Vi ricordate di Roverto Cobertera, l’uomo di
colore con doppia cittadinanza domenicana e statunitense condannato
all’ergastolo che tempo fa aveva iniziato uno sciopero della fame per gridare
la sua innocenza? Vi ricordate che dopo due ricoveri all’ospedale, l’appello al
Presidente della Camera dei deputati e della Redazione di “Ristretti Orizzonti”
e l’importante novità della ritrattazione del suo accusatore, e reo confesso di
quell’omicidio, aveva interrotto il digiuno?
L’altro giorno Roverto mi ha confidato che
non ce la fa più ad aspettare i tempi lunghi della giustizia italiana per la
revisione del suo processo. E dal primo di marzo ha iniziato uno sciopero della
fame a oltranza. Ho tentato con tutte le mie forze a farlo desistere da questo
nuovo digiuno, ma Roverto è davvero convinto di non avere nessun’altra scelta.
-Ho una
giovane moglie e due bambine che mi stanno aspettando. E non posso ancora farle
aspettare. Se non potranno avere me, avranno almeno nel mio paese un cadavere e
una tomba su cui pregare. Non ho nessuna fiducia nel vostro sistema
giudiziario. Non ho santi in paradiso, né i soldi e gli avvocati di Berlusconi.
E il Dio cui io credo è nero, non è
bianco. Carmelo, la giustizia italiana non mi può fare più male di quello che
mi ha già fatto. Non rischio nulla, posso solo morire di fame, ma quando uno ha
perso la libertà per sempre, questo è il guaio minore. Riguardo a mia moglie e
alle mie figlie, la morte non può sopprimere l’amore, né impedire la riunione
di anime che in terra si sono amate.
Come dargli torto? La pena dell’ergastolo
trasforma la luce in ombra, la vita in morte, la felicità in dolore, il bene in
male, perché non ci può essere futuro
senza speranza. All’ergastolano rimane solo la vita, ma questa senza futuro è
meno di niente. E con questa pena addosso è come se la vita fosse piatta. Non
c’è più bisogno di fare progetti per il giorno dopo e per quello dopo ancora,
poiché, in un certo senso, la pena a vita è una vittoria sulla morte perché è
più forte della stessa morte.
Con la pena dell’ergastolo lo Stato si prende
la vita di una persona come se questa fosse un oggetto e la ruba per sempre.
L’ergastolano è come una clessidra, quando la sabbia è scesa, è rigirata di
nuovo.
Non posso fare altro che augurare a Roverto
una buona lotta e dargli un po’ della mia voce. La voce di un altro uomo ombra.
E dirgli che morire per dimostrare la propria innocenza è la migliore delle
morti
Carmelo Musumeci
Carcere di Padova Marzo 2014
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