ANCHE LETTA ORMAI MI DELUDE: ecco perché:
a) NON E’ UOMO DALLE IDEE
FORTI
b) CERCA L’APPOGGIO DEI CIELLINI
c) SI CONTRADDICE QUANDO PARLA DI DIALOGO MA SI CONTRAPPONE A CHI GLI PUO’
FARE OMBRA
- Se volete, leggete l’articolo di Stefano Feltri del 18 agosto 2013
Io ho solo da aggiungere che con queste
premesse tutto può succedere alla povera Italia!!!!
Alla kermesse di Rimini il presidente del Consiglio "seduce" i
ciellini puntando sull'abbraccio col centrodestra e sulla "forza
fecondatrice dell'incontro". E lancia la sfida per la segreteria del
partito, in contrapposizione al sindaco "rottamatore".
Al meeting
di Rimini Enrico Letta non ha tenuto un discorso di circostanza, ma ha iniziato la sua campagna elettorale. Per il congresso del Pd,
come minimo: con Giorgio Napolitano come divinità
protettrice, la base di Comunione
e liberazione come elettorato in cerca di riferimenti e Matteo Renzi come diretto
avversario. Nessun riferimento a Silvio
Berlusconi, se non contingente, obliquo, “gli italiani puniranno chi
anteporrà interessi di parte e personali all’interesse comune che è l’uscita
dalla crisi”. Parole che valgono sia per il Cavaliere che per i renziani, sempre incerti tra fedeltà alle
larghe intese e desiderio di contarsi nelle urne.
Letta ha
fatto un vero discorso programmatico che si può riassumere così: basta con
l’idea che la politica sia contrapposizione tra due fronti opposti, le larghe
intese sono un metodo che può durare, secondo l’antica tradizione italica di
trasformare il provvisorio in definitivo.
Giorgio Vittadini, il presidente della Fondazione per la Sussidiarietà (una
delle istituzioni di Cl),
nella conferenza stampa di fine giornata, commenta così l’intervento di Letta: “E’ una scelta di campo, non
per l’inciucio, ma per una collaborazione in chiave europea. Siamo in una
emergenza come nel 1946”. C’è un livello di lettura del discorso di Letta che è
quello ciellino: il premier sa come compiacere il suo pubblico, cita don Giussani (i ciellini non
dimenticano che era presente al funerale, assieme aPier Luigi Bersani, nel 2005), il salmo ottavo, il trionfo della democrazia liberale sul comunismo (anche se sbaglia le date e
più volte parla di quando c’era l’Urss “13
anni fa”), ripete più volte la parola-totem dei ciellini, cioè sussidiarietà,
rilegge l’intervento di Napolitano per l’accettazione del secondo mandato come
una citazione e conseguenza delle parole del capo dello Stato durante la sua
visita al meeting nel 2011.
Ma Letta è
più interessante leggerlo in una chiave tutta interna al centrosinistra. Di fronte all’inarrestabile avanzata di Matteo Renzi, che proclama cambiamento, rottamazione e,
soprattutto, vittoria, Letta offre
altro. Non è uomo di
idee forti, il premier, ma propone un metodo che ai ciellini piace moltissimo:
“La forza fecondatrice dell’incontro vince
sempre sul conflitto” e,
prevenendo le obiezioni, “l’incontro non è annullamento della propria identità,
l’incontro fa paura solo a chi è incerto dei propri valori”. Renzi propone il rischio
dello scontro frontale, Letta la scommessa del dialogo, come direbbero i ciellini. Se volete un Pd che può vincere, ma può anche
perdere, scegliete Renzi, se preferite un partito dialogante, mediatore, che
governa senza vincere e abbraccia il centrodestra invece che respingerlo,
allora scegliete Letta. I ciellini sono il pubblico ideale per questo
messaggio.
La
presidente della Fondazione Meeting Emilia Guarnieri apprezza soprattutto “il passaggio sulla
paura che sia l’altro a vincere” e “la decisione di non voler interrompere
questo percorso di speranza”. Giorgio
Vittadini spiega che Cl non si schiera apertamente, che “le scelte
competono al singolo”. Ma sottolinea che “l’amicizia con Letta nasce da molto
lontano, era uno dei capi dell’intergruppo sulla sussidiarietà”.
Con Renzi
l’approccio è molto più cauto, per il momento al meeting c’è soltanto, come
ambasciatore del sindaco di Firenze,
il deputato Dario Nardella.
E’ chiaro che per Cl sarebbe molto meglio sostenere un Letta moderato e
dialogante (purché vincente) piuttosto che legarsi ai reduci berlusconiani
nella nuova Forza Italia ad
alto rischio flop. Letta è consapevole che non si vince di sola tattica. Che i ciellini li ha già
conquistati. E ora bisogna neutralizzare Renzi su altri piani. E ci prova, pur
con la differenza di carisma evidente tra i due: il premier ruba al sindaco la
trinità “terra, bellezza, tempo”, evoca muretti sardi come metafora dell’Italia, parla dell’Italia come di un
Paese da riscoprire: “’Da mio nonno agronomo ho tratto l’insegnamento che gli
italiani fanno le cose belle che durano”. E’ il registro che Renzi sta usando
da mesi, traducendo in politica le intuizioni di marketing del suo amico e
consigliere Oscar Farinetti,
l’imprenditore di Eataly.
Il premier
parla molto di Europa, di
ripresa, si prende i meriti di uno spread a 230 (che sui mercati tutti attribuiscono alle
politiche delle banche centrali,
più che al governo), inizia
già a far pesare la sua competenza, trasforma quattro mesi da premier in una
fonte di prestigio e autorevolezza
internazionale con cui il sindaco di Firenze non potrebbe
competere.
Quello che
conta è conquistare l’elettorato di centrodestra deluso da Berlusconi che alle
ultime elezioni si è sparpagliato tra Beppe
Grillo e astensionismo. Renzi aveva iniziato a sedurli con un
approccio berlusconiano, quello della marcia verso la vittoria, dell’uomo solo al comando
che forza le burocrazie dei
partiti e conquista il potere piegando il sistema. Letta risponde con mosse
avvolgenti, perfettamente democristiane,
di inclusione invece
che di contrapposizione. In
fondo Renzi deve ancora dimostrare tutto.
Letta, al
pubblico di Cl, offre già dati concreti: due dei leader del movimento, Mario Mauro e Maurizio Lupi, sono già al governo.
Sullo sfondo c’è però l’innominabile. Silvio
Berlusconi. Che forse sarà davvero politicamente morto, ma nessuno osa
neppure citarlo. Non si sa mai cosa può ancora combinare.
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