Ricevo,
tramite la news del CTI, e trasmetto con vera commozione.
Spero contagiarvi: vi farà bene!
DONNE NELLA LUCE
DELL'AMORE
di Gianfranco Ravasi
in “Il Sole 24 Ore” del 8 dicembre 2013
a) C'è anche la foto
dell'ultimo scritto, una cartolina indirizzata a una sua giovane insegnante e
poi amica, Christine van Nooten, una studiosa di letteratura classica che
morirà nel 1998: Etty Hillesum il 7
settembre 1943 la getterà dal carro merci che sta conducendo lei e i suoi
genitori al lager di Auschwitz, ove tre settimane dopo - il 30 settembre -
entrerà nella camera a gas. Scriveva: «pro
a caso la Bibbia e trovo questo: "Il Signore è il mio alto rifugio".
Sono seduta sul mio zaino nel mezzo di un affollato vagone merci. Papà, la
mamma e Mischa (suo fratello) sono alcuni vagoni più avanti... Abbiamo lasciato
il campo (di Westerbork, ove era prima detenuta) cantando... Arrivederci da noi
quattro. Questo "arrivederci" straziante ovviamente non si
compirà e la vita di questa donna ebrea olandese, bella, straordinariamente
intelligente e dotata di un'anima mistica, delicata e forte, verrà brutalmente spenta
dalla bestialità nazista a soli 29 anni.
[Abbiamo già presentato la riedizione adelphiana del suo Diario;
ora vogliamo solo invitare i nostri lettori a non perdere la raccolta delle
Lettere, scritte in gran parte dal lager di Westerbork ove Etty (Ester) di sua
volontà si era autoreclusa per gettare un seme d'amore e una scintilla di luce
nell'"inferno degli altri". La fede, la Bibbia, la poesia (in particolare
Rilke), il cielo solare o nuvoloso o stellato saranno il cuore spirituale di
quei giorni, umanamente tenebrosi, che avvolgevano gli internati rendendoli
cupi, rancorosi e infelici. Sarà abusata l'immagine, ma Etty è come un angelo che
irradia luce, senza però perdere il realismo di un'esistenza umiliata in un
campo recintato all'interno di una brughiera sul quale s'abbattono folate di
sabbia. Un realismo che conosce i piccoli egoismi delle stesse vittime e la
brutalità dei carcerieri, ma anche la gioia di un pacco viveri, dell'arrivo e
dell'invio di un biglietto o di un'amicizia che sboccia. Ogni commento a queste lettere
della Hillesum o a lei indirizzate, che non sia quello necessario
storico-critico (offerto in questa edizione), risulta dissonante e fin
sgraziato. La lettura basta a se stessa. È per questo che non aggiungiamo altro
se non una citazione tra le tante possibili. La miseria che c'è qui è veramente terribile. Eppure, la sera tardi,
quando il giorno si è inabissato dietro di noi, mi capita spesso di camminare
lungo il filo spinato, e allora dal mio cuore si innalza sempre una voce - non
ci posso far niente, è così, è di una forza elementare - e questa voce dice: la
vita è una cosa splendida e grande, più tardi dovremo costruire un mondo
completamente nuovo].
b) Ad Auschwitz un anno
prima, nel 1942, veniva avviata nelle stesse camere a gas un'altra donna di straordinaria
intelligenza, un'ebrea tedesca convertitasi al cattolicesimo, Edith Stein, discepola prediletta del
filosofo Edmund Husserl. Battezzata a 31 anni nel 1922, entrata nel Carmelo di Colonia
nel 1933 col nome di Teresa Benedetta della Croce, verrà proclamata santa da
Giovanni Paolo II nel 1997. Alla vasta bibliografia di lei e su di lei si
aggiunge ora un particolare ritratto spirituale disegnato da una sua
"consorella" attuale, la carmelitana Cristiana Dobner, che si è da tempo
dedicata allo studio di Edith-Teresa Benedetta. Il profilo viene tracciato
secondo tre lineamenti, usando altrettante testimonianze che intarsiano tutte
le pagine del suo volumetto. C'è innanzitutto il racconto autobiografico della
donna col suo itinerario personale spesso travagliato, segnato da "indici di
contrasti", e alla fine collocato all'insegna della luce di Cristo e della
tenebra della Shoah. C'è, poi, il filo sia della riflessione filosofica
fenomenologica, la prima sua patria ideale (la sua opera maggiore sarà, al
riguardo, Endliches und ewiges, l'Essere finito ed eterno"), sia
dell'esperienza spirituale, elaborata attraverso scritti di appassionata
attestazione mistica (e qui brilla la Kreuzeswissenschaft, una "scienza
della croce" che è anche adesione esistenziale). Infine nelle pagine della
Dobner occhieggiano le parole di coloro che hanno incrociato la vita di Edith a
diverso titolo e nelle differenti tappe della sua vicenda personale. Suggestiva
la testimonianza della nipote, Susanne Batzdorff-Biberstein: «Chi fosse
veramente, come abbia vissuto e sia morta, rimarrà per sempre il suo segreto».
Tutto converge appunto verso il mistero della morte, soglia apparentemente
oscura, in realtà aperta su un roveto ardente di una fiamma divina.
c) Concludiamo questa
recensione al femminile con una vera e propria galleria di ritratti di "tenacemente
donne". Sono dodici, molto diverse tra loro, convocate da due giornaliste,
la lombarda Alessandra Buzzetti e la siciliana Cristiana Caricato. Che cosa può unire tra loro Clara, la figlia del famoso genetista
Lejeune, ascesa al vertice della General Electric France, e l'operaia romagnola
part-time Cristina con tre figli e
un marito disoccupato? Oppure Jocelyne,
comandante delle milizie femminili dell'Esercito libanese, e Nasreen, missionaria francescana in
Pakistan? O ancora la giornalista Costanza
Miriano con Marcella volontaria
in una casa di accoglienza? O Nancy,
analista finanziaria della Walt Disney, e una giovane madre romana, Chiara Corbella Petrillo, morta di cancro?
La risposta la si scopre lasciandosi condurre da questi dodici racconti
biografici, vere e proprie "storie di vita" nel senso più alto del termine:
sfogliando le pagine di questo libro - per usare un'immagine poetica rilkiana -
le dita rimarranno segnate dalla polvere di luce dell'amore, come quando si
afferrano le ali di una farfalla. L'enfasi della metafora è smitizzata però,
dal realismo di queste vicende femminili che si confrontano tutte col respiro
di sofferenza, di miseria, di necessità del prossimo, mettendo in gioco
successo personale, carriera e la stessa vita. E su tutte sembrano echeggiare
le parole pronunciate da Gesù l'ultima sera della vita terrena: Non c'è amore
più grande di colui che dà la vita per gli amici (Giovanni 15,13).
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