mercoledì 30 ottobre 2013

Ricevo e trasmetto

[interessante il plurale ‘mafie’.
Puntualizzo: è quanto resta da fare a noi donne]

Roma, Via di S. Pantaleo, 66
(traversa di Corso Vittorio Emanuele, direzione Piazza Navona)
c/o Università Telematica PEGASO
con
ALESSANDRA SCHETTINO, professoressa dell’Università Telematica PEGASO
ROSARIA CAPACCHIONE, giornalista e parlamentare, autrice di L'ORO DELLA CAMORRA (ed BUR)
LAURA CAPUTO, giornalista e autrice di  IL CASTELLO DI SAN MICHELE  (ed Leucotea)
PAOLA DI NICOLA, magistrata e autrice di LA GIUDICE  (ed Ghena)
ISA FERRAGUTI, già senatrice e Presidente Cooperativa Libera Stampa (editrice di NOIDONNE)
MARIA ROSARIA LANZETTA, già sindaca di Monasterace
SONIA MECENATE, Dirigente della Pubblica Amministrazione Centrale
MONICA SOLDANO, giornalista e direttora di Radio Cento Passi

dialogano e conducono
Marisa Rodano, Roberta Morroni, Tiziana Bartolini, Daniela Carlà
informazioni redazione@noidonne.org - cell 339 5364627

domenica 27 ottobre 2013

Donne chiesa mondo-laico

Ricevo dall’amica Giulia Paola Di Nicola,
co-direttrice con il marito Attilio Danese
della rivista Prospettiva Persona
un articolo di Nicoletta Dentico su
ROCCA 15 OTTOBRE 2013
Lo riporto passim e con ricuciture: chi volesse l’originale potrà chiedermelo.
[Aggiungo di seguito  altri riferimenti
sullo stesso argomento]
Alla fine di questo post una mia mota personale

ROCCA 15 OTTOBRE 2013
Nel 1981 IL CARDINALE MARTINI AL CONVEGNO LA DONNA NELLA CHIESA OGGI,  esordiva così:
Dalle donne emergono domande sofferte e sincere, cercando di interpretare il disagio di un mondo femminile plurale di fronte alla iconografia della donna cristiana nella quale le donne fanno fatica a rispecchiarsi e riconoscersi. E sciorinava una sfilza di questioni decisive per il futuro della Chiesa: perché identificare l’immagine di Dio con quella trasmessaci da una cultura maschilista? Quale annuncio kerigmatico per lei, non rinchiuso in una visione moralistica? Quali indicazioni per un cammino spirituale e di santità che stimolino la donna adeguatamente? Quali indicazioni per una rinnovata prassi pastorale, per un cammino vocazionale per il matrimonio, per la consacrazione religiosa, la famiglia, in considerazione della nuova coscienza di sé che la donna ha acquisito? ... Perché la pur grande presenza delle donne nella Chiesa non ha inciso nelle sue strutture? E nella prassi pastorale perché attribuire alla donna solo quei compiti che lo schema ideologico e culturale della società le attribuiva, e perché non esplicitare i suoi carismi ‘opera dello Spirito Santo’?
Leggere a distanza di trent’anni l’incalzante catalogo degli interrogativi di Martini, con la sua sollecitazione alla Chiesa di porsi in ascolto e lasciar esprimere le donne da protagoniste, di svolgere un’urgente attenta rilettura dei ministeri dei carismi e dei servizi, illumina e scoraggia a un tempo.
Noi donne siamo state considerate a lungo le garanti della dottrina, coloro che lungo il processo di secolarizzazione hanno assicurato il radicamento della tradizione cristiana nell’infanzia, nelle famiglie, nella società. Spesso lo abbiamo fatto con il limite di dover incarnare qualcosa di trasmesso, un limite
che è in larga misura da addebitare a un ordine ecclesiale che, le donne, le ha volutamente tenute fuori. Percorriamo linguaggi nella maggioranza dei casi già codificati, e non ci sentiamo ancora del tutto legittimate a far agire, nel presente nostro e delle nostre chiese, quella forza che trasforma e trascina, scandalizza e provoca, rendendo possibili nuovi orizzonti.
Oggi più che mai le riflessioni di Martini sono a nostra disposizione, forti di un’immutata tensione creativa, se vogliamo prendere sul serio le parole di papa Francesco di ritorno dal Brasile, e recentemente riformulate nell’intervista a Civiltà Cattolica, sulle donne. L’iterazione dell’argomento segnala un’attenzione che lascia ben sperare. La dirompente parabola del pontificato di papa Francesco – gli audaci richiami alla pace contro ogni volgare interesse guerrafondaio, l’esigente pastorale missionaria che rifugge la «moltitudine di dottrine da imporre con insistenza», il desiderio di una giustizia riconoscibile nella ridistribuzione delle ricchezze (suggestiva l’immagine della «teologia dello scarto» coniata da Raniero La Valle), la postura di prossimità fisica agli ultimi, siano essi nelle carceri, a Lampedusa o fra i disoccupati della Sardegna, a partire dalle stesse forme di una nuova povertà della Chiesa – trascina con sé un’ondata di entusiasmo incredulo e contagioso. L’inusitata simbologia dei gesti e i messaggi dal centro ultramillenario di Roma provengono davvero «dall’altra parte del mondo», con una brezza che rinfresca l’aria e apre indispensabili orizzonti. In un mondo sfigurato dalla disuguaglianza e dall’idolatria del profitto, in una Chiesa appesantita da contraddizioni e decenni di clericalismo, Dio solo sa quanto benefica sia questa folata di vento nuovo.
Un confronto necessario con
a) LE dirette PAROLE
DI PAPA FRANCESCO
Una Chiesa senza le donne è come il Collegio Apostolico senza Maria. Il ruolo della donna nella Chiesa non è soltanto la maternità, la mamma di famiglia, ma è più forte: è proprio l’icona della Vergine, della Madonna; quella che aiuta a crescere la Chiesa! Ma pensate che la Madonna è più importante
degli Apostoli! È più importante! La Chiesa è femminile: è Chiesa, è sposa, è madre.
b) L’ORIZZONTE DI GIOVANNI XXIII
Giovanni XXIII nella Pacem in Terris (1963) si riferiva alla DONNA SEGNO DEI TEMPI,
presenza storica nella nuova scena mondiale che faceva il suo ingresso nella vita pubblica, con un’influenza, un irradiamento, un potere finora mai raggiunto, e una coscienza sempre più chiara ed operante della sua dignità. Quella coscienza di sé, pur sotto costante assedio, è un dato sociologico consolidato ormai dall’esperienza di generazioni. Non si può non tenerne conto nella CRISI DEL MODELLO ANDROCENTRICO.
c) donne teologhe dalla visione laica
Marinella Perroni, teologa biblista, fa notare:
non si può cadere nella trappola di considerare e far considerare il sacerdozio femminile come l’unica questione rilevante per la ricerca teologica delle donne. La posta in palio è l’altro e la sua differenza. L’altra che, con la sua differenza, consente alla comunità dei credenti di crescere in consapevolezza e comprendere il profilo della propria identità. I racconti evangelici lo spiegano bene. Nei Vangeli non c’è un discorso sulla donna, ci sono individualità femminili che, con storie diverse e spesso contrastate, incontrano Gesù nella materialità della propria esistenza … Eccola qui la ‘teologia della donna’ come l’abbiamo vista fin qui, noi donne credenti. Non ci esalta la prospettiva di farne una nuova. Soprattutto se a determinarla saranno, ancora una volta, gli uomini. … Se Francesco è risultato di questa sapienza [femminile], a lui chiediamo il coraggio di «scelte rischiose, come Chiesa: di uomini e donne.
Katie Grimes, teologa statunitense [ci trasportiamo in un articolo da ADISTA n° 33 del 28/9/2013]:
Io non biasimo la mancanza di questa “teologia delle donne”, ma il fatto che tanti rappresentanti della Chiesa la considerino necessaria … Gli autori del Magistero hanno anche utilizzato la parola “uomini” per indicare l’intera specie umana: le donne possono essere uomini, ma gli uomini non possono mai essere donne. Le donne non sono mai il metro di paragone, rappresentano l'eccezione. Ciò vale per tutti i gruppi socialmente potenti. Ad esempio, negli Stati Uniti, i tradizionali opinionisti hanno sempre fatto riferimento alla costante supremazia bianca nel Paese non come al “problema bianco”, ma come al “problema nero”, o alla “questione razziale”. Allora come oggi, il fatto di essere bianco appare normativo, scontato e subliminale. Solo i neri devono spiegarsi. Invece di chiedere una «vera e profonda teologia delle donne», avrei preferito che il papa invocasse una critica più incisiva del sessismo, della misoginia e dell’androcentrismo. Invece di una teologia più profonda delle donne, avrei voluto che riconoscesse la necessità di più teologia fatta dalle donne. … Le autorità cattoliche non hanno mai trovato questo problema così complicato. Tommaso d'Aquino ha dedicato una sola quaestio (ST 92 I.) in tutta la sua Summa alla discussione esplicita sulle donne. Ha parlato più spesso degli angeli che della “donna”. Nel suo libro del 2010, In cielo e in terra, l’allora cardinal Bergoglio ha descritto perfettamente questa linea di pensiero:
La tradizione fondata teologicamente vuole che ciò che è sacerdotale passi per l'uomo. La donna ha un'altra funzione nel cristianesimo, riflessa nella figura di Marta. È colei che accoglie, colei che contiene, la madre della comunità. La donna ha il dono della maternità, della tenerezza: se tutte queste ricchezze non si integrano, una comunità religiosa si trasforma in una società non solo maschilista, ma anche austera, dura ed erroneamente sacralizzata. Il fatto che la donna non possa esercitare il sacerdozio non significa che valga meno dell'uomo. Nella nostra concezione, in realtà, la Vergine Maria è superiore agli apostoli. Secondo un monaco del II secolo, tra i cristiani esistono tre dimensioni femminili: Maria, come madre del Signore, la Chiesa e l'Anima. La presenza femminile nella Chiesa non è stata sottolineata molto perché la tentazione del maschilismo non ha permesso di dare visibilità al ruolo che spetta alle donne nella comunità.
d) donne di mentalità laica
(29 Settembre 2013) Nel FESTIVALFILOSOFIA hanno preso la parola:
a) Chiara Saraceno, sociologa:
non sempre la famiglia standard coincide con la famiglia delle relazioni e che ormai AMARE oggi pone nuove domande, nuove richieste e richieste di nuovi spazi…. gli studi antropologici ci hanno rivelato che la storia umana presenta un grande repertorio di costruzione della famiglia. Innanzitutto la famiglia non esiste in natura, esiste nella società rappresentata nelle varie culture e nei vari gruppi. La famiglia costituisce anche un parametro per la “misurazione” del mutamento della società che è passata dalla necessità fisiologica della riproduzione all’idea dell‘individuo fondante la famiglia. I modi di fare famiglia in Occidente pongono con forza l’esigenza di definire e di ri-definire la famiglia e i modi di riconoscerla specie in Italia dove vige l’ETERONORMATIVA … Un altro fenomeno legato all’assunzione del valore dell’amore fondante famiglia è la messa in discussione dell’eterosessualità - che determina l’eteronormalità alla base della famiglia - perché sostituendosi a quello della riproduzione ne modifica sostanzialmente le regole … Non la Natura, quindi, ma la regola…. la famiglia non si esaurisce nella coppia.
b) Silvia Vegetti Finzi sul tema La famiglia e l'Occidente
Se l’amore eterno non esiste più perché è meglio giocare per non perdere, perché rifiutare l’atto formale? E’ solo l’ottica consumistica che per sentirci vivi ci ha fatto sostituire l’erotismo all’amore, il piacere alla sessualità? Eros è solo secrezione ormonale? Chi sa parlare d’amore? Se il partner è come un pezzo meccanico e si sostituisce quando la meccanica ormai non funziona perché i ritmi personali non parlano all’unisono, i sentimenti non detti rimangono nell’anima e l’incapacità di vivere l’amore è direttamente legata all’incapacità di accettarne la fine.
La psicanalisi aiuta a riflettere, perciò se la relazione tra i sessi è possesso e potere, allora la violenza nasce dal vuoto di pensiero. Perché la maggior parte della persone finge di essere felice e accetta di parlare solamente dei mali fisici tacendo quelli dell’animo? Eppure il desiderio d’amore nasce e rinasce ad ogni generazione e ad ogni generazione cambia linguaggio. Eppure per crescere sicuri i figli hanno bisogno dell’amore dei genitori. Ecco perché occorre recuperare il senso che fare famiglia comporta anche il dolore della separazione. Se l’amore ci spaventa perché è passione e la radice di passione è pathos, dolore, allora l’indifferenza è il nuovo disumano.
Michelle A. Gonzalez, suora tologa [ci trasportiamo in ncronline.org” del 26 settembre 2013]
Usando la parola machismo, Francesco non sta solo assumendo un atteggiamento critico nei  confronti della gerarchia sociale; ci sta anche ricordando le sue radici latinoamericane. Sta rifiutando tale modo patriarcale ed essenzialista di intendere le donne, che limita la loro piena umanità, così come la piena umanità degli uomini, riducendoli a stereotipi di genere. Francesco non assume un atteggiamento sprezzante verso il coro delle donne che a livello popolare, pastorale ed  accademico hanno per anni implorato la chiesa di essere più aperta alla nozione di autorità femminile nella chiesa. Rifiutare il machismo significa rifiutare il patriarcato e la sua struttura limitata relativamente all'autorità e alla voce delle donne. Francesco ci chiama ad un dialogo più profondo sull'autorità femminile basata su una teologia della donna. Questo porterà, sembra suggerire, a trovare un ruolo di autorità per le donne … L'altra sera discutevo dell'intervista del papa con alcuni amici, in particolare tenendo conto delle mie opinioni teologiche. Ho chiesto: “Che cosa deve fare una teologa cattolica femminista quando è d'accordo col papa sul genere?” Ho ricevuto una serie di risposte, la maggior parte in tono umoristico. Tuttavia, scherzi a parte, ciò che mi è rimasto è la speranza. Posso sperare che questo sia un nuovo principio nella storia della chiesa, una chiesa in cui tutti siamo invitati a dialogare insieme. Si tratta di un dialogo tra teologi, laici, vescovi, papa, nonne e giovani, perché siamo il popolo di Dio.
Con quest’ultima frase mi introduco anch’io
non senza sussiego
NOTA PERSONALE
Sarà vero: le fonti a cui attingiamo nel nostro Occidente, non riescono a prescindere dal confronto con la chiesa, e chiedo scusa se parlo in particolare di quella cattolica. Come fare altrimenti, soprattutto oggi, quando papa Francesco è presenza incontrastata, grazie alla sua disponibilità -a tutto tondo- al dialogo a livello globale?
Proprio or ora, in questa GIORNATA DELLA FAMIGLIA, piazza San Pietro ha visto radunate famiglie di ogni luogo e anche di fedi diverse.
Forse aveva ragione Benedetto Croce: non possiamo non dirci cristiani [con la variante cattolici?].
Ma la cosa ad una marziana come me, costretta a vivere nel pianeta terra almeno per un altro po’, può non andare giù del tutto.
Se lo spirito di Giovani XXIII aleggia in papa Francesco, c’è da aver fiducia che il parlare di noi donne-di-qualsiasi-risma possa tenere in conto la possibilità di un trapasso ad un’epoca di CRISI DEL MODELLO ANDROCENTRICO, al di là di quello che si propone lo stesso papa attuale. Perché non diamo mano noi stesse alla questione femminile nel suo complesso sotto questa angolatura?
Sono lontana le mille miglia dal pretendere che ciò debba essere fatto dalle donne soltanto. La rivista Prospettiva Persona realizza già questa sinergia uomo-donna nella visione delle cose.
Ne parleremo ancora.


  

Donne chiesa mondo-laico

giovedì 24 ottobre 2013

poliitci e giornalisti parlano troppo

Dal sito di Matteo Renzi
Faccia a faccia, strettamente privato, tra il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, oggi a Firenze, e il sindaco della città e candidato alla segreteria del Pd Matteo Renzi. Il colloquio tra i due, secondo quanto si apprende, è avvenuto nell’appartamento della Prefettura fiorentina, dove il capo dello Stato è ospite a pranzo.
Riserbo da entrambe le parti sui contenuti del colloquio dopo che nelle settimane scorse Renzi ha espresso perplessità sull’ipotesi di amnistia richiamata da Napolitano nel suo messaggio alle Camere come una delle soluzioni e delle strade per risolvere l’emergenza delle carceri.
Dopo il colloquio il sindaco ha lasciato palazzo Medici Riccardi senza rilasciare alcuna dichiarazione. Il presidente e il sindaco si vedranno di nuovo, alle 16, all’assemblea dell’Anci alla fortezza da Basso alla quale entrambi partecipano. Non è previsto, al momento, un discorso del capo dello Stato che invece ascolterà la relazione del presidente dell’associazione Piero Fassino e dei vari rappresentanti dei Comuni italiani.


Ho lasciato un commento:

Ieri sera ad otto e mezzo Quagliarello è stato letteralmente assediato da Lilli Gruber e dal giornalista de L'Espresso. Così non va. Tu, Matteo, raddoppia la pazienza nell'ascoltare e nell'esporre pacatamente le tue idee.
Ausilia Riggi (residente a Grugliaso-TO)

mercoledì 23 ottobre 2013

appuntamento interessante

Ricevo e trasmetto da

LA CONFERENZA MONDIALE
UN GRANDE EVENTO INTERNAZIONALE A MILANO

La Conferenza Mondiale Science for Peace è un dibattito internazionale che si svolge ogni anno, in collaborazione con l’Università Bocconi, per analizzare le cause all’origine dei conflitti e proporre soluzioni concrete per il loro superamento.
Nel 2013 la Conferenza Mondiale giunge alla sua quinta edizione con un programma tutto dedicato all'Europa; l'appuntamento è per il 15 e 16 Novembre 2013 a Milano, presso l'Aula Magna dell'Università Bocconi.
Tanti i temi al centro del dibattito: la rinascita dei nazionalismi, il difficile percorso verso il Federalismo Europeo, un focus sulla Politica Agricola Comune, il complesso rapporto tra Scienza e Fede, la situazione europea circa le spese militari, la comparazione tra i sistemi giudiziari e carcerari in Europa.
La Conferenza mondiale è realizzata in collaborazione con l'Università Bocconi.




sabato 19 ottobre 2013

Donne propositive?

Sottopongo a chi legge questo contributo della Campari perché tutti, uomini e donne, possiamo riflettere. Le parti che hanno i caratteri più grandi costituiscono l’enucleazione dei temi fondamentali.
Da parte mia voglio esprimere soltanto una nota:
noi donne di una certa cultura ‘femminista’, alla pari con non-pochi uomini di ‘cervello fino’, sappiamo fare delle belle analisi. Ho presente, questo momento, il modo di esprimersi di Cuperlo ieri sera intervistato da Fazio: tutto perfetto il sogno che progetta per il Pd. Ma: non si cambia una mentalità, come non si guida un partito, con i piani lungimiranti. E mi metto nei panni della gente comune (oh la gente comune!...).
Io stessa, ad esempio, molto spesso, dopo avere spaziato nei miei approfondimenti (soprattutto sul vangelo), torno al quotidiano e parlo con chi vuole comunicare con me: è come trasferirmi dall’alto dei cieli agli abissi del dolore bruciante dei bisogni fondamentali. E provo sconcerto: il diaframma non potrebbe essere più lacerante.
Ma allora che fare se non ridurre la portata di questo diaframma?
Anche io ho le mie più banali necessità, tanto da cercare di trasferirmi un po’ (date le mie condizioni di relegata su un letto) dentro un orizzonte –come dire?- meno serioso. La televisione, ma in parte anche la radio ‘… culturale’ mi ripugna con le sue insistenze ideologiche. L’alternativa che mi resta è: il mondo della fede o il riposo della mente; ebbene di quest’ultimo avrei bisogno più del pane evangelico. Ma la scelta non è facile perché per fare il vuoto della mente ci vuole lo svago; e chi me lo fornisce se non qualche canale meno ideologizzato, senza fare la schifiltosa?
Questo per dire che questo contributo, sintomatico, va ridimensionato alla luce della CONCRETEZZA del vivere-oggi: senza rimpianti per un passato migliore(?) e senza motivi di accusa per il presente (anche per chi si abbarbica alle TV berlusconiane ed al clima da esse prodotto). Panem et circenses: ecco cosa proponeva il mondo romano (e non solo).  
L’ATTACCO ALLA COSTITUZIONE AVVIATO
CON LA “DEROGA” ALL’ART. 138
NON È UN FULMINE A CIEL SERENO
LA COSTITUZIONE E NOI di Maria Grazia Campari 18|09|13
Penso che le femministe debbano assumersi la responsabilità di partecipare, di rimettere in moto un processo democratico allargato praticando conflittualità contro l’assetto presente, decostruendo il diritto nominale di partecipazione in favore di una effettività capace di indurre nelle regole dell’ordinamento il segno di valore di ogni differente essere umano.
L’attacco alla Costituzione avviato con la “deroga”all’art. 138 (sull’iter di modifica delle sue norme), non è un fulmine a ciel sereno.
Non occorre essere giuriste esperte di diritto costituzionale, per interrogarsi, e in alcune lo facciamo da tempo, su come difenderci dalla manomissione surrettizia dei valori cardine della nostra Costituzione. 
Nel difenderla, consideriamo di difendere noi stesse. Ci è sembrato e ci sembra un modo di operare per il consolidamento di spazi di libertà e di opportunità acquisiti, da arricchire e ampliare attraverso un’azione politica mirata.
A cominciare dall’art.1 della Costituzione che proclama che il nostro ordinamento è democratico e fondato sul lavoro, quindi valorizza la partecipazione in regime di eguaglianza e conferisce dignità al soggetto che lavora e non tollera mercificazioni di sé nel mercato. 
E’ chiaro che l’espressione negli intenti dei costituenti era ben lungi dal ricomprendere le donne al lavoro (come chiaramente si deduce dall’art. 37 della stessa Costituzione), ma altrettanto è chiaro, secondo molte di noi, che la tenuta di una legge quadro che fa del soggetto libero ed eguale il suo pilastro, avrebbe finito col ricomprenderci autorizzando un conflitto politico finalizzato.
Abbiamo dovuto constatare che negli ultimi anni questi valori sono smentiti dal modello sociale che pratica la supremazia dei mercati, che concentra la ricchezza nelle mani di una percentuale sempre più ristretta di persone ai danni della stragrande maggioranza degli altri, ridotti in povertà, che trasforma il lavoro in precariato, che riduce i diritti sociali e le opportunità culturali, che blocca l’ascensore sociale riservando i piani alti a ristrette oligarchie che dominano la scena politica italiana, europea, mondiale.
Queste ineguaglianze sociali senza apparente via di uscita, da anni mettono a rischio la democrazia partecipata in favore di una cittadinanza censitaria ove i diritti non sono universalmente garantiti, ma distribuiti in modo difforme che dipende dalle risorse disponibili da ognuno per acquisirli.
La logica mercantile che viene presentata come legge ineluttabile erode in modo silenzioso i pilastri della “società giusta che la Costituzione ci indica” (cito dal manifesto “La via maestra”).
Con l’attuale governo di larghe intese, scelto impropriamente dal Presidente della Repubblica impropriamente rieletto e non dai cittadini attraverso rappresentanti liberamente eletti, l’attacco si è fatto diretto e si manifesta attraverso la volontà esplicita di modificare gran parte della Costituzione, ciò che rende necessaria un’azione di popolo per porvi freno.
Secondo me, ci si presenta l’occasione (da cogliere) per rovesciare anche il riformismo neoliberale a conduzione bipartisan che ci affligge da anni e mi auguro che la partecipazione del sindacato (FIOM, SPI CGIL, salvo altri) abbia il senso di imboccare finalmente con decisione questa strada.
Cito sempre dal manifesto “ La via maestra ”: “La difesa della Costituzione è innanzitutto la promozione di un’idea di società divergente da quella di coloro che hanno operato finora tacitamente per svuotarla e ora operano per manometterla formalmente”.
Dal mio punto di vista, difenderla significa portare i valori affermati ad ulteriori effetti attraverso un’opera di parziale modificazione di senso che la adeguino senza aporie ai principi fondamentali in essa contenuti. In primo luogo bisogna contrastare il consolidamento del potere nelle mani di una oligarchia ristretta e curare la compiutezza e l’estensione dei diritti di cittadinanza. 
Mi soffermo su questo aspetto che è quello maggiormente attinente al progetto di controriforma costituzionale.
Non è da oggi che la democrazia italiana si manifesta come a-partecipata, corrosa alle fondamenta da forme oligarchiche di rappresentanza, pur mantenendo formalmente il medesimo assetto costituzionale.
 Non è quindi per caso che le critiche ricorrenti sia a destra che a sinistra esitino ora nel tentativo aperto di scardinarne l’assetto in favore di una governabilità che mira alla concentrazione dei poteri nell’esecutivo e allo svilimento ulteriore del ruolo del Parlamento, già attualmente “carente di legalità costituzionale” (espressione di G. Zagrebelsky) a causa della legge elettorale.
Secondo me la situazione attuale mostra gli esiti di un peccato originale: la esclusione di fatto di una gran parte della cittadinanza dalla gestione della cosa pubblica.
Mi riferisco alla quasi totale assenza femminile dallo spazio pubblico, dall’esercizio compiuto ed effettivo del diritto di cittadinanza. Un’assenza che, secondo me, determina debolezza politica e sociale.
La cittadinanza giuridica formale è assicurata alle donne, ma la carenza di cittadinanza politica (la evidente povertà di presenza nelle istituzioni rappresentative) mette continuamente a repentaglio autodeterminazione e persino diritti della personalità della metà del genere umano.
Questo è il risultato di una condizione di esclusione cui concorrono pratiche istituzionali, definizioni giuridiche, interessi economici. Un dato da non sottovalutare è, infatti, il vantaggio maschile.
Non pare opportuno tenere il discorso su un piano di disinteressata superiorità, poiché tale atteggiamento è spesso foriero di miseria materiale e anche simbolica.
Occorre prendere in attenta considerazione il piano materiale. Su questo piano, è palese il guadagno che dalla debolezza politica e sociale femminile consegue agli uomini, anche ai meno dotati: servizi alla persona, cura delle relazioni, eliminazione di concorrenza per posti di potere e di danaro. Con questo esito evidente: il sistema così strutturato tende incessantemente a ridurre la donna a una condizione pre-giuridica dove è fatalmente dominata dalla legge creata dall’altro, priva della reale possibilità di modificare le regole del vivere associato.
Sembra, allora, necessario partire dalla tradizionale esclusione femminile dal governo della cosa pubblica per incardinare un conflitto per la partecipazione che è l’unico modo di garantire universalità ai diritti per tutti. Colmare lacune di effettività nella cittadinanza passando dalla cittadinanza giuridica a quella politica, non vuol dire, secondo me, impegnare le donne nel fornire ossigeno a una democrazia ormai comatosa, ma dare corso a pratica e pensiero differenti, capaci di modificarne radicalmente l’orizzonte.
Divenire parte significativa del soggetto costituente della democrazia significa, in prima istanza, contrastare esclusione e violenza contro le donne, segregate in ruoli tradizionali di erogatrici di servizi. (Vi è una violenza implicita nella esclusione delle donne dallo spazio pubblico e dal potere di prendere le decisioni che contano, un implicito giudizio svalorizzante che considero condizione predisponente di ogni violenza manifesta, una sottrazione di democrazia partecipata, quindi una sottrazione di democrazia per la metà del genere umano, quindi per il genere umano complessivamente inteso).
E’ ora più che mai necessario contrastare l’appropriazione del potere decisionale da parte di pochi scelti per cooptazione, che costituisce appropriazione privata della democrazia. Ciò significa allargare il corpo politico come condizione per l’ampliamento di relazioni, di scambi discorsivi che modificano la cittadinanza, la rendono plurima, condivisa fra differenti.
Ancora oggi, nel corpo sovrano autonormante (cioè fra i titolari dei diritti di cittadinanza) non tutti sono membri a pieno titolo.
Vi sono alcuni che, pur residenti nel territorio, non godono a pieno titolo dei diritti di appartenenza al corpo politico e al progetto di cittadinanza:
Le donne e tutti coloro che a causa di un significativo criterio identitario, non rispondono ai requisiti in base ai quali il popolo riconosce se stesso: provengono da altri territori, appartengono ad altre etnie. Anch’essi non partecipano alla elaborazione delle regole che presiedono alla convivenza: sono soggetti eteronormati, estraniati dalla ricerca del bene comune, deresponsabilizzati.
Occorre, allora, individuare misure capaci di favorire l’accesso allargato allo spazio pubblico, dare a ciascun soggetto libertà e responsabilità nel mondo, là dove ognuno diviene visibile e udibile (H. Arendt Il diritto di avere diritti).

Il compito prioritario della democrazia partecipata, potrebbe essere quello di mettere in comunicazione esperienze diversificate per fondare una cittadinanza plurisoggettiva e cosmopolita, destinata a creare un apparato di regole universali che possano filtrare le differenze senza opprimerle nell’unicità, favorendo il gioco e lo scambio per la modificazione reciproca 
Un sistema politico democratico dovrebbe curare che le persone non partecipino solo come votanti, ma come agenti delle proprie esperienze, ragioni e desideri, come responsabili di decisioni collettive condivise.
La democratizzazione delle istituzioni richiede procedure di allargamento delle sedi di discussione e dei livelli decisionali circa i mezzi e i fini che la società si propone, suppone la riorganizzazione delle regole che riguardano il processo decisionale per estenderle a tutti, sia in termini di produzione che in termini di (convinta) osservanza.
Ognuno vede che oggi non è così.
La situazione attuale si segnala, anche (o soprattutto) in conseguenza del peccato originale di cui abbiamo detto, per una esclusione sempre più ampia dai diritti di cittadinanza:
il piano inclinato della negazione coinvolge, dopo le donne e lo straniero, tutti quanti. Prova ne è la legge elettorale giustamente definita “porcellum”
che nega a tutti i cittadini il diritto costituzionale di scegliere liberamente i propri rappresentanti in Parlamento. Che è anticostituzionale e dovrebbe da gran tempo essere modificata, ma, pur figurando in vari programmi elettorali e di governo, resta inesorabilmente collocata nelle retrovie delle azioni “riformatrici”.
Il principio discende dall’art. 1 c. 2 della Costituzione (“la sovranità appartiene al popolo”) che lo precisa all’art. 48 (“Il voto è personale ed eguale, libero e segreto…..Il diritto di voto non può essere limitato se non per incapacità civile…” ).
Inoltre deputati e senatori sono eletti per suffragio universale e diretto (art. 56 e 58 Costituzione).
Il principio costituzionale di rappresentanza diretta significa che l’esercizio del diritto di voto non può essere delegato né ceduto ad altri.
Il sistema introdotto dall’attuale legge elettorale ha sottratto ai cittadini la possibilità di esprimere la propria preferenza per un candidato: la lista bloccata e l’ordine di elencazione rimette la scelta e la possibilità di conseguire la carica, di fatto, alle segreterie dei Partiti. Con conseguenze gravissime: la sudditanza dei nominati/eletti verso i selezionatori ha sostituito la responsabilità politica verso i cittadini, con esiti purtroppo devastanti, come è ben noto. La rappresentanza è sostituita dalla rappresentazione della politica spettacolo: una “classe dirigente” più abituata ai talk show televisivi che ai conflitti parlamentari, più all’uso del pulsante che alla elaborazione legislativa, più alla fiducia acritica che al confronto di idee.
Lo spazio pubblico è occupato da una classe politica maschile in via esclusiva, un’esclusiva che mortifica competenza, intelligenza delle relazioni, differenza, critica dell’esistente, ciò che nega il merito e ci conduce al peggio.
La polis a sesso unico ha avuto come esito prevedibile l’occupazione delle istituzioni (non più rappresentative) ad opera di apparati a leader unico, quindi la gestione a uno o a pochi delle esistenze di milioni di individui, soggetti a decisioni altrui, prese senza la loro, ormai superflua, partecipazione.
Ci troviamo in un autentico ginepraio - dal quale non sarà facile trovare vie di uscita – una situazione che non è stata promossa dalle donne, ma si è realizzata anche grazie a indubbie complicità femminili.

In questa situazione, non deve essere consentito a costoro di modificare l’ordinamento giuridico che ci ricomprende tutti.
A mio parere, un passo significativo va compiuto verso la democrazia partecipata dei due sessi, una democrazia che attui la pretesa di auto rappresentanza di tutti i soggetti, che elimini la marginalità delle donne nella sfera pubblica e le renda co-produttrici delle regole che governano il vivere associato.
Oggi più che mai è necessario coltivare il patriottismo costituzionale che significa battersi per l’effettività dei suoi principi che prevedono la possibilità concreta di sviluppo delle capacità umane di tutti i soggetti, di qualunque sesso o razza, avendo come modello l’idea di una vita degna. Farò alcuni esempi che mi sembrano interessanti per la modifica/attuazione progressiva della Costituzione.

La regolamentazione dell’istituto famigliare degli articoli 29 e 31 della Costituzione richiederebbe una profonda ristrutturazione poiché le previsioni ivi contenute sono fortemente imitatrici della autodeterminazione femminile, quindi incompatibili con i valori dei primi tre articoli della Carta.
Il concetto di famiglia che manifestano interferisce pesantemente in termini negativi con la concezione di partecipazione attiva femminile alla cittadinanza.
La previsione esplicita è che l’eguaglianza morale e giuridica fra i soggetti possa essere limitata in favore dell’unità famigliare. Espressione che allude alla priorità decisionale conferita al marito, che esita nell’unicità del soggetto titolato ad essere in comunicazione con la sfera politico sociale.
La responsabilità dell’uomo nella sfera pubblica riguarda, quindi, secondo queste regole, lui stesso come cittadino in prima persona e, in più, sempre lui come rappresentante della sua cellula famigliare.
Ciò toglie soggettività ai membri di questa istituzione e in particolare alla donna, per tutto il tempo dell’appartenenza.
L’ideologia della famiglia conferisce alla cittadinanza tratteggiata nella Costituzione una dimensione sessuata maschile che sarebbe improprio mettere in ombra.
Qui appare in trasparenza la costituzione materiale di stampo patriarcale che nega l’eguaglianza proclamata come universale nei precedenti art. 2 e 3 della stessa Carta.
La natura di patto prevalentemente improntato a una socialità esclusivamente maschile
Si evidenzia anche nel sistema degli artt. 36 e 37 della Costituzione, che rispondono alla stessa logica familistica e certificano lo scandalo, tuttora esistente, della divisione sessista del lavoro di cura e per il mercato, cui consegue la ineguaglianza fra i generi sul piano della giustizia sociale. Anche questi articoli necessitano di revisione che attui i valori fondamentali.
Inoltre, l’art. 13 della Costituzione, alla luce dell’esperienza storica, dovrebbe contenere l’affermazione esplicita che la libertà personale va intesa come inviolabilità del corpo e dell’autodeterminazione riproduttiva femminile, contro ogni tentativo di attribuzione di personalità o capacità giuridica all’embrione fin dal concepimento. (L. 40/2003). Ciò che mi pare strettamente connesso alla radicale ristrutturazione dell’art. 29, già menzionato.
Anche l’art. 32 che tutela la salute come bene primario del singolo e interesse fondamentale della collettività, dovrebbe esplicitare una funzione da baluardo per la libera autodeterminazione riproduttiva.
L’art. 35 dovrebbe contenere la previsione di tutela per il lavoro produttivo e per quello di riproduzione sociale in tutte le sue forme.
L’art. 36 dovrebbe tralasciare qualsiasi riferimento al sostentamento della famiglia e prendere piuttosto in considerazione, le persone economicamente dipendenti dalla lavoratrice o dal lavoratore.
L’art. 37 dovrebbe tralasciare ogni riferimento alla funzione famigliare della donna lavoratrice e menzionare, invece, misure di effettività per la partecipazione al lavoro dei due soggetti sessuati.
La Costituzione del 1948 domanda interventi di attuazione e miglioramento progressista in termini di allargamento della partecipazione alla res publica. Il contrario del restringimento nel governo oligarchico che si tenta di approntare.
Il compito di contrastare la deriva autoritaria e anticostituzionale in atto spetta, secondo me, a tutte le forze progressiste e ai movimenti, in particolare, a quello femminista.
Penso che le femministe debbano assumersi la responsabilità di partecipare, di rimettere in moto un processo democratico allargato praticando conflittualità contro l’assetto presente, decostruendo il diritto nominale di partecipazione in favore di una effettività capace di indurre nelle regole dell’ordinamento il segno di valore di ogni differente essere umano.
Concludendo, è necessario agire conflitti fra loro coordinati capaci di scuotere la cornice obbligante nella quale ci troviamo, contrastarla collettivamente ponendo riparo al danno sociale che consegue alla dispersione nell’individualismo, dare risposte adeguate anche e prioritariamente ai gravi problemi di ingiustizia sociale che stanno affossando ogni parvenza di democrazia partecipata e inclusiva.
18|09|13



venerdì 18 ottobre 2013

L'opportunità di aiutare

Ricevo da due amiche, oggi come altre volte, il Notiziario di Opportunanda e ve ne faccio partecipi.
Sono convinta che per realizzare un po’ di bene a favore degli emarginati bisogna usare vie non-improvvisate: una di queste è Opportunanda, Associazione a favore de I-senza-tetto
Ecco le sue coordinate per collegarsi:
ASSOCIAZIONE OPPORTUNANDA Via Sant’Anselmo 21 - 10125 Torino
Centro Diurno: Via Sant’Anselmo 28
Tel./Fax 011-6507306 Sito: www.opportunanda.it e-mail : segreteria@opportunanda.it
Cod.Fisc. 97560450013 - conto corrente postale 29797107
IBAN IT59O076 0101 0000 0002 9797 107
Stralci dalla News
CASA O DIMORA?
Come tema del numero 8 di FATTI E PAROLE, il Notiziario dell’Associazione Opportunanda, abbiamo scelto LA CASA.
Perché Casa? Forse sarebbe più adatto parlare di “dimora” che mi pare esprima meglio il luogo in cui si vive permanentemente. In ogni caso, parliamo di qualcosa di stabile, del posto dove conserviamo quanto possediamo, dove dormiamo, dove prendiamo i pasti, dove riceviamo gli amici, dove passiamo buona parte del nostro tempo libero. Certe dimore sanno esprimere la personalità e il carattere di chi le abita, sanno essere fredde o calde, chiuse o accoglienti, tetre o allegre, ci danno il senso del possesso, potrei dire di una ricchezza.
A Opportunanda ci occupiamo de I senza dimora, persone che hanno perso tutto quanto detto sopra, e sono state costrette alla strada, alla povertà, a una serie infinita di difficoltà. Che cosa rimane loro? Il dormitorio, la mensa, i centri diurni, qualcuno che li ospita per qualche ora, ma la dimora non più. Ci sarebbe da raccontare una lunga serie di storie, così capiremmo meglio, con indulgenza e solidarietà e ci sentiremmo ben fortunati, noi che viviamo in comode e calde case con tutti i comfort. E ci aumenterebbe la voglia di condividere con generosità e commozione…
ANEDDOTI
a) Nella convivenza femminile di via Canova (TO) siamo stati costretti per anni a mantenere una situazione anomala.
In genere la permanenza in convivenza ha una durata breve, ma nel caso di F. si è protratta per sei anni a causa di una situazione particolarmente difficile che rendeva impossibile l’assegnazione di un alloggio in casa popolare. Finalmente, nella scorsa estate, tutto si è risolto e abbiamo visto la nostra amica entrare felicemente in un nuovo alloggio che tutti insieme abbiamo arredato con gioia!
b) Una coppia che ama molto Opportunanda ci ha fatto un grosso regalo. Avendo avuto l’occasione di acquistare un alloggio di due camere e servizi, ha deciso di darlo in comodato a Opportunanda. L’alloggio diventerà con ogni probabilità la sede di una nuova convivenza maschile. Una piccola commissione sta esaminando le modalità per farla partire e così le “convivenze” di Opportunanda diventerebbero quattro.
ACCADE AD OPPORTUNANDA
GITA AL LAGO SERENO
Questo laghetto del Canavese è diventata ormai la meta fissa della nostra gita del mese di giugno. E’ un posticino tranquillo e fresco, con dei bei tavoli al riparo dal sole e da una eventuale pioggia, con possibilità di passeggiare, giocare, cantare, suonare e chiacchierare in amicizia, oltre al piacere di consumare la grigliata e tanti altri bei manicaretti appetitosi. Quest’anno il pranzo è stato preceduto da una interessante visita al Forte di Bard, dalle cui possenti mura abbiamo potuto ammirare il vecchio borgo e la splendida valle con la Dora Baltea. Speriamo di poter mantenere ancora questo appuntamento che è caro a tutti.
………..

Il bollettino continua

mercoledì 16 ottobre 2013

Notìzie e Commenti

Notizie passim. I commenti in colore blu
Patto di stabilità. Un solo passaggio:
Luigi Angeletti segretario generale della Uil: Il governo aveva detto basta ai tagli lineari, annunciando: d'ora in poi solo operazioni chirurgiche sulla p.a. per decidere dove investire e dove tagliare. Cosa c'e' invece di più lineare di bloccare la contrattazione? Colpisce tutti i lavoratori dipendenti, qualsiasi lavoro facciano, qualunque importanza abbia il loro lavoro per la vita dei cittadini. Adesso basta, siamo certamente pronti a proteste molto forti". Anche allo sciopero? Certamente. La rateizzazione della liquidazione inoltre da il senso della disperazione: vanno alla ricerca dei soldi ovunque. E' gravissimo e senza nessun criterio, se la prendono sempre con le stesse persone. Basta
Festival Internazionale del cinema
Roma 8-17 novembre: avrà per testimone Sarà Sabrina Ferilli, che a 49 anni compiuti resta è uno dei sex symbol più amati del cinema italiano di oggi. Un Festival che non poteva esimersi dal rendere omaggio a due leggende nazionali come Giuliano Gemma e Carlo Lizzani, recentemente scomparsi.
Erich Priebke
Non finisce di stupire la vicenda sui suoi funerali.
L'ultimo colpo di scena nella notte. Proprio la bara dell'ex ufficiale delle SS sarebbe stata portata all'aeroporto militare romano di Pratica di Mare. La destinazione è ancora ignota. Non è da escludere un trasferimento all'estero.
Non si placa intanto la rabbia delle associazioni antifasciste, che ieri hanno dovuto respingere l'assalto di 'fanatici' ad Albano Laziale, sede designata per le esequie poi sospese. Gli scontri si sono avuti anche nella tarda serata di ieri. Da segnalare come la giornata odierna è dedicata dalla comunità ebraica romana al ricordo del 16 ottobre del 1943, data in cui si svolse un durissimo e spietato rastrellamento nazista nel ghetto ebraico.
E’ ASSOLUTO IL PRINCIPIO DI LEGALITÀ? No, come tutti i principi che non attingono vigore dalla Sapienza
Non è giusto ritenerlo assoluto se detto da sinistra e contestabile se detto da destra. I criteri validi per tutti riguardano i casi di coscienza, i possibili sfasamenti corporativi, l’evitazione di tanti possibili errori.
Il caso Priebke è particolarmente grave per noi italiani, colpiti dalla strage da lui operata, ma non mi convince se affermato con violenza da una parte sola. Chi può negare con certezza che P. non volesse ubbidire alla sua legge (sia pure feroce e infame)?    
Matteo Renzi
Le parole chiave su sui si basa il suo programma: FUTURO, CORAGGIO, STRADA, GLI ITALIANI, VINCERE, BRAVI, SEMPLICITÀ. Lo slogan riassuntivo: L’ITALIA CAMBIA VERSO.
Povero Renzi, vaso di terracotta che viaggia assieme a vasi di piombo. Farebbe meglio a tentare un’altra via, come fa, dall’altra parte, Giorgia Meloni: non rinnega la destra, ma se ne dissocia. Il discorso andrebbe approfondito, non spacciato, come si è soliti fare da parte di persone che si esprimono solo da accodate ad un carro.    





martedì 8 ottobre 2013

Per il bene del paese!

Ricevo e trasmetto da L'Huffington Post [dailybrief@huffingtonpost.com]
Le mie note segnalate in rosso
Martedì 8 ottobre 2013
"Sottopongo all'attenzione del Parlamento l'inderogabile necessità di porre fine ad uno stato di cose che ci rende corresponsabili delle violazione contestate all'Italia dalla Corte di Strasburgo" Giorgio Napolitano a pochi mesi dalla sua rielezione al Quirinale ha scelto di inviare al dibattito parlamentare una nota su un tema particolarmente delicato come quello del sovraffollamento delle prigioni e della conseguente necessità di un provvedimento di amnistia o di indulto: "Strumenti necessari - spiega il Presidente nel messaggio - per risolvere la situazione nell'immediato". "Ritengo - aggiunge - che ora di fronte a precisi obblighi di natura costituzionale e a un imperativo morale e giuridico per assicurare lo stato delle carceri sia giunto il momento di rivedere le perplessità sull'adozione di atti di clemenza generale".
Imu, Giorgio Napolitano: "Non sopravvalutiamo le polemiche". Il Pd ritira l'emendamento sulle case di lusso
Naufragio Lampedusa: arrestato uno scafista, secondo i superstiti era il capitano del peschereccio  
Silvio Berlusconi ai servizi sociali? Lele Mora: "Venga da Don Mazzi, raccoglieremo pomodori insieme"  
Blog [Il seguente blog è apertamente ‘di sinistra’. E' cosa ridicola il rifugiarsi nella frase: per il bene del paese, dal momento che è  in bocca a destra e a sinistra. Offro piuttosto le considerazioni di Simone Weil, combattente assoluta nella sinistra, passata alla fase di revisione dell’impostazione sul TEMA DELLA GIUSTIZA attraverso uno sguardo in grado di superare le visioni parziali dei partiti; ecco cosa dice nel suo Manifesto (da leggere per intero!): Quasi ovunque – e spesso anche a proposito di problemi puramente tecnici – l’operazione del prendere partito, del prendere posizione a favore o contro, si è sostituita all’operazione del pensiero. Si tratta di una lebbra che ha avuto origine negli ambienti politici e si è allargata a tutto il Paese fino ad intaccare la quasi totalità del pensiero. Dubitiamo che sia possibile rimediare a questa lebbra, che ci uccide, senza cominciare con la soppressione dei partiti politici.]

Giorgio Cremaschi: Il ventennio berlusconiano continua, ma ha già distrutto la sinistra. Questo è il danno vero del ventennio berlusconiano. La devastazione culturale e politica del campo avverso. Qui ci sono stati i veri guasti, qui c'è stato quello che Pasolini avrebbe chiamato li lucciolicidio. Per liberarsi della eredità berlusconiana che tuttora governa bisogna ricostruire una vera sinistra, che voglia cambiare la società e non amministrarla in nome dello spread.
Myrta Merlino: Angelino da giovane apprendista a democristiano senza scrupoli. Il cammino percorso dal Segretario del PdL è stato abbastanza accidentato e pieno di insidie: la nomina nel 2008 a giovanissimo ministro della Giustizia era una grande occasione, ma anche un'arma a doppio taglio, schiacciato com'era dalle richieste di Berlusconi di nuove leggi ad personam.
Teodoro Andreadis Synghellakis: Ed ora Alba Dorata minaccia i giornalisti. Ad Atene circola con insistenza la voce che in queste ore vengano redatte delle vere e proprie "liste nere" con nomi e cognomi di giornalisti che dovrebbero, nelle intenzioni di questi esaltati, essere sottoposti a trattamenti punitivi da parte degli emuli del nazifascismo.
Don Aldo Antonelli: Cara Lucia, su Berlusconi non sono d'accordo. L'equivoco è che tu ritenga che il procedimento in atto, quello giudiziario e quello politico, costituiscano un accanimento, quando sono, invece, semplici atti dovuti. L'equivoco è che tu possa aver sposato il mantra del Cavaliere che ripete in maniera ossessiva di essere oggetto di pervicace accanimento e di ingiusta persecuzione.
Raffaella Bolini: La Costituzione è di chiunque le obbedisca. Tutti a Roma il 12 ottobre, per cambiare il Paese. Arriveremo a Roma da tante parti d'Italia, sabato prossimo. Da strade diverse, ma tutti sulla via maestra. Quella della Costituzione, della democrazia reale che essa ci comanda, dei diritti realizzati che essa ci prescrive.