giovedì 6 marzo 2014

Ricevo tramite Nadia e trasmetto

Vi ricordate di Roverto Cobertera, l’uomo di colore con doppia cittadinanza domenicana e statunitense condannato all’ergastolo che tempo fa aveva iniziato uno sciopero della fame per gridare la sua innocenza? Vi ricordate che dopo due ricoveri all’ospedale, l’appello al Presidente della Camera dei deputati e della Redazione di “Ristretti Orizzonti” e l’importante novità della ritrattazione del suo accusatore, e reo confesso di quell’omicidio, aveva interrotto il digiuno?
L’altro giorno Roverto mi ha confidato che non ce la fa più ad aspettare i tempi lunghi della giustizia italiana per la revisione del suo processo. E dal primo di marzo ha iniziato uno sciopero della fame a oltranza. Ho tentato con tutte le mie forze a farlo desistere da questo nuovo digiuno, ma Roverto è davvero convinto di non avere nessun’altra scelta.
-Ho una giovane moglie e due bambine che mi stanno aspettando. E non posso ancora farle aspettare. Se non potranno avere me, avranno almeno nel mio paese un cadavere e una tomba su cui pregare. Non ho nessuna fiducia nel vostro sistema giudiziario. Non ho santi in paradiso, né i soldi e gli avvocati di Berlusconi. E il Dio cui io credo è nero,  non è bianco. Carmelo, la giustizia italiana non mi può fare più male di quello che mi ha già fatto. Non rischio nulla, posso solo morire di fame, ma quando uno ha perso la libertà per sempre, questo è il guaio minore. Riguardo a mia moglie e alle mie figlie, la morte non può sopprimere l’amore, né impedire la riunione di anime che in terra si sono amate.
Come dargli torto? La pena dell’ergastolo trasforma la luce in ombra, la vita in morte, la felicità in dolore, il bene in male,  perché non ci può essere futuro senza speranza. All’ergastolano rimane solo la vita, ma questa senza futuro è meno di niente. E con questa pena addosso è come se la vita fosse piatta. Non c’è più bisogno di fare progetti per il giorno dopo e per quello dopo ancora, poiché, in un certo senso, la pena a vita è una vittoria sulla morte perché è più forte della stessa morte.
Con la pena dell’ergastolo lo Stato si prende la vita di una persona come se questa fosse un oggetto e la ruba per sempre. L’ergastolano è come una clessidra, quando la sabbia è scesa, è rigirata di nuovo.
Non posso fare altro che augurare a Roverto una buona lotta e dargli un po’ della mia voce. La voce di un altro uomo ombra. E dirgli che morire per dimostrare la propria innocenza è la migliore delle morti
Carmelo Musumeci
Carcere di Padova Marzo 2014
 
Nella piena condivisione, Ausilia
 

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