ben sperare. La dirompente parabola del pontificato di papa Francesco – gli
audaci richiami alla pace contro ogni volgare interesse guerrafondaio,
l’esigente pastorale missionaria che rifugge la «moltitudine di dottrine da
imporre con insistenza», il desiderio di una giustizia riconoscibile nella
ridistribuzione delle ricchezze (suggestiva l’immagine della «teologia dello
scarto» coniata da Raniero La Valle), la postura di prossimità fisica agli
ultimi, siano essi nelle carceri, a Lampedusa o fra i disoccupati della
Sardegna, a partire dalle stesse forme di una nuova povertà della Chiesa –
trascina con sé un’ondata di entusiasmo incredulo e contagioso. L’inusitata
simbologia dei gesti e i messaggi dal centro ultramillenario di Roma provengono
davvero «dall’altra parte del mondo», con una brezza che rinfresca l’aria e
apre indispensabili orizzonti. In un mondo sfigurato dalla disuguaglianza e dall’idolatria
del profitto, in una Chiesa appesantita da contraddizioni e decenni di clericalismo,
Dio solo sa quanto benefica sia questa folata di vento nuovo.
Un
confronto necessario con
a) LE dirette PAROLE
DI PAPA FRANCESCO
Una Chiesa senza le donne è come il
Collegio Apostolico senza Maria. Il ruolo della donna nella Chiesa non è
soltanto la maternità, la mamma di famiglia, ma è più forte: è proprio l’icona
della Vergine, della Madonna; quella che aiuta a crescere la Chiesa! Ma pensate
che la Madonna è più importante
degli Apostoli! È più importante! La
Chiesa è femminile: è Chiesa, è sposa, è madre.
b) L’ORIZZONTE DI GIOVANNI XXIII
Giovanni
XXIII nella Pacem in Terris (1963) si
riferiva alla DONNA
SEGNO DEI TEMPI,
presenza storica
nella nuova scena mondiale che faceva il suo ingresso nella vita pubblica, con un’influenza, un irradiamento, un potere finora mai
raggiunto, e una coscienza sempre più chiara ed operante della sua dignità.
Quella coscienza di sé, pur sotto costante assedio, è un dato sociologico
consolidato ormai dall’esperienza di generazioni. Non si può non tenerne conto nella
CRISI DEL MODELLO
ANDROCENTRICO.
c) donne
teologhe dalla visione laica
Marinella Perroni,
teologa biblista, fa notare:
non si può cadere nella trappola di considerare e far
considerare il sacerdozio femminile come l’unica questione rilevante per la
ricerca teologica delle donne. La
posta in palio è l’altro e la sua differenza. L’altra che, con la sua differenza, consente alla comunità dei
credenti di crescere in consapevolezza e comprendere il profilo della propria
identità. I racconti evangelici lo spiegano bene. Nei Vangeli non c’è un discorso sulla donna, ci sono
individualità femminili che, con storie diverse e spesso contrastate,
incontrano Gesù nella materialità della propria esistenza … Eccola qui la
‘teologia della donna’ come l’abbiamo vista fin qui, noi donne credenti. Non ci
esalta la prospettiva di farne una nuova. Soprattutto se a determinarla saranno,
ancora una volta, gli uomini. … Se Francesco è risultato di questa sapienza
[femminile], a lui chiediamo il coraggio di «scelte rischiose, come Chiesa: di uomini e donne.
Katie
Grimes, teologa statunitense [ci
trasportiamo in un articolo da ADISTA n° 33 del 28/9/2013]:
Io non biasimo la mancanza di
questa “teologia delle donne”, ma il fatto che tanti rappresentanti della
Chiesa la considerino necessaria … Gli autori del Magistero hanno
anche utilizzato la parola “uomini” per indicare l’intera specie umana: le
donne possono essere uomini, ma gli uomini non possono mai essere donne. Le
donne non sono mai il metro di paragone, rappresentano l'eccezione. Ciò vale
per tutti i gruppi socialmente potenti. Ad esempio, negli Stati Uniti, i
tradizionali opinionisti hanno sempre fatto riferimento alla costante
supremazia bianca nel Paese non come al “problema bianco”, ma come al “problema
nero”, o alla “questione razziale”. Allora come oggi, il fatto di essere bianco
appare normativo, scontato e subliminale. Solo i neri devono spiegarsi. Invece
di chiedere una «vera e profonda teologia delle donne», avrei preferito che il
papa invocasse una critica più incisiva del sessismo, della misoginia e
dell’androcentrismo. Invece di una teologia più
profonda delle donne, avrei voluto che riconoscesse la necessità di più
teologia fatta dalle donne. … Le autorità cattoliche non hanno mai
trovato questo problema così complicato. Tommaso d'Aquino ha dedicato una sola
quaestio (ST 92 I.) in tutta la sua Summa alla discussione esplicita sulle
donne. Ha parlato più spesso degli angeli che della “donna”. Nel suo libro del 2010, In cielo e in
terra, l’allora cardinal Bergoglio ha descritto perfettamente questa linea di pensiero:
La tradizione fondata teologicamente
vuole che ciò che è sacerdotale passi per l'uomo. La donna ha un'altra funzione
nel cristianesimo, riflessa nella figura di Marta. È colei che accoglie, colei
che contiene, la madre della comunità. La donna ha il dono della maternità,
della tenerezza: se tutte queste ricchezze non si integrano, una comunità
religiosa si trasforma in una società non solo maschilista, ma anche austera,
dura ed erroneamente sacralizzata. Il fatto che la donna non possa esercitare
il sacerdozio non significa che valga meno dell'uomo. Nella nostra concezione,
in realtà, la Vergine Maria è superiore agli apostoli. Secondo un monaco del II
secolo, tra i cristiani esistono tre dimensioni femminili: Maria, come madre
del Signore, la Chiesa e l'Anima. La presenza femminile nella Chiesa non è stata
sottolineata molto perché la tentazione del maschilismo non ha permesso di dare
visibilità al ruolo che spetta alle donne nella comunità.
d) donne di mentalità laica
vedi www.noidonne.org/
(29 Settembre 2013) Nel FESTIVALFILOSOFIA
hanno preso la parola:
a) Chiara Saraceno,
sociologa:
…
non sempre
la famiglia standard coincide con la famiglia delle relazioni e che ormai AMARE
oggi pone nuove domande, nuove richieste e richieste di nuovi spazi…. gli studi
antropologici ci hanno rivelato che la storia umana presenta un grande
repertorio di costruzione della famiglia. Innanzitutto la famiglia non esiste
in natura, esiste nella società rappresentata nelle varie culture e nei vari
gruppi. La famiglia costituisce anche un parametro per la “misurazione” del
mutamento della società che è passata dalla necessità fisiologica della
riproduzione all’idea dell‘individuo fondante la famiglia. I modi di fare
famiglia in Occidente pongono con forza l’esigenza di definire e di ri-definire
la famiglia e i modi di riconoscerla specie in Italia dove vige
l’ETERONORMATIVA … Un altro fenomeno legato all’assunzione del valore dell’amore fondante
famiglia è la messa in discussione
dell’eterosessualità - che determina l’eteronormalità alla base della famiglia
- perché sostituendosi a quello della riproduzione ne modifica sostanzialmente
le regole … Non la Natura, quindi, ma la regola…. la famiglia non si esaurisce
nella coppia.
b) Silvia Vegetti Finzi
sul tema La famiglia e l'Occidente
…
Se l’amore eterno non
esiste più perché è meglio giocare per non perdere, perché rifiutare l’atto
formale? E’ solo l’ottica consumistica che per sentirci vivi ci ha fatto
sostituire l’erotismo all’amore, il piacere alla sessualità? Eros è solo
secrezione ormonale? Chi sa parlare d’amore? Se il partner è come un pezzo
meccanico e si sostituisce quando la meccanica ormai non funziona perché i
ritmi personali non parlano all’unisono, i sentimenti non detti rimangono
nell’anima e l’incapacità di vivere l’amore è direttamente legata
all’incapacità di accettarne la fine.
La psicanalisi aiuta a
riflettere, perciò se la relazione tra i sessi è possesso e potere, allora la
violenza nasce dal vuoto di pensiero. Perché la maggior parte della persone
finge di essere felice e accetta di parlare solamente dei mali fisici tacendo
quelli dell’animo? Eppure il desiderio d’amore nasce e rinasce ad ogni
generazione e ad ogni generazione cambia linguaggio. Eppure per crescere
sicuri i figli hanno bisogno dell’amore dei genitori. Ecco perché occorre
recuperare il senso che fare famiglia comporta anche il dolore della
separazione. Se l’amore ci spaventa perché è passione e la radice di passione è
pathos, dolore, allora l’indifferenza è il nuovo disumano.
Michelle A.
Gonzalez, suora tologa [ci
trasportiamo in ncronline.org” del 26 settembre 2013]
…
Usando la parola machismo, Francesco non sta solo
assumendo un atteggiamento critico nei
confronti della gerarchia sociale; ci sta anche ricordando le sue radici
latinoamericane. Sta rifiutando tale modo patriarcale ed essenzialista di
intendere le donne, che limita la loro piena umanità, così come la piena
umanità degli uomini, riducendoli a stereotipi di genere. Francesco non assume
un atteggiamento sprezzante verso il coro delle donne che a livello popolare,
pastorale ed accademico hanno per anni
implorato la chiesa di essere più aperta alla nozione di autorità femminile
nella chiesa. Rifiutare il machismo significa rifiutare il patriarcato e la sua
struttura limitata relativamente all'autorità e alla voce delle donne.
Francesco ci chiama ad un dialogo più profondo sull'autorità femminile basata
su una teologia della donna. Questo porterà, sembra suggerire, a trovare un ruolo di autorità per le donne … L'altra sera discutevo dell'intervista del papa
con alcuni amici, in particolare tenendo conto delle mie opinioni teologiche.
Ho chiesto: “Che cosa deve fare una teologa cattolica femminista quando è
d'accordo col papa sul genere?” Ho ricevuto una serie di risposte, la maggior
parte in tono umoristico. Tuttavia, scherzi a parte, ciò che mi è rimasto è la speranza.
Posso sperare che
questo sia un nuovo principio nella storia della chiesa, una chiesa in cui
tutti siamo invitati a dialogare insieme. Si tratta di un dialogo tra teologi,
laici, vescovi, papa, nonne e giovani, perché siamo il popolo di Dio.
Con
quest’ultima frase mi introduco anch’io
non
senza sussiego
NOTA
PERSONALE
Sarà
vero: le fonti a cui attingiamo nel nostro Occidente, non riescono a
prescindere dal confronto con la chiesa, e chiedo scusa se parlo in particolare
di quella cattolica. Come fare altrimenti, soprattutto oggi, quando papa
Francesco è presenza incontrastata, grazie alla sua disponibilità -a tutto
tondo- al dialogo a livello globale?
Proprio
or ora, in questa GIORNATA DELLA FAMIGLIA, piazza San Pietro ha visto radunate
famiglie di ogni luogo e anche di fedi diverse.
Forse
aveva ragione Benedetto Croce: non
possiamo non dirci cristiani [con la variante cattolici?].
Ma la
cosa ad una marziana come me,
costretta a vivere nel pianeta terra almeno per un altro po’, può non andare
giù del tutto.
Se lo
spirito di Giovani XXIII aleggia in papa Francesco, c’è da aver fiducia che il
parlare di noi donne-di-qualsiasi-risma possa tenere in conto la possibilità di
un trapasso ad un’epoca di CRISI DEL MODELLO ANDROCENTRICO, al di là di quello
che si propone lo stesso papa attuale. Perché non diamo mano noi stesse alla
questione femminile nel suo complesso sotto questa angolatura?
Sono lontana
le mille miglia dal pretendere che ciò debba essere fatto dalle donne soltanto.
La rivista Prospettiva Persona realizza già questa sinergia uomo-donna nella
visione delle cose.
Ne parleremo
ancora.
2 commenti:
Grazie, Ausilia. Il problema vero è “maschile”, sono gli uomini il problema grande per il mondo. Finché i gerarchi non fanno un passo indietro, scendendo da piedestalli e troni, non faremo tutti e tutte insieme un passo avanti. Ma noi continuiamo a camminare in quella direzione... Beppe Pavan
Ottime le tue-vostre (penso tanto a Carla) osservazioni, corrispondono perfettamente alle mie. Solo che, da parte mia, nulla è mai da scaricare unicamente sull’una o sull’altra parte: non pensi-pensate che le donne abbiano anch’esse le loro responsabilità? Che ne è della loro acquiescenza all’ordine, o meglio disordine, delle cose, certamente addebitabile a fatti storici, ma che richiederebbe una presa di coscienza critica?
Grazie! Vado matta per un confronto con voi due, Ausilia
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