martedì 25 luglio 2017

Se di sesso...


Un articolo che riporto dal sito di NOIDONNE.


E’ da leggere da chi ha desiderio di conoscere e di capire come va l’aggiornamento in un campo minato o trascurato o bistrattato, ecc,


La libertà delle donne consiste anche in questo, ma, spero oltre questo.


- Oggi la libertà per molte donne vuol dire, purtroppo, fare quel che piace, anche nell’immediatezza, senza riflettere a quante altre cose rinunzia chi si lascia travolgere dalle idee e, purtroppo, dall’interesse profittatore degli altri (e qui il maschile è d’obbligo).


- Mi auguro che la cosiddetta libertà sessuale delle donne consista nel saper rispettare il proprio essere-donne, nell’insieme armonico di tutte le facoltà, non ultima quella di sapere rispettare e fare rispettare la capacità di impegnarsi per il Bene di tutta la società.


Ausilia Riggi


 


Ecco l’articolo trovato nella newsletter di NOIDONNE


SE PARLO DI SESSO: il documentario indipendente con il crowdfunding


SE PARLO DI SESSO, la sessualità femminile attraverso le storie delle donne che vendono sex toys per donne a domicilio. E una petizione...


inserito da Redazione


SE PARLO DI SESSO, il crowdfunding per il documentario indipendente che esplora la sessualità femminile attraverso le storie delle donne che vendono sex toys (per donne) a domicilio

Mezzo secolo dopo i Comizi d’amore di Pier Paolo Pasolini - il primo film-inchiesta sulla sessualità degli/delle italiani/e – e mentre a proposito di sesso tutto sembra essere cambiato, parte il crowdfunding per il progetto crossmediale Se parlo di sesso.

Se parlo di sesso racconta questo cambiamento – soprattutto parla di come le donne italiane vivono oggi la sessualità – e lo racconta a partire da un osservatorio molto particolare: quello delle 130 consulenti per il benessere sessuale che da oltre 5 anni con le loro valigie rosse entrano nelle case delle italiane per vendere sex toys, palline della geisha per allenare il pavimento pelvico, coppette mestruali e biancheria sexy, ma che soprattutto parlano – finalmente – di sesso con e tra donne.

Nell’era del porno di massa e dell’iper esposizione del corpo femminile, queste consulenti – a cui è dedicata una video gallery che ne raccoglie i ritratti – si sono rese conto che, dietro l’apparente libertà e autonomia conquistata dalle donne a partire dagli anni Sessanta documentati da Pasolini, quando si tratta di sessualità, della consapevolezza del proprio corpo e della possibilità di esprimere e soddisfare il proprio desiderio, le cose non stanno esattamente come ci mostrano pubblicità o la TV.

Quattro di loro – Errica a Lecce, Letizia a Roma, Chiara nell’Appennino modenese e Silvia a Milano – sono le protagoniste del film documentario che il regista Silvio Montanaro sta girando insieme a Francesca D’Onofrio, psicoterapeuta diventata anch’essa consulente de La Valigia Rossa, e autrice del fortunato volume In viaggio con la valigia rossa. Indagine casuale e semiseria sulla sessualità delle italiane di oggi (Editore Zona, 2015), da cui il progetto Se parlo di sesso ha preso le mosse. Sul sito gli autori tengono un diario del making of del progetto.

Numerose sono le organizzazioni che sostengono il progetto e contribuiranno alla sua diffusione – l’Istituto di Sessuologia Clinica di Roma, l’associazione che promuove la sessualità in malattia e disabilità LoveGiver, l’associazione di promozione sociale SCOSSE, che si propone di diffondere l’educazione al rispetto delle differenze e alla decostruzione degli stereotipi di genere, la Cooperativa Sociale BeFree impegnata contro tratta, violenza e discriminazioni di genere, l’associazione leccese Lu pilu e lu ‘nsartu, attiva sulle tematiche dell’emancipazione sessuale attraverso la riscoperta e l’espressione del desiderio femminile, l’Associazione italiana donne per lo sviluppo, AIDOS, che lavora per i diritti, la dignità e la libertà di scelta di donne e ragazze nel mondo. Finora però solo l’azienda Bijoux Indiscrets, impegnata nella vendita di sex toys, ha deciso di sostenere con un piccolo contributo la realizzazione di Se parlo di sesso.

E' partito a maggio il crowdfunding su Produzioni dal basso, ( teaser di 16’), per raccogliere i fondi necessari a completare le riprese, il montaggio, le animazioni e la post produzione, e a produrre le musiche originali di Mario Mariani. Si possono donare da 10 a 1000 euro, cifra che permette di diventare veri e propri co-produttori del film, partecipando a una quota degli eventuali utili derivanti dai diritti di diffusione nelle sale o in TV. Ci sono pochi mesi di tempo per raggiungere l’obiettivo.

Nel frattempo Se parlo di sesso continuerà a promuovere anche la raccolta delle firme sulla petizione che chiede l’introduzione dell’educazione sessuale nelle scuole: “Il nostro film punta a essere visto anche, anzi proprio, dalle/gli adolescenti, nelle scuole: perché oggi il sesso si vede, ma non se ne parla molto, mentre è parlandone che si possono gettare i semi per una sessualità più consapevole e per rapporti tra i sessi più rispettosi ed egualitari, dicono gli autori.

| 23 Luglio 2017

Collegamento

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martedì 18 luglio 2017

DUE FATTI SIGNIFICATIVI



Paola Ortensi ci aiuta a pensare anche attraverso


DUE FATTI SIGNIFICATIVI


 


Maria come ha potuto ricaderci? Cosa le ha impedito di vedere?

Sono giornate in cui si susseguono drammatiche notizie di femminicidi; uno più efferato dell’altro, ognuno che racconta nelle ricostruzioni  vite sbagliate, tradite o drammatiche, violente. Ma fra questi avvenimenti quello di Maria Tino, uccisa a Dragoni in provincia di Caserta, dall’uomo che voleva lasciare, lei che solo un anno fa era riuscita a sopravvivere alle coltellate del marito ancora in carcere, mi ha prodotto il primo pensiero irrefrenabile. Ma questa donna di 49 anni con due figli grandi, come ha potuto ricaderci dopo un'esperienza tanto drammatica? Come ha potuto non riconoscere subito la violenza nascosta in questo secondo maschio assassino, a cui evidentemente si sentiva legata dopo o forse già prima del tentato omicidio di suo marito? Cosa le ha impedito di vedere prima che fosse troppo tardi per decidere di lasciarlo? Solo sfortuna? Ci sono tanti pensieri, ma sarebbe davvero interessante parlarne.


 
Da due mattatrici chiare nelle loro scelte politiche condivisibili o no come Angela Merkel e Theresa Maya a due mattatori ambigui e pieni di possibili sorprese contraddittorie come Macron e Trump !



E’ il 14 luglio, la Francia è al suo importante appuntamento con la festa nazionale più simbolica del paese, ma in questo 2017 non c’è spazio solo per il glorioso ricordo della presa della Bastiglia: è l’anniversario del terribile massacro di Nizza ed inoltre Macron approfitta per costruire i rapporti con gli USA attraverso l’invito, accettato del Presidente Trump in un giorno tanto simbolico. Macron - in un incrocio di interessi e ambizioni in nome del desiderato ruolo leader della Francia in Europa e di un rinsaldarsi dei rapporti con gli USA pieni di contraddizioni per un europeista convinto - mi sembra riuscito ad aver sostituito i recenti simboli forti della politica in Europa. Dalle prime pagine si sono fortemente diradate le presenze di Angela Merkel e Teresa Meyer, le due donne simbolo del dibattito Europa si, Europa no e di quali rapporti con gli Stati Uniti. Mi sbaglio o i mattatori di oggi risultano Macron e Trump, immagini e voci simbolo in questo incontro di nuovo maschile di ambiguità e contraddizioni?


Paola, 17 luglio 2017


 


Grazie Paola,


ti leggo e rendo partecipi i miei lettori delle TUE riflessioni.


AIUTIAMO LE NOSTRE LETTRICI E LETTORI A RIFLETTERE INSIEME,


Ausilia

martedì 4 luglio 2017

Quale ordinazione delle donne



ORDINAZIONE DELLE DONNE. PER QUALE CHIESA E CON QUALE TEOLOGIA?


di Ivone Gebara*
(in Missione Oggi n. 3 del maggio-giugno 2017)


La mia riflessione, seppure sensibile al contesto internazionale della Chiesa cattolica, si colloca in quello latinoamericano, per certi versi meno implicato nella discussione sull'ordinazione delle donne.
Come teologhe latinoamericane, non ci siamo mai molto battute per questo. Tuttavia, negli ultimi mesi, grazie anche alla creazione in Vaticano di una commissione di studio sul diaconato femminile, La riflessione ha guadagnato spazio. C'è stata perfino una parrocchia di Sào Paulo (Brasile) che ha organizzato un dibattito. Sono stati pubblicati testi che raccontano storie di donne,che sono state ordinate illecitamente, secondo la Chiesa cattolica, e quindi scomunicate. Si stima che siano più di duecento, tra cui anche alcune vescove. Insomma, la discussione sull'ordinazione delle donne è uscita allo scoperto.


UN DILEMMA CRITICO
Sono d'accordo con chi sostiene che, l'ordinazione delle donne potrebbe segnare un progresso verso il superamento della disuguaglianza anche nella società. Tuttavia, è chiaro che per molti fautori e fautrici della causa si tratta di affermare soprattutto il "diritto" di ambo i sessi a rappresentare Gesù Cristo di fronte alla comunità. Insomma, in questione c'è più l'integrazione delle donne nel ministero ordinato che il modello di Chiesa. Un dilemma di non facile soluzione.
A mio avviso, però, il problema fondamentale riguarda il concetto di diritto. Che cosa significa avere diritto all'ordinazione in un'istituzione la cui teologia (ideologia) continua a valorizzare il potere maschile a scapito di una visione più partecipativa e diversificata dei servizi, dei carismi e dei poteri? Che cosa significa il diritto all'ordinazione, quando domina una visione eminentemente maschile del sacerdozio, anacronistica, segnata da un plurisecolare simbolismo teologico maschile? L'ammissione delle donne all'ordinazione risolverebbe da sola queste spinose questioni?


RIFORMA POLITICA DELLA CHIESA
In questa prospettiva le donne non devono rafforzare un modello di sacerdozio gerarchico maschile né accettare l'ordinazione sulla base di una teologia gerarchica, con un simbolismo fondamentalmente maschile. Prima sarebbe necessaria una riforma "politica" nella Chiesa cattolica, per non contrabbandare la sua attuale organizzazione come proveniente direttamente da Dio, secondo la volontà di Gesù, immutabile lungo i secoli nelle diverse culture.
Parlare di riforma "politica" implica una riforma della teologia che finanzia tale politica di carattere maschile,patriarcale e centralizzatore. La presunta uniformità dei dogmi e la legalità delle disposizioni canoniche, nonostante la loro utilità, contraddicono il pluralismo di situazioni e tradizioni presenti nelle diverse culture e fasi della storia. La Chiesa gerarchica non le ha sempre rispettate, anzi spesso le ha combattute come negazioni della vera dottrina rivelata.
E’ in questo contesto che si può parlare anche di teologie femministe e della loro critica al centralismo religioso e al taglio eminentemente maschile del simbolismo religioso. Esse hanno denunciato gli abusi del potere religioso, soprattutto in relazione all'indebita appropriazione della decisione sui nostri corpi. Hanno reinterpretato in forma ricca e contestualizzata la Bibbia e la teologia al fine di rispondere alle sfide attuali del mondo. Ma le teologie femministe sono quasi universalmente respinte o ignorate dai manutentori della tradizione maschile, poiché sfuggono al copione stabilito.


TEOLOGIA FEMMINISTA
Ho il sospetto che gran parte del movimento in favore dell'ordinazione delle donne non si muova nella linea critica di molte teologie femministe. Persegue la parità di genere nei ministeri senza interpellare i fondamenti teologici e politici della Chiesa. Vede solo il diritto delle donne di esercitare ministeri in una Chiesa cattolica predefinita nella sua organizzazione gerarchica. E come se col solo rendersi presenti nei ranghi sacerdotali, le donne potessero cambiare qualcosa della sua rappresentazione finora unicamente maschile. Questo non basta a modificare le nostre convinzioni in merito alla struttura della Chiesa. Bisogna chiarire i comportamenti sociali, politici ed ecclesiali che devono accompagnare l'ordinazione delle donne.
Quali nuove politiche la Chiesa deve assumere, quali orientamenti deve proporre perché i nuovi "soggetti" femminili entrino davvero a far parte dei suoi quadri di direzione e leadership a tutti i livelli?
Sono esigenze che noi donne dovremmo porre per non accettare qualcosa come se fosse un favore degli uomini di Chiesa a noi povere donne.
Dico questo perché conosco alcune pastore e candidate al sacerdozio femminile e la mia impressione, per quanto limitata e discutibile, è che non abbiamo ottenuto un mutamento qualitativo significativo nella struttura attuale della Chiesa cattolica. Molte chiedono il sacerdozio, ma non propongono né rivendicano le condizioni per il suo esercizio. Alcune donne-prete svolgono attività di primo piano con popolazioni emarginate. Altre sono provviste di dottorati in teologia presso Università di fama internazionale, tuttavia questa formazione non è riconosciuta dai prelati.
Posso capire l'eccitazione e il desiderio di vedersi sull'altare, di presiedere una messa e avere un certo potere nella comunità. Comprendo anche l'emozione narrata da alcune di poter elevare l'ostia e dire "questo è il mio corpo (di Cristo)", come un sogno d'infanzia realizzato.
Non le condanno, ma penso che dovremmo esigere molto di più, in un dialogo tra eguali, non tra superiori e inferiori.


AFFETTI E POTERI ASSOLUTI E DOMESTICI
In questa problematica c'è un altro dato importante: il cristianesimo nella sua forma cattolica è una
religione organizzata a partire da forti emozioni culturali, in cui il circuito di affetti rivela una sorta di divisione sociale dei poteri che riproduce la società in cui viviamo. La figura maschile di Dio Padre, Figlio e Spirito Santo, riveste un potere socio-emotivo assoluto, mentre le figure femminili come Maria e molte sante rivestono un potere assoluto domestico, che assiste, accoglie, protegge e guarisce.
La rappresentazione sacerdotale maschile appare emotivamente attaccata al potere politico assoluto maschile, anche se spesso il potere effettivo è femminile.
Sappiamo che l'ordinazione maschile obbedisce a una dogmatica gerarchica maschile, che inizia con l'immagine di Dio Padre che dà potere al Figlio unico, il quale invia lo Spirito, perpetuato e simboleggiato dai sacerdoti maschi.
Noi donne siamo disposte a mantenere questa anacronistica gerarchia maschile? Siamo disposte a mantenere la differenza tra sesso maschile e femminile come dislivello di capacità che si esprime anche nel divario retributivo nel servizio alle comunità? Siamo disposte a mantenere la divisione sociale degli affetti e dei poteri? Un piccolo esempio. Oggi, in molte diocesi c'è un divario salariale tra preti, suore e laici per servizi analoghi. Ciò riflette ancora la conservazione del privilegio di gerarchie maschili all'interno della Chiesa. La rivoluzione di senso in atto oggi non indica la necessità di ripensare il patrimonio cristiano per i nostri giorni, nella diversità delle comunità ecclesiali, delle organizzazioni pastorali e dei ministeri?


LA NATURALIZZAZIONE
Un altro aspetto importante è il rischio di naturalizzare i comportamenti maschili e femminili, credendo che tutti gli appartenenti all'uno o all'altro genere, persino i transgender, si comportino allo stesso modo.
"Naturalizzazione" significa rendere certi comportamenti predeterminati dalla natura o da Dio e affermare, per esempio, che la vocazione sacerdotale delle donne è la cura quotidiana e non riguarda le politiche pubbliche in favore del bene comune. Non possiamo più credere che ci siano compiti o lavori specificamente maschili e altri femminili, come se avessimo identità lavorative predefinite. In un certo senso questi atteggiamenti risalgono ancora a Jean Jacques Rousseau e Auguste Comte, che volevano educare le donne in funzione degli uomini e della famiglia, cercando di preservarle dalla politica e dai vizi della vita sociale a beneficio della società, dei mariti e dell'educazione dei figli.
Oggi assistiamo a riflessioni e atteggiamenti simili, seppur consfumature e giustificazioni diverse. Queste devono essere decostruite.


LA STORIA
In questo contesto di "richiesta" di ordinazione delle donne, non possiamo dimenticare le persecuzioni della Chiesa cattolica nei confronti delle donne. Accusate in passato di essere streghe o usurpatrici del potere di pensare, che avrebbe dovuto essere solo maschile, molte donne sono state condannate a morte o perseguitate. Da Ipazia di Alessandria (condannata alla lapidazione) a Giovanna d'Arco (condannata al rogo) fino alle figure femminili massacrate per aver osato penetrare negli atri del sapere teologico.
Non possiamo dimenticare queste storie.
Inoltre, nel XX e XXI secolo le teologie femministe hanno ripensato gran parte della tradizione cristiana.
E’ deplorevole che oggi ci siano ancora interrogatori, lettere di avvertimento, ammonizioni a congregazioni religiose femminili, a teologhe e filosofe che accolgono il dono di pensare la vita come parte del servizio al "movimento di Gesù". Una rivendicazione, come quella dell'ordinazione delle donne, non è una richiesta isolata, ma si iscrive in questo complesso contesto di idee e credenze clericali che governano menti e cuori, conservando strutture organizzative anacronistiche.


L'ATTUALE TEOLOGIA SACERDOTALE
La teologia sacerdotale corrente riveste i presbiteri di poteri non solo simbolici, ma anche politici e sociali, che permettono di orientare vite e perfino di manipolarle. Spesso essi usano le Scritture a piacere e giustificano le proprie scelte come se fossero emanazioni evangeliche. Non mancano eccezioni, ma è più comune che i presbiteri concentrino l'autorità. Tale concentrazione impedisce la crescita di molteplici ministeri o servizi nelle comunità cristiane. Inoltre, il modello di presbitero in igore è quello del sacerdozio "rigiudaizzato" di Gesù, distante dalle ispirazioni evangeliche.
Piuttosto di rinunciare al potere che li esalta, alla stregua dei loro pari laici, i presbiteri lungo i secoli
hanno rafforzato l'alleanza con il potere politico, economico e religioso, imponendo decisioni e agendo irrispettosamente soprattutto in riferimento alla sessualità femminile. Riconosco il ruolo sociale e culturale di sacerdoti, sciamani, màe e pai-do-santo, imam ecc. nelle diverse religioni. Ma non si tratta di "guardiani" esclusivi della tradizione religiosa cui appartengono, bensì di leader che si fanno carico dei bisogni delle comunità. Di modo che la partecipazione dei membri di una comunità ai servizi e alla costruzione di senso dovrebbe essere una responsabilità condivisa. Cosa che richiede un dialogo costante e la condivisione delle conoscenze e dei poteri. In questo senso non auspico l'estinzione del ruolo di persone più preparate o di leader etici in relazione alle tradizioni religiose, ma che essi siano legittimati nella loro autorità nella misura in cui si fanno carico delle problematiche della comunit
 (i.g.).


*agostiniana brasiliana di origini siro-libanesi, dottore in filosofia e scienze religiose, è stata docente per 17 anni all'IT di Recife.