mercoledì 13 giugno 2018

Per il Pd di oggi

DA FAR GIUNGERE ALL'EX-MINISTRO MINNITI, A BIANCA BERLINGUER,
Lucia ANNUNZIATA, MARTINA, altri del PD
L'arroganza di essere appartenuti ad un partito da lungo tempo al potere, vi sta dando alla testa nel vedervi soppiantati da due partiti da pochi giorni al potere perché molto votati il 4 Marzo.
Voi pretendete di giudicare ogni piccola o meno piccola azione dei nuovi ministri, mostrando a fior di parole tutto ciò che avete fatto come perfetto rispetto a quello che i nuovi fanno. Giudicate le malefatte di....... pochi giorni!!!
Dov'è il bene dell'Italia? in quello che avete fatto voi.........
Nei dibattiti voi dovete avere ragione, i nuovi torto....
Un solo esempio concreto vi dà torto:
Vedo in TV masse di diseredati  che vivono in baracchette malandate. Lavorano con prezzi da fame, senza i necessari spazi per la pulizia, ecc. ecc. ecc.
Come pretendete definirvi 'bravi' e pretendere di accogliere accogliere accogliere, ospitando (si fa per dire) migliaia di nuovi migranti???
Ma voi ascoltate solo voi stessi e parlate addosso a chi pretende di portare avanti altre ragioni che non siano le vostre...
Inelligenti pauca,  a voi plurima verba! Ausilia Riggi 

mercoledì 30 maggio 2018

FRASI IMBARAZZANTI

Frasi imbarazzanti nei confronti della giornata internazionale della donna, succede ancora
Non è vero che l’uguaglianza tra uomini e donne nei paesi Occidentali sia stata raggiunta

di Elena Manigrasso
Frasi imbarazzanti nei confronti della giornata internazionale della donna, succede ancora Martedi, 22/05/2018 - Spesso ci troviamo di fronte a situazioni imbarazzanti quando qualcuno dichiara apertamente che l’uguaglianza tra uomini e donne, principio tanto atteso sin dalla Rivoluzione Francese, e ahimè così disatteso, nei paesi Occidentali sia stata raggiunta.
Come gruppo “Donne in fermento” si invitano queste persone a leggere la convenzione CEDAW, la quale dichiara con le cifre reali che: “esiste un serio deficit de facto, la libertà della donna è una realtà di diritto ma non “di fatto”; vi è una non piena realizzazione e pratica del principio di pari opportunità/uguaglianza/giustizia tra uomini e donne. Da segnalare anche che ci troviamo di fronte a una forte minimizzazione e giustificazione degli autori di violenza da parte di chi difende alcuni uomini che hanno maltrattato o impedito pari opportunità alle donne con atteggiamenti condizionanti e maltrattanti, a causa di una mancanza di formazione delle figure professionali (polizia, magistratura, avvocatura, scuola). Queste questo quanto emerso dai dati della CEDAW. Purtroppo continuiamo ad ascoltare frasi derisorie nei confronti della giornata internazionale della donna, oppure ne viene minimizzata l’importanza dicendo (anche nei luoghi educativi) che in passato poteva essere utile non oggi: nei paesi Occidentali ormai è un dato di fatto. Girate nel web o su fb e vedrete quanti di questi video ci sono. E si sciorinano una serie di nomi famosi di donne per consolidare la tesi, terminando con la teoria del cervello superiore, di chi ce la fa per la raffinatezza del suo pensiero, per le sue qualità eccellenti. Noi invece di Donne in fermento non vogliamo esaltare il cervello di poche, ma garantire il diritto di tutte. Esaltare e basta ci sembra riduttivo se non pericoloso. Quindi non c’è chi sta sopra e chi sta sotto, né chi domina o è dominato, ma è la testa che fa la differenza direbbero questi videoclip. L’operaia che non ha scritto alcuna teoria che fine fa? Non si capisce. Questi diktat sulla giornata dell’8 marzo terminano dicendo che rivendicare le differenze in questo giorno è frutto di ignoranza. Abbiamo provato a scrivere sul motore di ricerca google “teoria sulla esaltazione delle qualità umane” e il motore risponde in questo modo: voci correlate “Razzismo”. Non c’è altro da aggiungere se non il fatto che anche le compagne di “Non una di meno” si erano accorte che durante i cortei dell’8 marzo vi erano uomini maltrattanti, riconosciuti da molte di loro.
Che ci stanno a fare? Non è quello il loro posto e neanche declamare poesie sulla donna nei reading organizzati è posto per loro. Che almeno avessero la dignità del silenzio, se non hanno quella del pentimento.
Piuttosto che si facessero un percorso formativo sulla violenza di genere e , se non hanno potuto fruire del corso promosso dallo sportello antiviolenza “rompiamo il silenzio” presso il Castello di Palagianello “A Voce Alta” Contro la violenza sulle donne il 18 maggio2018, approfittiamo per indicare quello eccellente dell’Aquila: La violenza maschile contro le donne Temi, forme, linguaggi in una prospettiva storico-culturale21 maggio 2018 Università degli studi dell’Aquila - Dipartimento di Scienze Umane. Oppure seguire laboratori di Daniela Baldassarra presso gli istituti delle scuole tarantine. È una grande opportunità.
Elena Manigrasso di Donne in fermento

lunedì 19 febbraio 2018

STORIE CHE FANNO STORIA


Storie che fa
Il tempo delle storie che fanno la storia

 

di Laura Minguzzi

 

Donne sconosciute e donne famose parlano di sé, senza vergogna, in forza di una leva, che non è quella di Archimede ma che trova il suo punto di appoggio nel passato.

Ricordo che mia zia aveva un talento speciale, possedeva l’arte dell’ascolto attento, empatico. Riusciva a far raccontare a chiunque ciò che non voleva raccontare. Era dell’Udi e abituata alle relazioni privilegiate con altre donne, in primis con le vicine di casa, con cui aveva scambi intensi e assidui. Discutevano di tutto e davano giudizi sul comportamento degli uomini, sui partiti, sugli accadimenti politici. Era operaia specializzata allo zuccherificio Eridania di Mezzano, molto stimata. Io fin da piccola ascoltavo i suoi discorsi e le chiedevo spesso consiglio. Nell’adolescenza lei mi sostenne apertamente nelle mie scelte e a volte mi sollecitava a partecipare a eventi pubblici. Nel 1962 per esempio mi incitò a partecipare alla marcia per la pace, durante la crisi dei missili a Cuba. Fu per me un precedente di forza e di amore femminile. Mi raccontava della sua vita e mi portava esempi di libertà e di radicale anticonformismo. Criticava senza paura, liberamente, mio padre, mio fratello e sosteneva anche le giovani vicine di casa che volevano liberarsi da relazioni infelici con mariti o fidanzati, incoraggiandole come extrema ratio anche a separarsi e, quanto c’è stata la legge, a divorziare per il loro bene, incurante delle reazioni della gente. Ricordo un episodio rivoluzionario per l’epoca: una giovane donna di Camerlona di Ravenna le confidò che aveva una relazione con il prete del paese e lei la approvò pubblicamente, in nome della libertà femminile.

Il tempo delle storie che le donne raccontano è un tempo che non risponde a una periodizzazione strumentale- ideologica, basata su eventi memorabili, di solito guerreschi, ma un tempo che zigzaga dal presente al passato e viceversa, incurante delle convenzioni, che non rispetta il tempo lineare convenzionale. Segue i moti del cuore e dell’anima. È una misura temporale che donne coraggiose e consapevoli hanno deciso di cambiare, facendo svoltare l’orologio della storia. Una svolta che avvantaggia tutte e tutti.

Un cambiamento tanto radicale mia zia non lo poteva immaginare e anzi si stupiva di ricevere apprezzamenti da persone colte e conosciute a vari livelli. La pratica di parola e di ascolto ha prodotto un cambio di civiltà come ho potuto verificare in occasione di una iniziativa pubblica a Ravenna il 19 gennaio 2018, dove sono stata invitata come esponente della Libreria delle donne di Milano. Ho visto un pubblico attento che ha dato molto valore al mio racconto della zia e interessato a comprenderne il senso politico oggi nell’orientare la nostra lettura di ciò che accade alle donne così come la mutata collocazione che nella narrazione storica occupano questi fatti rispetto al sentire del passato.

Trovandomi a Ravenna, mia città natale, ho potuto seguire il processo per femminicidio al dermatologo Cagnoni. Accusato di avere ucciso a bastonate la moglie che lo tradiva, nega tutto. È emerso che prima dell’omicidio aveva organizzato in gran segreto la vendita di tutte le sue proprietà immobiliari con l’intento di impedire alla moglie di godere delle sue ricchezze. Una volontà punitiva che voleva colpire per mezzo del denaro una donna che non lo amava più. Ma forse non lo aveva mai amato, mi dicono le amiche di Ravenna, Marina e Paola dell’Associazione Donne verso il mare aperto, con cui ho parlato e che conoscono a fondo la storia. Paola dice che fu una sorta di matrimonio combinato fra la famiglia Cagnoni, ricca e molto nota a Ravenna, e la famiglia di lei, che si trovava in difficoltà finanziarie. E allora mi si presenta davanti agli occhi l’immagine di una moderna Ifigenia, sacrificata per aiutare la famiglia di origine, che avrebbe accettato di sposarsi non per amore, ma per acconsentire a una richiesta della madre. Questo è quello che sta trapelando dal processo. Che forse lei ha ceduto, spinta dalla necessità, e ha cercato di farselo piacere questo rampollo viziato e abituato al lusso e alla celebrità, ma poi le è capitato di innamorarsi davvero e le è costato la vita. Non so come andrà a finire perché lui è un potente, sostenuto dal padre, da tutto il suo clan, ma il giudizio su di lei non è certo quello che una volta si dava per scontato, che se la fosse cercata. Oggi la sua relazione extraconiugale e la sua volontà di divorziare, che hanno provocato la violenza di lui, sono interpretate come un atto di libertà. Ha voluto seguire il desiderio di un amore libero da costrizioni economico-mercantili e le sue ragioni sono comprese. Piuttosto è su di lui che cade pesante il giudizio della gente comune.

Una città che pensa mi ha dato molta gioia, essendo anche il luogo che ho lasciato quarant’anni fa, ritenendolo invivibile e inospitale per la realizzazione dei miei desideri e per la mia libertà. Non a caso fu proprio mia zia che seppe decifrare la mia insoddisfazione e vide la via che mi portava altrove e mi incoraggiò a perseguirla. Aveva letto giusto nell’orologio del tempo futuro, una vera lettrice del cuore umano.

 

 

(Via Dogana 3, 6 febbraio 2018)

martedì 6 febbraio 2018

Madri surrogate


NOI DONNE


MADRI SURROGATE: A PARTIRE DA ME, CON LA MENTE E COL CUORE

 
La gestazione per altri e le madri surrogate: tra diritti, relazioni e rispetto è un groviglio che ha bisogno di un approccio complesso
Di Rosanna Marcodoppido
Lunedi, 05/02/2018
 
Come si fa a non essere emozionate e ragionare soltanto con la testa di un problema come questo di cui in verità hanno già parlato in tante e tanti... Parafrasando l’espressione gestazione per altri mi è venuto da pensare: oggi mi trovo in un seminario "per altre", cioè in uno spazio di discussione che non dovrebbe riguardarmi, non essendo io alla mia età né produttiva né riproduttiva. Ma sono una femminista che fa politica attiva con l’obiettivo di cambiare radicalmente l’esistente e il suo senso; so che la realtà, tutta la realtà prima o poi mi attraversa, diventa campo di osservazione inevitabile, materia su cui sono obbligata a riflettere.
Credo che il problema delle madri surrogate-utero in affitto-gestazione per altri, groviglio così difficile da districare, abbia bisogno di un approccio complesso e mi fa piacere che oggi l’UDI abbia avviato un discorso multidisciplinare che, dato questo molto importante, avviene in presenza, cioè guardandoci reciprocamente negli occhi all’interno di una comunicazione in cui è presente il corpo e la forza del suo linguaggio. Sono infatti tanti i piani e i soggetti che intersecano le nuove tecniche di procreazione e, nello stesso tempo, sono complessi e contradditori i sentimenti che esse attivano.
Sono una che ragiona in genere a partire da sé: faccio sempre riferimento a me, dentro di me, per tutto quello che succede e di cui si discute. Come femministe con questa stessa modalità abbiamo negli anni passati elaborato riflessioni sulla maternità e sul materno molto ricche e differenziate, in un quadro di riferimento, il venire al mondo e il mettere al mondo, ri-significato alla luce di una nuova coscienza di noi stesse, ma tuttavia rimasto a lungo abbastanza immutato: un nuovo essere nasceva a casa o in ospedale da un corpo di donna, da un suo ovulo fecondato durante un rapporto sessuale.
Ad un certo punto siamo state travolte da questa formidabile accelerazione impressa dalla ricerca scientifica e da una ricca strumentazione tecnologica che hanno aperto imprevisti orizzonti, rendendo non facile la decodificazione delle esperienze in termini di soggettività e di libertà. Ho cominciato anni fa ad interrogarmi con la mente e col cuore su questi nuovi scenari poiché una giovane donna a me molto cara ebbe un tumore che le impedì di avere un secondo figlio da lei tanto desiderato. Ricordo che allora mi sono detta: ma se io fossi fertile e lei mi chiedesse Rosanna, potresti accogliere nel tuo utero un mio ovulo fecondato? certamente avrei potuto rispondere Puoi anche adottare un bambino o una bambina, perché è la prima risposta che viene da dare, visto che ti guardi intorno e sai che esistono tanti minori in attesa di adozione. Ma se lei avesse insistito Io vorrei un figlio mio e me ne avesse spiegato le ragioni profonde, molto probabilmente avrei detto di sì. E poi mi sono chiesta: direi di sì...e quindi avrei per nove lunghi mesi una nuova vita dentro di me. Sono affiorati subito alla memoria i giorni delle mie gravidanze e i miei due parti. Mi sono ricordata di tutto quello che è successo: lo stravolgimento che c’è stato a livello di percezione del mio essere soggetto in trasformazione continua, con il corpo che non mi corrispondeva più, andava per i fatti suoi e si confondeva e fondeva con emozioni nuove e la loro enorme indicibilità. Ricordo il dialogo intimo e oscuro che ogni volta ho intrattenuto col nuovo essere, le paure, il sussulto ai primi suoi movimenti, il sostare a lungo in ascolto dell’ignoto che mi abitava e mi turbava. Infine, poi, i momenti del parto vissuto con le sue ambivalenze tra separazione dolorosa, liberazione, dolore, esaltazione, indefinibile soglia tra vita e morte. Un vissuto intenso, che ha senza dubbio rappresentato l’avvio di un apprendimento per una concezione democratica delle relazioni, come giustamente sostiene la storica Emma Baeri nel suo bellissimo libro Dividua.
 Sì, l’ho capito dopo, si è trattato di un difficile esercizio di democrazia: due corpi, due entità che stavano contemporaneamente nel mio cervello, nel mio respiro, nel mio sangue, nel cibo che ingerivo; la consapevolezza che quell’essere in me con-fuso sarebbe stato per sempre altro da me, insostenibile alterità a cui dovevo fare spazio, dare ascolto, cura e libertà, al di là di tentazioni di possesso e di dominio. Allora mi sono detta: sì, io posso anche dire di sì, lo faccio, però nella convinzione che dopo 9 mesi quell'essere sarà parte della mia storia come io sarò in qualche modo parte della sua, anche a livello genetico, come sembrano dimostrare recenti ricerche. E quando, una volta partorito, avessi dovuto “consegnarlo”, cosa avrei detto alla amica? "Io ti do il mio? tuo? vostro?” Di sicuro mi sarei trovata in una situazione senza senso perché non ha senso parlare di proprietà quando si tratta di un essere umano. E allora il problema che sorgerebbe, semmai, sarebbe un altro: non di chi è ma piuttosto chi di questo nuovo essere si prenderà cura, che vuol dire affetto, accudimento, sostegno psicologico ed economico. E si imporrebbe un’altra cruciale domanda: chi deve essere considerata la madre? Le mie risposte, in questo specifico caso, sono senza tentennamenti. Sul piano simbolico, biologico e affettivo entrambe sono madri. Sul piano giuridico, invece, è madre solo chi se ne assumerà la piena responsabilità in tutte le fasi della vita fino alla maggiore età.
Sto parlando, come vedete, di una particolare tipologia di gestazione per altri che a mio avviso non dovrebbe essere vietata poiché esito di un patto tra donne libere e consenzienti, dentro una rete di relazioni capace di costruire, si spera, una affettuosa, attenta, generosa genitorialità allargata.
Occorre ricordare che nella storia umana sono sempre esistite, anche se non codificate, relazioni di genitorialità e di filiazione complesse, svincolate in vario modo da maternità e paternità biologiche; mi riferisco anche a vere e proprie strutture parentali di alcune comunità ampiamente osservate da varie antropologhe e antropologi. Quello che invece è per me impossibile da accettare è un ragionamento e una pratica che tendono a ridurre la vita umana al solo dato biologico, aprendo così una netta legittimazione per la spersonalizzazione, la mercificazione e lo sfruttamento: al contrario una vita, qualsiasi vita, è la sua storia, le sue emozioni, i suoi bisogni materiali ed affettivi, le sue relazioni.
Resta però il problema di dover comunque fare i conti con gli scenari che le biotecnologie aprono e le nuove sfide che pongono sul piano etico, giuridico, sociale, perfino nella stessa definizione di cosa è mercificazione e cosa è sfruttamento in un tempo – non ce lo dimentichiamo- in cui sembra che il possibile possa sempre coincidere con il lecito e il desiderio con il rifiuto del limite.
Una regolamentazione è necessaria, ma quale? e come arrivarci? Dobbiamo secondo me utilizzare gli strumenti che le elaborazioni e le pratiche femministe ci consegnano, con l’attenzione alle tante differenze che ci attraversano e ragionare da soggetti situati nell'oggi; occorre allargare lo sguardo all’intero e complesso scenario della riproduzione umana, facendo spazio a tutti i soggetti coinvolti e, se è il caso, sospendere temporaneamente il giudizio, mantenendo però sempre al centro la qualità e il valore delle relazioni. Bisogna infatti capire prima di giudicare e per farlo occorre ascoltare. Per quelle della mia generazione è fondamentale l’ascolto delle giovani donne che oggi si trovano in età fertile a vivere questo complicato e contradditorio presente, cercare di capire il senso che danno alla propria esperienza e come, di fronte a tante inedite opportunità, intendono declinare l’autodeterminazione e la libertà femminile.
Si è parlato prima del movimento Non Una Di Meno in termini che non condivido.
Sono da quasi 4 anni nella rete Io decido nata per volontà e passione politica di ragazze che frequentano i centri sociali e che hanno costituito gruppi femministi all'interno di questi luoghi. Non le conoscevo, sono intervenuta alla loro prima assemblea quando tutte queste piccole realtà hanno deciso di fare rete. Sono rimasta con loro convinta come sono che la frammentazione è un dato di debolezza per tutte noi e che ineludibile è il confronto intergenerazionale.
A giugno dell’anno scorso Io decido ha scelto di darsi un obiettivo più ambizioso e, insieme all’UDI e a DIRE, ha dato vita al movimento Non Una Di Meno, presente ormai in tutta Italia. Io continuo a partecipare attivamente alle numerose riunioni che spesso durano fino a tardi durante le quali mi capita di portare, col mio contributo, la testimonianza e i saperi di una storia per loro in parte sconosciuta, visto che il percorso scolastico e le varie agenzie educativo/formative sono ancora pesantemente segnate dalla misoginia di una cultura maschile e maschilista. Nonostante i miei 43 anni di lavoro politico nell’UDI, l’incontro fecondo col femminismo e l’esperienza esaltante dei dieci anni di occupazione dell’ex Buon Pastore oggi Casa Internazionale delle Donne, stando con loro mi si è allargato ancora una volta l’orizzonte.
Non è facile alla mia età stare al passo con una vitalità che non conosce soste e inoltre tende a vivere la politica in termini contrappositivi a prescindere dalla complessità del reale, ma, vi assicuro, lo scambio con loro è per me molto emozionante e stimolante. Mi trovo di fronte a giovani donne che stanno facendo i conti con la precarietà, lavorativa ed esistenziale, con le resistenze di un patriarcato ancora furioso e di un neoliberismo selvaggio, con le cose terribili di cui stavate parlando a proposito di biotecnologie e biopolitica, con il nuovo mercato del lavoro e le sue insensatezze e disumanità. Nelle loro analisi, attraverso una pratica politica orizzontale, prezioso laboratorio di democrazia, cercano di destrutturare e combattere i dispositivi di costruzione sociale dei due generi, gli stereotipi sessisti e la violenza che essi determinano e, nello stesso tempo, lottano contro qualsiasi forma di sfruttamento, ingiustizia, esclusione.
Attraverso un separatismo aperto alle tante differenze si stanno liberando dell’impianto binario e gerarchico del pensiero patriarcale e stanno faticosamente e generosamente tentando di tenere tutto insieme: genere, classe, orientamento sessuale, differenze culturali e religiose. Tutto in una ottica intersezionale e internazionale, in connessione con la realtà LGTB e col femminismo postcoloniale e postcomunista. In questo senso rappresentano un nuovo movimento femminista, un femminismo che io definisco “delle differenze”.
Certamente esistono fragilità teoriche e alcune confusioni e rischi, ma sono rimaste quasi le sole, utilizzando al meglio le nuove tecnologie comunicative, ad occupare di continuo lo spazio pubblico –piazze, sedi di giornali, ospedali, tribunali….- in modo creativo ed efficace, coinvolgendo una pluralità di soggetti. Non hanno ancora affrontato il problema della maternità surrogata, ma quando lo faranno sono sicura che rifletteranno ciascuna a partire da sé, mettendo in pratica quello che dicono di aver imparato dal femminismo. Saranno di certo interlocutrici importanti per un confronto tra donne e tra i generi capace di produrre un nuovo simbolico condiviso, in grado di illuminare e orientare questo nostro difficile presente.

*Intervento al seminario nazionale dell’ Unione Donne in Italia del 18 Marzo 2017 “A proposito di surrogata”. Testo rielaborato sulla base della registrazione audio dell’Udi.

 

Ho mandato un commento alla rivista, ma è subito sparito. Supplisco con quest’altro:

Manca l’interlocutore più importante: il bambino

 

martedì 30 gennaio 2018

Archivio di Noi Donne- PRESENTAZIONE


Noi DONNE

Lunedi, 29/01/2018 - Nasce l’Archivio storico on line di NOIDONNE
Digitalizzati i numeri clandestini del 1944 e 1945

presentazione
Martedì 13 febbraio (ore 17,30 – 19,30)
Camera dei Deputati
Sala del Mappamondo
Piazza Montecitorio, Roma

L’ingresso è possibile solo con prenotazione da segnalare a redazione@noidonne.org entro il 9 febbraio 2018.
Per gli uomini è obbligatorio indossare giacca e cravatta. Info cell 339 5364627


In un sito completamente rinnovato (www.noidonne.org) è nato l’
Archivio storico on line di NOIDONNE, testata storica che dal 1944 ad oggi, con diverse formule editoriali, svolge un ruolo essenziale nel campo dell’ informazione e della cultura.
L’avvio di questa nuova piattaforma avviene con una documentazione eccezionale. Per la prima volta sono messe a disposizione nella rete l’insieme delle edizioni clandestine di Noi Donne pubblicate nel 1944 e 1945 nelle regioni e città dove si combatteva la Lotta di Liberazione dal nazifascismo. La Soprintendenza Archivistica per il Lazio nel 2000 ha riconosciuto l ’Archivio di Noi Donne di notevole interesse storico.

Attraverso un lavoro di ricerca, riordino e digitalizzazione di documentazioni contenute nell’Archivio di NOIDONNE e in altri Fondi archivistici (come la Fondazione Gramsci) si è potuto comporre un quadro completo della presenza di questa testata in una fase molto difficile del nostro paese, dando conto in modo tangibile dell’apporto rilevante dei Gruppi di Difesa della Donna e in generale delle donne nella Resistenza.
Si tratta di fogli ciclostilati o stampati che, nonostante fossero pubblicati e diffusi in condizioni di alto rischio, mostravano tutta la consapevolezza di essere “un giornale delle donne”.

Per meglio cogliere tale peculiarità sono fruibili on line - in una sorta di parallelo - anche le prime edizioni legali di Noi Donne uscite a partire dal luglio 1944 nelle zone che erano via via liberate. L’insieme di questi particolari documenti testimonia una presenza di livello nazionale del giornale e il suo ruolo specifico nel portare informazioni alle donne anche allo scopo di sensibilizzarle circa la fase storica che l’Italia stava attraversando e del loro ruolo. Non a caso la presentazione coincide con il settantesimo anniversario dell’entrata in vigore della nostra Costituzione.

Questo significativo traguardo culturale è stato possibile grazie al supporto della Presidenza del Consiglio dei Ministri (Struttura per gli anniversari di interesse nazionale) che ha sostenuto il progetto di digitalizzazione e realizzazione della piattaforma, e ad un contributo della Fondazione Unipolis.

L’Archivio storico on line di Noi Donne sarà presentato martedì 13 febbraio alle ore 17.30 presso la Camera dei Deputati, nella Sala del Mappamondo.

L’ingresso è possibile solo con prenotazione da segnalare a redazione@noidonne.org entro il 9 febbraio 2018. Per gli uomini è obbligatorio indossare giacca e cravatta. Info cell 339 5364627

 

 

 

 

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martedì 16 gennaio 2018

Per il 20 Gennaio 2l018



Da NOI DONNE



La marcia delle donne a Roma: Women’s March Rome



Il 20 gennaio americane/i e italiane/i si ritrovano a Roma per manifestare insieme per il progresso e l’uguaglianza.




 


Lunedi, 15/01/2018 - A distanza di un anno, americane/i e italiane/i si ritrovano a Roma per manifestare insieme per il progresso e l’uguaglianza.


 
Il 20 gennaio 2018 americane/i e italiane/isi riuniranno a Roma in Piazza Santi Apostoli, dalle ore 11:00 alle 13:00, per manifestare a favore della promozione e della tutela dei diritti umani, civili e sociali, dei diritti delle donne e la salvaguardia dell’ambiente e per denunciare il riaccendersi dei populismi nazionalistici in Occidente nonché i recenti attacchi dell’Amministrazione statunitense alle istituzioni democratiche e le sue politiche di divisione e falsità.

Manifesteranno, inoltre, il loro sostegno al movimento #MeToo contro le molestie e le aggressioni sessuali, impegnandosi a far sentire le proprievoci anche nelle cabine elettorali (#PowerToThePolls).

Il primo anniversario della Women’s March Rome, organizzata da cittadine e cittadini americane/i residenti in Italia, si svolgerà nel corso del #WeekendOfWomen, in concomitanza con centinaia di marce e manifestazioni in tutto il mondo, quale risposta popolare all’Amministrazione Trump e alle sue politiche nefaste per lavoratori e lavoratrici, donne, minoranze, immigrate/i, inferme/i, povere/i, militari ed il pianeta. Tra queste politiche devastanti ci sonola decisione degli USA di ritirarsi dall’accordo di Parigi sul Clima, i tagli alle imposte che favoriscono in maniera del tutto sproporzionata le grandi imprese e i ricchi, e l’approccio belligerante e isolazionista nelle relazioni internazionali.



Diverse organizzazioni di americane/i in Italia parteciperanno all’evento, unitamente a organizzazioni italiane ed internazionali, per rendere omaggio a chi sostiene e lotta ogni giorno per i Diritti Umani, la Dignità Umana, la Giustizia e i Principi Democratici.


 


 


 


Confidenziale


 


Sono convinta che essere credenti significa anche compartecipare alle giuste rivendicazioni delle donne…..


La vostra amica Ausilia