RACCOLTA DI GIUDIZI ESPRESSI
SULLA VITTORIA DI RENZI
Rosy Bindi in un’intervista
a Repubblica: credo che Matteo Renzi, neo segretario del Pd con quasi il 70%
delle preferenze, "abbia la capacità di tenere unito il partito"
perché inizia un nuovo percorso. “Non sfugge a nessuno che questo risultato è
frutto di una voglia di cambiamento, ma il sindaco di Firenze ha comunque avuto
l'appoggio di figure nazionali e locali che non sono espressione di una classe
dirigente che nasce oggi": comunque "il suo successo è stato
determinato anche dalla capacità di molti di riciclarsi". Non è certo
"la rottamazione la categoria con cui spiegare questo passaggio di
consegne e questa nuova fase. Tanto meno mi sento rottamata io, che decidendo
di non schierarmi ho scelto di riconoscermi nel segretario che il popolo delle
primarie avrebbe eletto. Del resto non ho mai dubitato che il risultato sarebbe
stato questo". "C'è da prendere in mano un Paese che non ce la fa
più. Mi auguro che il Pd abbia una voce molto più forte di quella che ha avuto
fino adesso", a cominciare da un "rilancio del governo su lavoro e
sviluppo".
Dalla stampa
estera
Al di la che Renzi faccia del Partito Democratico ma Renzi ha
vinto questa battaglia per una serie di motivi che interessano anche altra
persone che non votano il Partito democratico.
Renzi ha vinto perché
propone all’elettorato, e non solo del centrosinistra, di andare alla scoperta
di un nuovo mondo politico.
Renzi ha vinto perché gli Italiani sono davvero stanchi del rituale
di una politica che fino ad oggi sembra avere pensato solo a se stessa.
Renzi ha vinto perché piace anche agli imprenditori
perché ha un idea sul lavoro e sindacati che piace ed è per questo che spesso
piace anche all’elettorato diverso.
Renzi ha vinto perché ha capito che la soluzione alla
disoccupazione non è irrigidire il mercato del lavoro ma agevolare le
assunzioni e non ostacolarle con la burocrazia dello stato.
Renzi ha vinto perché
è contrario contro una certa sinistra che vede gli utili delle società
come il diavolo.
Renzi ha vinto perché crede ad una trasformazione di questa Europa
e non alla sua distruzione.
Passim
* Non è la fine della sinistra, dice il
neo segretario, è la fine di un gruppo dirigente. Il bipolarismo è salvo, basta
inciuci. * Sono caduti anche il muro di
Bologna e quello dell'Emilia-Romagna, i fortini dove Bersani aveva vinto
nettamente alle ultime primarie e dove Gianni Cuperlo si era aggiudicato il
voto tra gli iscritti qualche settimana fa. Matteo Renzi non si limita a
vincere ma stravince proprio in Emilia-Romagna, con una percentuale (il 71,5%)
superiore alla media nazionale. Il sindaco di Firenze passa nettamente anche a
Bologna con il 64,8% mentre Cuperlo si ferma ad un clamoroso 18,3%, tallonato
da Civati con il 17%. Oggi i paragoni e le metafore si sprecano e c'è
addirittura chi parla di una nuova Bolognina (tra l'altro Renzi ha vinto pure
lì). Il rischio di farsi prendere da smania retorica è
concreto ma è indubbio che quello che è accaduto con il voto di domenica anche
da queste parti è un vero e proprio terremoto politico.
Il voto dei
gazebo a Bologna e in Emilia-Romagna consegna una vera e propria rivoluzione.
Soprattutto viene da pensare che il dato così alto in Emilia-Romagna, con punte
dell'80% a Cesena, sia anche una reazione alle inchieste che stanno riguardando
la Regione e su cui Renzi ha pronunciato parole chiare nel suo ultimo comizio
bolognese a Casalecchio.
Matteo Renzi comincia la cavalcata da leader del Pd nel
migliore dei modi: con una vittoria che sa di trionfo e un'affluenza massiccia,
dalla quale il sindaco rivendica la forza per dettare la linea dentro il Pd e
soprattutto verso il governo. Il rottamatore ha intenzione di incassare subito
i dividendi del successo: domani mattina, senza "fare accordi con
nessuno", annuncerà la nuova segreteria di 12 persone. Ma Renzi punta
soprattutto a "cambiare verso" nel rapporto con il governo,
incontrando quanto prima il premier Enrico Letta e chiedendo all'assemblea di
martedì la 'fiducia' dei parlamentari su 3 punti, riforma elettorale
maggioritaria in primis.
Il Pd cambia era - Il rottamatore, vissuto con fastidio
fino ad un anno fa e battuto a dicembre scorso da Pier Luigi Bersani, si prende
il partito, con l'appoggio di una parte della vecchia guardia, come Veltroni e
Franceschini, e soprattutto di elettori molti non militanti. E sconfiggendo
chi, come Massimo D'Alema, ha cercato di frenarlo fino alla fine. Sarà un Pd
diverso già nella forma snella quello che Renzi vuole costruire. A partire
dalla sua presenza a Roma che non sarà fissa: il sindaco non ha intenzione di
prendere casa nella capitale e farà avanti e indietro tra Firenze e il
Nazareno. Fedele alla linea che un partito deve ''stare tra la gente'' e non
nel chiuso delle stanze di un partito. Nonostante la decisione di fare il
segretario-sindaco, Renzi ha già annunciato che non avrà un vice, figura da lui
considerata come un premio di compensazione nella geografie delle correnti, che
il neoleader annuncia di voler azzerare.
La squadra - Il vero uomo-macchina del Pd a trazione
renziana sarà Luca Lotti, deputato e braccio destro del sindaco che ha già
organizzato la macchina delle primarie. Lotti dovrebbe essere l'unico toscano
della segreteria, che sarà composta da 6 uomini e 6 donne. Un altro uomo in un
dipartimento operativo dovrebbe essere l'attuale coordinatore della campagna
delle primarie Stefano Bonaccini, ex bersaniano di solida tradizione politica
emiliana. Un altro fedelissimo in segreteria dovrebbe essere Angelo Rughetti,
campano, classe 1967, già segretario dell'Anci. Tra gli outsider, secondo i
rumors, potrebbe entrare nella squadra come responsabile economico Tito Boeri e
personaggi molto vicini al sindaco, come il patron di Eataly Oscar Farinetti e
lo scrittore Alessandro Baricco. Tra le donne sembra certa la presenza della
governatrice del Friuli Venezia Giulia Debora Serracchiani mentre c'è attesa
per capire se il responsabile economico del Pd sarà Yoram Gutgeld, manager di
McKinsey, considerato il guru economico di Renzi. Come il sindaco, non dovrebbe
trasferirsi a Roma lo storico portavoce di Renzi Marco Agnoletti e sembra
ancora presto per capire chi prenderà le redini della comunicazione in un
partito dove, in realtà, il leader ha già grandi capacità comunicative.
Le prossime tappe - La visita alla Terra dei Fuochi
dovrebbe essere la prima tappa simbolica del neosegretario, che sarà proclamato
ufficialmente domenica 15, a Milano, dall'assemblea appena eletta con le
primarie. Ma più che ai gesti simbolici, Renzi punta ad imprimere ''una svolta
radicale'' nel ruolo del Pd rispetto al governo. Sono 3 i punti su cui il
segretario incalzerà il premier già a partire dall'incontro che avverrà prima
del voto di fiducia di mercoledì: riforma della legge elettorale in senso
maggioritario, di cui Renzi vuole la titolarità dell'iniziativa che ''non
spetta al governo''. Un piano per un miliardo di tagli ai costi della politica
e una posizione più combattiva dell'Italia verso l'Europa, che possa portare in
prospettiva anche a chiedere una revisione dei parametri di Maastricht. Su
queste 3 priorità il neoleader non prenderà tempo per andare alla conta nei
gruppi parlamentari: già all'assemblea alla vigilia della fiducia di mercoledì,
chiederà un voto a deputati e senatori, convinto che in ogni caso gli unici
titolari della sua investitura sono gli elettori delle primarie.
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