martedì 24 gennaio 2017

Ccontro la “Pena di Morte Viva”


Sabina Rossa e Agnese Moro contro la “Pena di Morte Viva”

 

L’ex Presidente della Repubblica Sandro Pertini che in galera passò lunghi anni diceva spesso: «Ricordatevi quando avete a che fare con un detenuto, che molte volte avete davanti una persona migliore di quanto non lo siete voi».

Da anni – insieme ad Agnese Moro e Sabina Rossa che hanno avuto i loro padri uccisi durante la lotta armata degli anni ’70 – combatto contro la “Pena di Morte Viva” o, come la chiama Papa Francesco, la “Pena di morte nascosta”. Durante la giornata del 20 gennaio 2017, nella Casa di Reclusione di Padova, Agnese e Sabina sono intervenute (Agnese a distanza e Sabina di presenza) al convegno dal titolo: “Contro la pena di morte viva. Per il diritto a un fine pena che non uccida la vita”.

Ecco quanto ci ha consegnato Agnese:

(…) Questa volta non riesco ad essere con voi in questa giornata di riflessione sull’ergastolo e sulla necessità di abolire una pena che, essendo senza fine, uccide la speranza di tornare ad essere liberi; ferisce l'impegno costituzionale ad aiutare i colpevoli a rivedere criticamente la propria vita e a tornare tra noi a dare il proprio contributo alla vita sociale; punisce nella maniera più crudele e ingiusta coloro - grandi e piccini - che nutrono affetti profondi per chi è condannato a una pena tanto severa. Credo che la questione dell’abolizione dell'ergastolo, prima di riguardare la politica, riguardi tutti noi cittadini. Prima ed oltre una discussione in Parlamento è essenziale che ci sia una discussione larga, capillare, serena nelle nostre città e nei nostri paesi. (…) Bisogna sapere che le persone possono cambiare, che sono sempre molto di più del loro reato, e che, come dice la mia amica Grazia Grena, c'è dentro ognuno, qualunque cosa abbia fatto, qualche cosa di buono che può e deve essere illuminato. Anche se non ce ne accorgiamo la nostra società è desiderosa di intraprendere una simile discussione. Si tratta solo di farlo. Un abbraccio (Agnese).

Ed ecco parzialmente l’intervento di Sabina:

Vorrei iniziare il mio intervento prendendo in prestito alcune frasi di Carmelo Musumeci non solo perché le condivido ma anche perché ho potuto toccare con mano la veridicità delle sue parole: “Il carcere non mi ha fatto bene, non solo mi ha peggiorato ma mi ha fatto anche del male”. “Ciò che mi ha migliorato e cambiato non è stato il carcere ma un programma di rieducazione fatto dalla presenza delle persone care, dalle relazioni umane e sociali”. “In carcere si soffre per nulla, il nostro dolore non fa bene a nessuno, neppure alle vittime dei nostri reati, è difficile pensare al male che hai fatto fuori se ricevi male tutti i giorni”. (…).

Musumeci ci dice che dal carcere si dovrebbe uscire perché lo si merita, perché è stato fatto un certo percorso, perché c'è stata una crescita. Sono d'accordo con lui e credo che giustizia sia anche quella di prendere atto che, a tanti anni di distanza, quella persona non sia più quella di un tempo e che si sia realizzato un cambiamento nel profondo.

Quando è stata concessa la liberazione condizionale alla persona che ha sparato a mio padre l’ho considerato un atto giusto, mi sono sentita come se si fosse chiuso un cerchio e ho potuto posare a terra quello zaino che mi sono portata sulle spalle per tanto tempo. (Sabina)

 

Dostoevskij diceva: “Fatemi capire perché e come ho sbagliato e poi mi giudicherò e condannerò da solo, e sarò più severo di qualsiasi altro giudice”.

Agnese e Sabina hanno compreso questo e “puniscono” gli ergastolani con l’amore sociale. Forse anche perché hanno capito che dal male può nascere il bene. Basta andare a cercarlo dentro il cuore dei criminali. Per non fare il male bisogna conoscere anche il bene, ma purtroppo molti criminali non conoscono il bene perché hanno vissuto sempre nel male. Il libero arbitrio esiste solo quando tu conosci il bene e il male. E spesso i reati che abbiamo fatto rispecchiano il male del mondo dove vivevamo e, adesso, del carcere. Molti di noi, e non lo dico per cercare attenuanti, penso che siano stati quelli che hanno potuto essere, non certo quelli che sognavano di essere. Se continuano però a dirci che siamo irrecuperabili, che siamo dei mostri, che siamo cattivi, va a finire che ci crediamo e cerchiamo di esserlo anche dopo tanti anni di carcere. D’altronde come si può migliorare una persona con una pena che non ha mai fine?

Per questo, purtroppo, molti ergastolani si sentono ancora “colpevoli di essere innocenti”, anche se hanno commesso gravissimi reati.  Non si nasce delinquenti, ma purtroppo ci si diventa.

Un tempo c’erano in carcere giovani interpreti delle lotte sociali e politiche. Oggi vi sono in maggioranza giovani tossicodipendenti, immigrati e poi tante persone del sud detenute per reati di criminalità organizzata. Al sud, infatti, lo Stato è sempre stato assente e in alcuni casi è stato più mafioso dei mafiosi che ha usato e sfruttato per raggiungere consensi elettorali.

 

Grazie Sabina e Agnese di continuare a lottare per recuperare e migliorare le persone che vi hanno fatto del male.

Con il vostro impegno contribuite a sensibilizzare l’opinione pubblica che la pena dell’ergastolo è una morte interminabile che ti fa sperare in una morte istantanea come un regalo della pietà. La vostra testimonianza di vittime dà un senso ancora più profondo alle vostre parole.

 

Carmelo Musumeci

Gennaio 2017

venerdì 20 gennaio 2017

Ass. Opportunanda

FATTI E PAROLE 17 ASSOCIAZIONE OPPORTUNANDA




NEWS


MIGRANTI


DUE PAROLE


Migranti”. Termine diventato molto frequente, sia nelle conversazioni, sia sui giornali, sia nelle trasmissioni televisive.

Neologismo? Parola di moda? Eh, no. Termine che indica una realtà diventata drammaticamente attuale. I pareri al


riguardo sono contrastanti, al punto da creare divisioni, sia politiche che personali.

Un tempo il termine usato era “emigranti”, perché eravamo noi a lasciare il nostro paese per andare a cercare lavoro

all’estero, anche “nelle lontane Americhe” (per usare un’espressione del mio amato Collodi, autore di Pinocchio).
Ancora oggi i nostri giovani cercano lavoro all’estero per le gravi difficoltà che hanno qui al riguardo.

Ma il fenomeno di più vasta portata e che si va facendo ogni giorno più drammatico è quello della natura della nuova

emigrazione, proveniente da Sud del mondo. Si tratta di un fenomeno drammatico soprattutto perché riguarda persone

costrette a fuggire dal proprio paese a causa di guerre, di fame, di persecuzioni di vario genere. Lasciano TUTTO,

fidandosi di personaggi disonesti che per cifre esorbitanti offrono un posto stipato su barconi non sicuri, causa molto


frequente di annegamento, di gravi divisioni, di malattie.

Che cosa vuol dire tutto questo per la nostra associazione? Opportunanda non è un centro di accoglienza stranieri, ma
è comunque un’associazione che accoglie quando e come può, in tante forme delle quali abbiamo già parlato nei nostri


precedenti numeri di FATTI E PAROLE.

Come al solito, in questo notiziario, diamo spazio a chi vive la realtà e cercheremo di farlo con tutta la difficoltà che

questo comporta. Ma prima di questo, per rispondere alla domanda che cosa sia cambiato a Opportunanda da quando

l’accoglienza si è aperta inevitabilmente a tanti stranieri, abbiamo intervistato Sergio, nostra “colonna” del Centro

Diurno, presente a Opportunanda fin dalla sua fondazione. E poi saranno alcuni migranti stessi che racconteranno…

L.

Per ulteriori notizie sul tema dei migranti cfr. “oggi su MIGRANTI.Torino.it”
LA PAROLA A…


….Sergio: “Prima del 2012 gli immigrati che frequentavano Opportunanda rappresentavano il 50% degli ospiti del


Centro Diurno. Dopo quella data sono aumentati progressivamente fino ad arrivare, oggi, all’85% dei “passaggi”.


Nonostante ciò non sono stati apportati significativi cambiamenti all’organizzazione del centro, che costituisce un punto

di passaggio o di incontro tra persone appartenenti a gruppi etnici omogenei, assolutamente slegati rispetto a quelli di

altra provenienza.
Il gruppo più numeroso proviene dal Marocco, seguito, fino ad alcuni anni fa, da Sudanesi e abitanti del Kashmir.

Attualmente non abbiamo più registrato presenze di asiatici, mentre sono aumentati gli africani del Senegal, Mali,

Ghana, Congo.


Noi volontari ed operatori incontriamo notevoli difficoltà a comunicare con queste persone, sia per motivi linguistici che

per la ritrosia non solo a parlare di sé, ma anche a rivelare il proprio nome: quasi tutti sono clandestini e temono di finire

nel circuito dei CIE! Ne consegue che gli unici scambi verbali consistono in richieste di semplici informazioni agli

operatori o di denaro al centro di ascolto. Così diventano molto più difficili anche l’accompagnamento e l’aiuto

concreto…
Secondo me, queste persone non cercano in Opportunanda assimilazione o integrazione, ma solo un luogo caldo e

accogliente dove trascorrere una parte della giornata.


Tutto questo se non crea problemi nella gestione del centro diurno, risulta però una mancanza di risorse: solo in

qualche caso isolato, come quello del prossimo intervistato, uno straniero mette a disposizione degli altri frequentatori

conoscenze e competenze”.

…Ismael: “Arrivo dal Perù, vivo in Italia da tre anni e sono venuto a Torino, perché qui si era trasferita la mia mamma



alcuni anni prima. Non ho incontrato grandi difficoltà ad arrivare, perché ho ottenuto un visto regolare. L’unico problema
è stato il costo del biglietto aereo! Ora però il visto è scaduto e non ho potuto rinnovarlo per motivi burocratici. Non ho

incontrato alcun problema di accoglienza e integrazione, sia perché come ho già detto, mia madre mi ha aperto la

strada, sia perché mi piacciono moltissimo la cultura e le città italiane, che ho avuto modo di conoscere. Sono una


persona molto socievole e curiosa, mi piace molto parlare e comunicare e questo mi ha permesso di trovare molti amici
qui in Italia. Sono stato molto aiutato anche dal mio mestiere di parrucchiere, che mi ha messo in contatto con

moltissime persone e mi ha fatto conoscere Opportunanda. Alcuni clienti del negozio in cui lavoravo mi hanno parlato

dell’associazione, con la quale sono stato messo in contatto due anni fa. Da allora vengo qui una volta alla settimana



a prestare il mio servizio gratuito, tagliando capelli e barbe…

Vivere in Italia mi piace molto, non ho alcun desiderio di tornare in Perù, anche perché la mia famiglia è qui. Vorrei solo

poter regolarizzare al più presto la mia situazione, ma per il momento manca la normativa adatta…”

(Facebook: Ismael Cauti)

…Ortense: “Il mio paese d’origine è la Repubblica Democratica del Congo, da cui sono partita sei anni fa per


raggiungere mio marito che si trovava a Torino come rifugiato. Posso dire di aver avuto “tre vite”: la prima , quella


trascorsa con mio marito, grazie al quale non ho avuto alcun problema di inserimento.

La seconda è stata la più triste e dolorosa, a causa della sua morte per la quale ho provato una terribile sofferenza. Da
quel momento sono diventata una “senza dimora”, ho cominciato a girovagare alla ricerca di un riparo, ho dormito

nella sala d’aspetto del pronto soccorso di diversi ospedali… Grazie ad un’amica ho conosciuto Opportunanda e


ho chiesto aiuto a Giacomina, che però all’epoca non ha potuto inserirmi in una convivenza e quindi mi ha fornito solo
l’elenco dei dormitori. Ho quindi iniziato la mia peregrinazione tra un dormitorio e l’altro, mentre la mia salute


sembrava peggiorare. Molte volte la preoccupazione e l’ansia per la mancanza di un riparo mi hanno causato forti

palpitazioni: temevo proprio di essere diventata cardiopatica!
Finalmente, quattordici mesi fa è iniziata la mia “terza vita”: sono stata inserita nell’alloggio di Via Canova e da


allora mi pare sia iniziata una fase positiva: non ho più avuto palpitazioni e da un po’ di tempo ho anche trovato un

lavoro!

Opportunanda è la mia salvezza e voglio molto bene a Giacomina, Vittoria, Claudia a chi frequenta l’associazione…

Mi piacerebbe tornare al mio paese, almeno per rivedere i miei parenti, ma finora non potevo permettermi il costo del

biglietto. Ora che lavoro, cerco di risparmiare per poterlo acquistare. Non voglio però rimanere a vivere lì, perché la

situazione politica è ancora molto critica…
Scriva pure il mio nome sull’articolo: io non ho nessun problema a raccontare la mia storia, soprattutto per dare

coraggio a chi vive situazioni come quelle che ho dovuto affrontare io: voglio dire a queste persone che bisogna

credere e lottare sempre per una nuova vita!
T.
ACCADE A OPPORTUNANDA


Il mese di dicembre è ogni anno colmo di avvenimenti di vario genere e gli operatori e i volontari sono impegnati in mille

modi.
-Il 1° del mese c’è stata la “festa natalizia” dell’associazione, condotta brillantemente da Gabriella che ha illustrato le


varie attività di Opportunanda, servendosi anche di interviste ai vari protagonisti, mentre su uno schermo scorrevano

delle slide che illustravano ogni cosa. Di tanto in tanto c’era un intervallo durante il quale si esibiva il nostro coro sempre

vivo con tante belle voci e l’accompagnamento della chitarra dell’operatore Andrea.
-Come ormai da sette anni, il 12 dicembre si è svolta al Lingotto la festa “Fiat partecipazioni per Opportunanda”.


L’amico Mario, con la sua grande fantasia, pensa ogni anno nuovi eventi finalizzati a raccolta fondi. Quest’anno: una

vendita all’asta, una lotteria, una pesca di beneficenza, un torneo di calcetto e i soliti banchetti natalizi. La cifra raccolta
ci fa dire “Grazie di cuore”!

-Il 26 dicembre nei locali di una scuola c’è stata la consueta cena di Natale alla quale erano presenti 210 persone. In


tanti hanno collaborato e il menù - agnolotti al ragù, assortimento di arrosti, panettoni, offerti da varie persone - ha

entusiasmato i commensali. Come avviene da alcuni anni, la festa è stata allietata da canti, fisarmoniche, danze…

-I bambini della quinta elementare di questa scuola a novembre erano venuti a trovarci con la maestra per farsi

raccontare che cos’è Opportunanda. In quel giorno c’era il nostro coro e i bambini si erano aggregati a cantare insieme.

Ci avevano detto che cosa avrebbero potuto fare e noi avevamo chiesto cibi di lunga conservazione. Prima dell’inizio

delle vacanze ci hanno portato quanto raccolto: olio, pasta, tonno, legumi, biscotti, raccolti in cento pacchetti.
-A Opportunanda c’è stato anche un mini-cenone di Capodanno con la partecipazione di una trentina di persone.


-Nel mese di dicembre si è svolta la festa dei trent’anni della federazione fio.PSD di cui fa parte anche Opportunanda e
la conferenza internazionale Housing First C’è solo una strada: la casa.


-Rispetto ai percorsi lavorativi, continua l’inserimento nel progetto di reciproca solidarietà presso la casa del Quartiere,

mentre si sta seguendo una borsa lavoro finanziata dalla Compagnia san Paolo.

L.
PROSSIMAMENTE


Stanno riprendendo tutti i laboratori e le cene quindicinali del mercoledì.


Lilli e Almerino sono stati invitati nel prossimo mese di febbraio dalla parrocchia Divina Provvidenza a parlare del

problema dei senza-dimora e dell’attività di Opportunanda.
LE BANCHE FALLISCONO?

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…NOSTRO CODICE FISCALE: 97560450013

ASSOCIAZIONE OPPORTUNANDA Via Sant’Anselmo 21 - 10125 Torino

Centro Diurno: Via Sant’Anselmo 28 Tel./Fax 011-6507306

Sito: www.opportunanda.it e-mail : segreteria@opportunanda.it

Cod.Fisc. 97560450013 - conto corrente postale 29797107



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lunedì 16 gennaio 2017

Giustizia e carceri secondo papa Francesco


Recensione di un uomo ombra semilibero a

“Giustizia e carceri secondo papa Francesco”

“Il carcere come punizione. E questo non è buono. Non c’è una vera pena senza speranza. Se una pena non ha speranza, non è una pena cristiana, non è umana. Per questo, la pena di morte non va. L’ergastolo, così freddo, è una pena di morte un po’ coperta.” (Papa Francesco)

Patrizio Gonnella e Marco Ruotolo hanno curato il libro, appena uscito, dal titolo “Giustizia e carceri secondo papa Francesco” (edito da Jaca Book, prezzo 14 euro) per commentare il discorso del Santo Padre alla delegazione dell’Associazione Internazionale di Diritto Penale. Fra i vari importanti contributi di persone autorevoli c’è anche quello modesto di un ergastolano, in carcere da un quarto di secolo, condannato e maledetto dalla giustizia ad essere cattivo e colpevole per sempre: il mio. Mentre lo scrivevo, chiuso nella mia cella, immaginavo di parlare con lui. Questo è un dialogo inedito fra il mio cuore e quello di Papa Francesco. E adesso ho pensato, per promuovere questo libro, di renderlo pubblico con la raccomandazione di leggere questo libro e di farlo leggere a tutti quelli che la pensano diversamente da voi.

 

Papa Francesco: Viviamo in tempi nei quali, tanto da alcuni settori della politica come da parte di alcuni mezzi di comunicazione, si incita talvolta alla violenza e alla vendetta, pubblica e privata.

Un uomo ombra: Penso di non conoscere a fondo l’amore di Dio, ma conosco bene l’odio degli uomini che mi tengono prigioniero come un animale in gabbia.

 

Papa Francesco: Populismo penale, in questo contesto negli ultimi decenni si è diffusa la convinzione che attraverso la pena pubblica si possano risolvere i più disparati problemi sociali, come se per le più diverse malattie ci venisse raccomandata la medesima medicina.

Un uomo ombra: Le prigioni, così come sono, sono fabbriche di odio ed è difficile migliorare le persone con la violenza e la sofferenza. Il carcere in questo modo ci trasforma in mostri perché qui non esiste l’amore, esistono solo i disvalori. Se siamo uomini non possiamo stare solo anni e anni chiusi in una cella, dovremmo stare insieme ad altri uomini migliori di noi.

 

Papa Francesco: Molti giudici e operatori del sistema penale devono svolgere la loro mansione sotto la pressione dei mezzi di comunicazione di massa, di alcuni politici senza scrupoli e delle pulsioni di vendetta che serpeggiano nella società.

Un uomo ombra: Sono fortemente convinto che perdonare è più facile di essere perdonato. Il perdono ti fa amare il mondo, la vendetta te lo fa odiare. Il perdono è la migliore vendetta che una società può dare, perché fa incredibilmente tirare fuori il senso di colpa per il male fatto. Molti non sanno amare perché non sono amati, altri hanno l’amore nel cuore e non lo sanno. Una persona che ha infranto la legge di Dio e degli uomini per essere recuperato non dovrebbe avere bisogno di sbarre, ma di essere amato come una persona libera, se non di più. E una persona perbene per smettere di essere disonesta deve imparare ad amare tutto e tutti, perché chi ama fa innanzi tutto bene a se stesso, perché solo l’amore ti fa diventare felice.

 

Papa Francesco: Tutti i cristiani e gli uomini di buona volontà sono dunque chiamati oggi a lottare non solo per l’abolizione della pena di morte, legale o illegale che sia, e in tutte le sue forme, ma anche al fine di migliorare le condizioni carcerarie, nel rispetto della dignità umana delle persone private della libertà. E questo, io lo collego con l’ergastolo. In Vaticano, poco tempo fa, nel Codice penale del Vaticano, non c’è più, l’ergastolo. L’ergastolo è una pena di morte nascosta.

Un uomo ombra: L’ergastolo è una pena di morte a gocce. È sbagliato dire che assomiglia alla pena di morte perché è molto peggio, dato che la pena di morte si sconta da morto e la pena dell’ergastolo si sconta da vivo. Con la pena di morte finisce la punizione e la vita… invece con la pena dell’ergastolo inizia un’agonia che durerà per tutta la vita. Gli ergastolani vivono distaccati ed estraniati da tutti gli altri prigionieri, nel nostro mondo di solitudine e ombra. Per noi morire è la cosa più facile, invece vivere è la cosa più difficile. Sogno spesso di avere un fine pena per avere un calendario in cella per segnare i giorni, i mesi e gli anni che passano.

 

Papa Francesco: La forma di tortura è a volte quella che si applica mediante la reclusione in carcere di massima sicurezza.

Un uomo ombra: Spesso sono stanco di fare battere il mio cuore fra quattro mura… prigioniero in fondo agli abissi, ferito da uomini dal cuore sporco e la fedina penale pulita. Sono stanco di essere chiuso e solo senza speranza… seguendo sogni con occhi aperti e spenti. Sono stanco di essere solo un’ombra che vive al buio e spera nella morte ma continua a cercare la vita e la luce. Sono stanco di esistere… di ascoltare i miei lamenti… che mi penetrano… mi lacerano… mi distruggono.

 

Papa Francesco: Molte di tali forme di criminalità non potrebbero mai essere commesse senza la complicità, attiva od ommissiva, delle pubbliche autorità.

Un uomo ombra: La grande criminalità organizzata, finanziaria e politica non potrebbe esistere senza la complicità di una parte dei poteri forti.

 

Papa Francesco: Il corrotto attraversa la vita con le scorciatoie dell’opportunismo, con l’aria di chi dice: “Non sono stato io”, arrivando a interiorizzare la sua maschera di uomo onesto. La corruzione è un male più grande del peccato. La sanzione penale è selettiva. È come una rete che cattura solo i pesci piccoli, mentre lascia i grandi liberi nel mare.

Un uomo ombra: Spesso i buoni si sentono cattivi per cercare di diventare buoni. Invece i cattivi fingono di essere buoni per cercare di diventare ancora più cattivi.

 

Papa Francesco: La cautela nell’applicazione della pena dev’essere il principio che regge i sistemi penali, e la piena vigenza e operatività del principio pro homine deve garantire che gli Stati non vengano abilitati, giuridicamente o in via di fatto, a subordinare il rispetto della dignità della persona umana a qualsiasi altra finalità, anche quando si riesca a raggiungere una qualche sorta di utilità sociale.

Un uomo ombra: Il carcere è l’inferno, una terra di nessuno dove spesso sei da solo contro tutti. Un luogo pieno di conflitti, di odio, silenzi, delatori, sofferenza e ingiustizia, ma anche di tanta umanità, forse molto di più di quella che c’è fuori o che un giorno potrai trovare in paradiso. E quando un detenuto si suicida, è un po’ come se morissi anch’io. Molti dicono che togliersi la vita è una scelta sbagliata, ma io non sarò sicuro fin quando non ci proverò. Spesso in carcere ci si toglie la vita solo per smettere di soffrire perché per molti la vita in carcere è peggiore della morte. Papa Francesco, presto, se non l’hanno già fatto, i nostri politici, governanti e le persone con la fedina penale pulita che vanno a messa alla domenica ingannando Dio e se stessi, si dimenticheranno delle tue umane e illuminate parole, del tuo bellissimo intervento, ma non le dimenticheranno mai gli uomini ombra e i detenuti di tutto il mondo.

 

Carmelo Musumeci

Gennaio 2017
www.carmelomusumeci.com

martedì 10 gennaio 2017

Lavoro e maternità


da Noidonne




Lavoro e maternità e altri "luoghi" possibili

Conciliare il lavoro e la maternità nel nostro Paese risulta ancora quasi impossibile. Le donne con figli da certi settori e ruoli sembrano scomparire…..

Tutto questo nel 2017

inserito da Barbara Hugonin

Il nuovo anno ci avvicina al 2020,eppure se confrontiamo i dati inerenti alla conciliazione tra maternità e lavoro, famiglia e lavoro, per le donne, i risultati sono piuttosto deprimenti. Oltre il 65% delle donne non riescono a conciliare famiglia-lavoro e attività extrafamiliari, che coinvolgono sempre di più tutti. Eppure ci sono più laureate donne che uomini, anche in ambiti medico-scientifici e tecnici, ma risulta difficile che una donna possa conciliare un lavoro come quello di chirurgo ad esempio con quello di mamma oppure di manager d'azienda o con grandi mansioni di responsabilità. L'Italia se paragonata al Nord Europa sembra indietro di trent'anni ed in effetti lo é. In Norvegia, si può stare anche il primo anno a casa, per seguire il proprio bambino ed essere retribuite, come é possibile accedere all'asilo pubblico, di cui spesso sono dotate anche la quasi totalità delle aziende. La Svezia come la Francia dispone di sussidi che consentono ad una mamma di poter studiare in quel frangente e rimettersi in gioco, se il lavoro svolto in precedenza non fosse più conciliabile con la maternità. É pur vero che in Italia, alcune aree sono caratterizzate da una densità di popolazione che copre un intero Paese europeo ma sono decenni che non viene attuata una politica a vantaggio della famiglia, che oggi si sostiene molto sull'aiuto dei nonni, soprattutto perché le scuole oltre le quattro del pomeriggio difficilmente sono aperte, eccetto alcune essenzialmente private e non alla portata di tutti. Nella maggior parte dei Paesi europei la scuola é aperta fino alle 18 e questo non si traduce, come nella mentalità ancora latente di alcuni italiani, nell'abbandono dei figli ad altri , ma in attività educative, musicali e in attività di coinvolgimento e socializzazione. Questo non solo ha un impatto nella gestione di una famiglia ma incide anche sullo stato di appagamento e felicità dei cittadini stessi. Una mamma appagata anche dai riconoscimenti sul posto di lavoro, sarà in grado di trasmettere messaggi più positivi ai propri figli. É illogico fare una domanda ad un colloquio di lavoro "Lei ha figli? Intende averne? O adottarne?" É come bollare una persona perché ha fatto la scelta di essere madre, come la sensibilità fosse un demerito ed influenzasse le decisioni lavorative. Perché una donna preparata, che si aggiorna di continuo, organizzata non può continuare ad essere un'ottima manager, ingegnere, docente, chirurgo, ricercatore e qualsiasi altra cosa per la quale ha faticato? Soprattutto perché quando si tratta di politiche restrittive in Italia siamo sempre in prima fila e per cambiare un sistema ed una mentalità obsoleta no? Le politiche a sostegno della famiglia vigenti in Europa applicate in Italia sembrano utopistiche, mentre sono un diritto oltre che un dovere di un Paese che deve adeguarsi, soprattutto per un cambio imprescindibile. Siamo una nazione che oltre per la crisi economica, va a due velocità, da un lato é sfiduciata, non crede più nella famiglia in parte perché non può permettersela ed in parte perché c'é chi non la vuole, non si sente sicura e dall'altro invece é curiosa, vuole sapere, conoscere e sentirsi il centro del mondo ma arranca sotto il peso di una politica " family friendly" che non esiste.