Tra gli articoli che leggo attraverso la news del sito delle
teologhe,
vi propongo questo [il
mio commento alla fine]
FRANCESCO,
LA CHIESA, LE DONNE:
COSA
C’È DI NUOVO?
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Opimioni
e contrassegnata
'Chiesa, donne, Marinella Perroni,
Mulieris dignitatem, papa Francesco'
Commento di Marinella Perroni
Soffro
nel vedere le donne in Chiesa come servitù.
Per i 25 anni della “Mulieris Dignitatem”, papa Francesco ha motivato e
spiegato la necessità di una riflessione di tutta la Chiesa per valorizzare
maggiormente la presenza delle donne.
1.
Queste uscite, ormai regolari, sul tema delle donne da parte del Papa mi sembra
denotino la volontà politica di tenere aperto il tema e di non liquidarlo con
una o due battute. Come è nel suo stile, però, Francesco propone sprazzi di
sapienza e non un discorso articolato che, mi pare di poter sperare, preferisce
lasciare a espressioni collegiali di chiesa (come nel caso del prossimo Sinodo
sulla questione dei risposati). E credo lo faccia, prima di tutto,
perché sta interpretando il suo ruolo come continuo coinvolgimento del corpo
ecclesiale ai suoi diversi livelli, da quello più popolare a quelli più
istituzionali.
Vuole, insomma, essere un Papa che rappresenta una chiesa e non se stesso,
lancia semi di dialogo-discussione e non proclami o definizioni.
2.
Le cose più importanti le dice “fuori testo”: se per esuberanza caratteriale o
per strategia comunicativa o ancora per tattica che gli consente di sfuggire ai
controlli previ imposti dalle procedure vaticane non lo sappiamo o, almeno, io
non lo saprei dire.
3.
Quanto ha detto in questa ultima occasione va più a fondo, ma non si discosta
in modo rilevante da quanto già affermato in precedenza. Certamente, Francesco
sa molto bene che dal magistero di Giovanni Paolo II sulle donne non si può
prescindere. Piaccia o no. L’occasione poi, cioè il venticinquesimo della
Mulieris Dignitatem, lo richiedeva in modo evidente. Francesco ha dato però una sua
versione della retorica wojtiliana imponendo di trarre alcune conseguenze
concrete da enfatiche affermazioni di principio. Impone quindi di spostare il
discorso e di valutare quindi la questione delle donne nella chiesa sulla
realtà dei fatti e non sulle affermazioni. L’apologetica sul “genio
femminile” può anche essere inutile o perfino pericolosa, se poi nei fatti si
continuano a considerare le donne come serve, a volte al limite della
schiavitù.
Il discorso qui si fa molto stringente. E, ne sono assolutamente convinta,
bisognerebbe ora ascoltare le risonanze che queste parole di Francesco hanno
ingenerato nel cuore di infinite schiere di suore, ammesso che fosse possibile
accedere al segreto del loro cuore.
4.
D’altra parte, Francesco resta totalmente “dentro la”, che può significare
anche “chiuso nella”, considerazione del proprium della maternità come mistero
che da sempre turba e affascina profondamente l’immaginario maschile. Una
maternità che appare quasi come autonoma dal concepimento, cioè dalla
dimensione partecipativa anche maschile. In fondo, è quanto espresso nel
racconto mitico delle origini che apre la Bibbia: di fronte alla donna, Adam
non sa fare altro che chiamarla con il nome di “madre di tutti i viventi” (non
Eva, che è pura invenzione di un traduttore fantasioso!!!). La visione di
Francesco è però scevra da riduzionismi: appare chiaro che non riduce la maternità
delle donne a quella di altri mammiferi! Gli manca ancora il passaggio
fondamentale a un’antropologia della differenza sessuale non finalizzata
necessariamente alla procreazione, gli mancano cioè gli ultimi cinquanta anni
di studi teologici sul tema.
5.
Colpisce fortemente poi che, forse anche a causa di una (ricercata?)
occasionalità
delle sue dichiarazioni, Francesco non scivoli mai nella formalizzazione
ideologica: dice cose, afferma, manda messaggi, non propone teorizzazioni. Da
questo punto di vista, lascia in sospeso il suo uditorio: i tradizionalisti
possono restare sconcertati, ma non troppo; i progressisti possono plaudire, ma
non troppo forte. Una cosa è certa: mai c’è un punto fermo. E questo,
forse, aiuta a far uscire da quella impasse contrappositiva nella quale la
chiesa, almeno in Italia, rischiava di essere stritolata.
Mio commento
Non si può non essere d’accordo; semmai si può aggiungere
qualche precisazione. Cosa significa la frase: il papa va aiutato?; che
deleghiamo tutto a lui e facciamo ANCHE noi? Sarò una marziana, ma io [e non
aggiungo l’eufemismo ‘poveramente’] credo, che ogni attesa riposta in qualcuno
posto in alto sia significativa di una cultura del visibile. Nella storia sono
stati disseminati semi di sapienza intramontabili da parte di personaggi per lo
più ignorati. Noi donne meditabonde, più ancora che studiose, dobbiamo lavorare
per una cultura in mano a chiunque. Io che scrivo so di dover restare ignota (e
quasi me ne rallegro). Ma quando avvicino le persone non-erudite, e vedo che
afferrano anche da me concetti culturalmente alti, ho la conferma che nulla è
perduto di ciò che siamo. Ecco
un bel progetto di cambiamento culturale: inseguire piste umili, ignote,
percorse dall’impronta divina. L’aiuto da dare a papa Francesco potrebbe
consistere nel dargli la possibilità di vedere queste piste; come? Lanciando, ed
invitando chiunque a lanciare, il proprio seme al vento dello Spirito.
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