sabato 22 febbraio 2014

Il governo Renzi

Mi limito ad elencare. Commentare ora è chiacchiera
21/02/2014
La riserva è stata sciolta: Matteo Renzi è il nuovo presidente del Consiglio, alla guida di una squadra «snella» di 16 ministri, tra cui otto donne.
Il nuovo esecutivo nasce sulle ceneri del governo Letta: ne eredita sostanzialmente la stessa maggioranza, ma si ritrova con in più una certa apertura di credito da parte di Forza Italia, che ancora oggi ha ribadito che resterà all’opposizione, ma che in questi giorni tutto sta facendo fuorché opposizione dura al segretario del Pd.
I nuovi ministri giureranno sabato mattina nelle mani del presidente della Repubblica.
L’esecutivo dovrà ora superare lo scoglio del voto di fiducia, ma sistemate le caselle dei ministeri e ricevuto il benestare del Quirinale, il passaggio parlamentare non dovrebbe ora riservare particolari sorprese. La prima parola spetterà lunedì all'Aula del Senato, dove la maggioranza è più risicata; poi martedì toccherà alla Camera, per un passaggio perlopiù formale visti gli ampi numeri su cui può contare il solo Pd.
Matteo Renzi scioglie la riserva e presenta la lista dei ministri. Meno di quelli del governo Letta, non più 21, ma 16. Metà donne.
 
Viminale Angelino Alfano
Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Graziano Delrio
Economia Pier Carlo Padoan
Sviluppo Economico Federica Guidi.
 
MINISTRI CON PORTAFOGLIO
Esteri andrà Federica Mogherini
Ambiente e Giustizia Andrea Orlando
Difesa Roberta Pinotti
Infrastrutture e trasporti Maurizio Lupi
Salute Beatrice Lorenzin.
Ambiente, tutela del territorio e del mare Gian Luca Galletti
Lavoro e Politiche sociali Giuliano Poletti.
Istruzione, Università e ricerca Stefania Giannini
Beni e attività culturali e turismo Dario Franceschini
 
MINISTRI SENZA PORTAFOGLIO
Affari regionali Maria Carmela Lanzetta
Riforme Costituzionali e Rapporti con il Parlamento Maria Elena Boschi
Semplificazione e Pubblica amministrazione Marianna Madia.
Matteo Renzi ha definito così il suo governo: in grado di dare agli italiani la possibilità di afferrare la speranza. Parlando con i giornalisti non ha usato mezze misure: In questa vicenda per come sono andate le cose molti di noi si giocano la faccia e la faccia è molto più importante della carriera.
Fine modul.6dff4f5c-9b2a-11e3-8ea8-da6384aa5c6Ha poi ironizzato sulla domanda di un giornalista che gli ha chiesto se fosse stato disposto a dimettersi se non dovesse farcela: Grazie per l’entusiasmo....
- Altrettanto eloquenti sono le parole del Presidente della Repubblica sulla durata del governo. Ha spiegato di aver ricevuto parecchie punzecchiature in passato per aver insistito sul tema della continuità istituzionale, e quindi oggi non può che essere d’accordo con Matteo Renzi sul fatto che l’esecutivo deve porsi l’obiettivo di arrivare a fine legislatura. Certo - ha poi aggiunto - la mano sul fuoco in Italia non la possiamo mettere, speriamo che tutto vada per il meglio.

lunedì 17 febbraio 2014

Cattolici e pena di morte

http://www.famigliacristiana.it/articolo/agnese-moro-perche-sono-contro-lergastolo.aspx

PERCHÉ SONO CONTRO L’ERGASTOLO

di Agnese Moro
«È facile dire a chi ha perso qualcuno perché un altro essere umano gli ha tolto la vita: “Ti faremo giustizia; manderemo il responsabile in prigione per molti anni o per sempre, e tu sarai ripagato”. È una menzogna». La figlia dello statista, in questo suo testo scritto per Famiglia Cristiana, spiega che cosa può davvero “ripagare” chi ha subito la più tremenda delle violenze.
La democrazia repubblicana, così come la disegna la nostra bella Costituzione, non è solo un sistema politico. È anche – e forse soprattutto – un progetto di vita individuale e sociale. Esprime una speranza di giustizia e di pace, che viene dalle generazioni che ci hanno preceduto, che ci accompagna dando sapore alle nostre esistenze, che vorremmo poter trasmettere ai nostri figli e nipoti.
Alla base del progetto della nostra democrazia repubblicana c’è la persona; ci sono le persone reali, la loro dignità, le loro difficoltà, la loro unicità e la loro grandezza. Per l’ideologia fascista che ha preceduto la Repubblica lo Stato era tutto, le persone niente. Per la Repubblica (ovvero per tutti noi), invece, ogni persona è preziosa, e siamo impegnati, tutti insieme, a difenderne i diritti e la dignità. Ed è per questo che quando uno di noi sbaglia, anche gravemente, noi lavoriamo per impedirgli di seguitare a sbagliare e gli infliggiamo una pena che non è una vendetta, ma che gli deve servire a cambiare e a ritornare tra noi. Dall’articolo 27 della Costituzione: “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”.
Noi non buttiamo via nessuno, e rivogliamo tutti indietro. In questo nostro progetto di vita l’ergastolo è decisamente un corpo estraneo; una contraddizione insanabile con la nostra Costituzione. Perché fa della pena una punizione e basta; perché sancisce un allontanamento definitivo e senza appello dal resto della società; perché – come diceva mio padre Aldo Moro nei suoi scritti giuridici – è decisamente contraria al senso di umanità perché nega anche la speranza di poter tornare a vivere la dimensione della libertà che caratterizza così profondamente il nostro essere uomini.
Bisognerebbe avere anche l’onestà e il coraggio di affrontare il tema della giustizia. È facile dire a chi ha perso qualcuno perché un altro essere umano gli ha tolto la vita: “Ti faremo giustizia; manderemo il responsabile in prigione per molti anni o per sempre, e tu sarai ripagato”. È una menzogna. Le perdite subite non si risanano, e nessuna punizione può ripagare di un affetto che non c’è più.
Può invece aiutare –tanto– vedere che chi ha fatto del male ha capito quello che ha combinato, ne è realmente dispiaciuto, vorrebbe con tutte le sue forze non averlo fatto; che riprende a vivere in maniera diversa, cerca di essere utile alla società, porta il rimorso suo e anche il dolore delle proprie vittime.
È quanto di più vicino alla giustizia si possa chiedere. Ed è la saggia via proposta dalla nostra Costituzione.

LA VOCE DEI CATTOLICI CONTRO IL "FINE PENA MAI"

di Alberto Laggia
Papa Francesco ha di recente abolito l'ergastolo nel sistema penale vaticano. Ma già da tempo i cattolici dicono 'no' alla pena perpetua.
Nonostante un referendum abrogativo che nel 1981 sancì la sconfitta di coloro che volevano cancellare la pena del carcere perpetuo, contro l’ergastolo e sulla sua incostituzionalità, da tempo si sono espressi autorevolmente associazioni, fior di giuristi e intellettuali, cattolici e non. Nell’area cattolica già Giuseppe Dossetti ebbe a dichiararsi a favore dell’abolizione della pena perpetua. Aldo Moro, nel 1976 in una lezione universitaria, due anni prima di  essere sequestrato, processato e ucciso dalle Br, diceva ai suoi studenti in aula: “Ricordatevi che la pena non è la passionale e smodata vendetta dei privati: è la risposta calibrata dell’ordinamento giuridico e, quindi, ha tutta la misura propria degli interventi del potere sociale, che non possono abbandonarsi ad istinti di reazione e di vendetta, ma devono essere pacatamente commisurati alla necessità, rigorosamente alla necessità, di dare al reato una risposta quale si esprime in una pena giusta”. E definiva l’ergastolo “agghiacciante, psicologicamente crudele e disumano”.
Tra i leader carismatici dell’associazionismo Don Oreste Benzi, fondatore della della Comunità Papa Giovanni XXIII, da sempre impegnata nel volontariato dentro le carceri italiane e nell’accoglienza di carcerati  nelle comunità dell’associazione,  commentava così uno sciopero della fame contro “l’ergastolo ostativo” dentro il carcere di Spoleto: “Hanno ragione i detenuti. Che senso ha dire che le carceri sono uno spazio dove si recupera la persona se è scritta  la data  di entrata e la data di uscita mai? E’ una contraddizione in termini. Perché non devono avere il diritto di dar prova  che sono cambiati?”.
“A causa di queste norme ci sono nelle nostre carceri ragazzi quarantenni che sono stati condannati all’ergastolo  a soli 18 anni e che non sono mai usciti, neanche per il funerale del padre. Ragazzi che hanno vissuto più tempo della loro vita tra le mura di una prigione che fuori. Persone che non hanno la cella del carcere come letto dove rientrare per dormire, ma ce l’hanno come tomba”, afferma Giovanni Ramonda, responsabile della Comunità Papa Giovanni XXIII. Anche Stefano Anastasia, difensore civico dell’associazione “Antigone”, che si batte per i diritti nelle carceri, non ha dubbi: “L’ergastolo è una pena detentiva non paragonabile ad altre pene, perché condanna a morire in carcere. E’ cioè una pena capitale a tutti gli effetti o, come la chiamava Cesare Beccaria, ‘una pena di morte lenta’. Ma di più: è una doppia pena di morte, perché prima di quella fisica c’è quella civile”.  
Eppure mai come oggi l’argomento ergastolo sembra impopolare: “Di fronte alla crisi del sistema penitenziario italiano e alle sue gravi emergenze, purtroppo, ragionare di ergastolo può sembrare un assurdo. E poi, in tempi in cui si sente invocare la pena di morte, figuriamoci quali reazioni potrebbe scatenare una campagna per l’abolizione dell’ergastolo”, afferma sconsolato il magistrato Francesco Maisto, presidente del Tribunale di Sorveglianza dell’Emilia Romagna. “Si tratta di operare senza far clamori, ma incidendo sulla sostanza. Perché non offrire una possibilità di cambiamento al detenuto, quando vengano meno i motivi di sicurezza che l’hanno tenuto recluso?”. Così, invece, conclude un suo saggio sul tema (anticipato da “Ristretti Orizzonti”, la rivista che si scrive dentro il carcere “Due palazzi” di Padova) il professor Andrea Pugiotto, ordinario di Diritto costituzionale all’università di Ferrara: “In un sussulto di coerenza politica e razionalità costituzionale, è tempo che l’Italia, da anni impegnata nella leadership della campagna internazionale per la moratoria della pena di morte (in vista della sua definitiva abolizione), torni a porsi il problema della abrogazione dell’ergastolo. Che, della pena capitale, è l’ambiguo luogotenente”. Il giurista, scartata l’idea di un referendum abrogativo, propone, piuttosto,  una “quaestio di legittimità davanti alla Corte costituzionale”. Sull’ergastolo ostativo, “regime col quale lo Stato si comporta da ricattatore vendicativo, poiché solo se collabori con la giustizia ti offre la speranza di veder ridotta la pena, afferma: “E’ una variante aberrante tutta italiana il cui  regime ricalca, a mio avviso, la definizione di ‘tortura’ contenuta nelle carte internazionali dei diritti.  E’, insomma, l’altra faccia della pena di morte. Un carcere non a vita, ma a morte. Ciò è evidente considerando che l’ergastolo si prende l’esistenza della persona, anche se non gliela toglie, perché la priva di futuro; gli toglie ogni speranza. Direi che, anzi, ne è una variante ancor più crudele. Si resta vivi, ma dichiarati morti”.

giovedì 6 febbraio 2014

Notizie di rilievo su cui riflettere


Notizie di rilievo su cui riflettere
Pietro Grasso ha deciso: il Senato si costituirà parte civile nel processo sulla presunta compravendita di senatori, che vede Silvio Berlusconi imputato a Napoli. Grasso ha deciso andando nella direzione opposta rispetto all'orientamento emerso nell'Ufficio di Presidenza: dieci pareri contro otto per il no alla costituzione di parte civile. Adesso Grasso dovrà affrontare l'ondata di reazioni di Forza Italia, che dopo il parere favorevole maturato in Ufficio di Presidenza aveva inviato chiari messaggi. Non potrà non tenerne conto, aveva detto il vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri. Mentre Renato Brunetta lo invitava a essere super partes e a non assecondare quella parte della sinistra antiberlusconista ad ogni costo.
Matteo Renzi pronto alla staffetta: "Il dado è quasi tratto, scrive La Stampa- i giochi potrebbero essere vicini alla conclusione e la notizia – per dir così – non è il pressing su Matteo Renzi affinché accetti di assumere la guida del governo, quanto il fatto che il leader del Pd ha ormai deciso: se si creassero le condizioni e gli venisse chiesto, è pronto ad assumere l’incarico che oggi è di Enrico Letta. La decisione è presa. E non si tratta di una svolta improvvisa.
Sardegna - si scalda la sfida. La battuta non è da galantuomo: «Se io sono Schettino della politica, lei è la Concordia: come stazza ci siamo». Una frase del genere da Ugo Cappellacci nessuno se l’aspettava, ma la dialettica della campagna elettorale evidentemente ammette anche qualche caduta di stile. E a farne le spese stavolta è stata la scrittrice Michela Murgia, anche lei candidata a portar via la poltrona al governatore in cerca di riconferma. Finora gli attacchi erano tutti concentrati sull’attività amministrativa, sui progetti da portare avanti o su quelli mai realizzati.
Roma - sommersa dall'immondizia. Da qualche giorno la situazione è davvero insostenibile Una discarica a cielo aperto, in cui le cataste di spazzatura sovrastano secchioni e interi marciapiedi; sacchetti ovunque, annacquati dalla pioggia e ridotti a un tappeto di sporcizia: davanti ai portoni così come ai negozi e alle scuole. E l'unica soluzione sembra essere quella di tenersi l'immondizia in casa.
Marò: Ci dispiace per la perdita di due vite umane, ma non ci sentiamo assolutamente responsabili. Lo ha dichiarato a New Delhi il fuciliere di Marina Salvatore Girone, in merito alla morte di due pescatori indiani il 15 febbraio 2012. E' un dispiacere umano - ha concluso -, ma siamo innocenti. Durante un incontro con i giornalisti, nella capitale indiana, è stata quindi la volta di Massimiliano Latorre: E' un'accusa che ci fa molto male non solo come militari, ma anche come genitori e uomini, ha detto il fuciliere, rispondendo a una domanda sulla possibile applicazione di una legge antiterrorismo

martedì 4 febbraio 2014

Per un cambiamento culturale


Inoltro per gli amici e le amiche desiderose di un cambiamento culturale nei riguardi delle donne

-----Messaggio originale-----

Da: cristina at womenews.net [mailto:cristina@womenews.net]

Inviato: martedì 4 febbraio 2014 01.15


Oggetto: [il paese delle donne ] Novità

Inoltro per le donne e per gli uomini di buona volontà del blog giornodopogiorno

- Aggiornamenti dal 2 febbraio 2014

 

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ARTICOLI

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[Una deriva di volgarità crescente]

DERIVE

di  Edda Billi

Le ingiurie pesantissime fatte alla Presidente della Camera Laura Boldrini offendono anche noi.

domenica 2 febbraio 2014

una recensione ed un invito

Una recensione sul libro dell’ergastolano col quale ho un contatto tramite Nadia Bizzotto: aiuta a capire cose forse più importanti di tante altre che oggi ci travolgono.
Vi invito a leggere soprattutto ciò che ho evidenziato, nonché a comprare il libro e, perché no?, a recensirlo. Ausilia

Carmelo Musumeci, “L’urlo di un uomo ombra”
Edizioni Smasher
Il titolo di questo libro emette un grido di dolore. Il lettore che si appresta a leggerlo, è già colpito dal peso di un’asserzione  di un’ombra che attende la comprensione di uno schiamazzo che affonda le radici in una sofferenza non accolta. Tuttavia, quest’urlo, seppure incarnato da un essere invisibile ed inanimato, che solo la voce possiede come mezzo di salvezza, trasmette un messaggio universale di profondo amore. Un urlo che nasce dall’abbandono della malvagità e che approda verso il senso vero dell’esistenza umana, la liberazione. 
Si tratta di un testo che traversa la vita nelle sue più crude e calorose sfumature, un ventaglio di colori che riflettono i sentimenti della nostra anima. E’ il simbolo della colomba della pace, la vita naufraga e vittima di tempeste patriarcali che travolgono e spezzano le schiere umane nel mare dell’essere, e poi, approdano in quell’isola che uccide, ma non libera, imprigiona, ma non perdona. Non è il Noè dell’arca, ma l’umano che illude e distrugge con il suo ostinato istinto di vendetta.
Le Ombre degli Uomini Ombra, non sono ombre di esseri incarnati, ma sono ombre di esseri viventi morti, sono le ombre dei sogni che attendono di avverarsi, di subire la metamorfosi di anime con un diritto alla vita, e al cambiamento.
Il Killer Roberto, sogna un amore immaginario, un amore che desidera, che rappresenta, vagheggia, perché gli Uomini Ombra sono analfabeti del linguaggio dell’amore, e speculano nella mente come potrebbe essere l’incarnazione di questa Dea che con la sua immensa forza sostiene e regge il mondo. Il termine utopia nel suo significato strettamente etimologico, sta a significare “luogo che non c’è”. Molto spesso si sente parlare di utopia, come se tale parola avesse un senso astratto ed avulso da qualsiasi ambiente, contesto. L’utopia, nella storia di questo intrigante e misterioso racconto, diventa essere incarnato nei meccanismi della vita sociale. La mafia è utopia, le associazioni a delinquere sono utopia, gli abusi sono utopia, il potere è utopia, poiché nell’attuale realtà, nessun codice, nessun dettato costituzionale, nessun credo, insegna e penetra con i suoi programmi norme di comportamento che inducono all’avversione nei confronti della legge dell’Amore, il male che si esplica mediante l’abuso di potere, la violenza, l’illegittimità di un sistema di leggi che ci travolge, poiché non viene rispettato, è utopia. I detenuti che non hanno diritto ad una seconda possibilità di vita, vivono l’ utopia, l’utopia è tutto come dovrebbe essere, ed invece non è. L’utopia è tutto come è, e cioè come non dovrebbe essere, perciò fuori luogo.
Il male è lo spazio che non dovrebbe esserci, ed invece c’è. Pertanto può parlarsi di rivoluzione contraria alla normalità. Quando qualcuno ci spinge ad uccidere, per denaro, per divertimento, per lavoro, per costrizione, si vive e si estende l’utopia. La mafia nel racconto di Carmelo Musumeci, è continuità, è qualcosa che è sempre esistita, è la regola di alcune realtà clandestine che si celano occulte, negli infiniti strati di questa camuffata società, e trama nell’oscurità, in una notte mai svelata, che non ha dato luce al giorno. Il cancro della società, in cui Roberto vive, e di cui è vittima, diventa campo in cui minare un’educazione ricevuta, pedina offerta che mangia i personaggi degli scacchi, in base alle loro mosse ben studiate. Soccorre l’amore: per una famiglia, per una figlia, per lo studio ed il sapere, la cui curiosità giunge tardi, quando sorpassato il girone dell’inferno, ci si ritrova all’interno di una coscienza che spiega le braccia all’umanità e indica col dito gli errori di una vita che profuma di bellezza, contenuta di valori, negati e occulti. La faccia del male, si scontra a viso aperto con quella del bene, e la riconosce. È il cancro della società, il marcio che logora, il fango che insudicia le vite dei potenti, che dirigono i fili dei burattini che recitano parti assegnate.
Un libro tanto umano, quanto forte e vero, che non si stanca di gridare oltre le grinfie di Lupi perduti nelle selve più nascoste, che la rinascita dell’uomo avviene solamente mediante il perdono, l’affetto, la dolcezza, si riscopre la vita attraverso la complicità di quanti hanno avuto la fortuna di non conoscere un mondo malvagio ed inumano per non comprenderne le sue radici, i suoi rizomi, i suoi tuberi, ma oltre il buio della crudeltà, hanno osservato stelle illuminanti.
La cultura, come unico mezzo che la vita offre per leggere e comunicare con la realtà stessa, metterci in relazione con l’esistenza, offre difesa, protezione, salvataggio.
Ascoltiamo il grido di un uomo ombra, e facciamo in modo che questo urlo, invada le nostre orecchie, le nostre coscienze e le trafigga, penetri i nostri cuori, il cuore di un appello disperato di chi da anni, è destinato a vivere, a causa degli uomini e di un sistema retrogrado in una cella buia e senza vita, pur essendo disposto a donare il bene alla società, dandone una concreta testimonianza di redenzione.
Carmelo, aspetta il ritorno, da quel campo di concentramento, dove per campo di concentramento, non s’intende il lager nazista, ma un campo di persone concentrate che attende lo sterminio dei colpevoli che hanno ammesso di sbagliare, chiedendo grazia ed assoluzione ad una sorda società. L’urlo forte, di un udito poco sonoro, quello del mondo fuori le sbarre che non vuol sentire oltre ciò che non vede.
Buona Lettura.
francesca torricella