sabato 16 maggio 2015

L'uomo della Sindone

Luoghi dell'Infinito - eboK n.194 - Speciale: l'uomo della Sindone
 
Descrizione di Anna Maria Canopi, badessa del monastero Mater Ecclesiae, Orta San Giulio
Dopo la cacciata di Adamo ed Eva, l’umanità è rimasta con la struggente nostalgia di vedere il volto di Dio. Di questa nostalgia è pervasa tutta la Scrittura: «Il tuo volto, Signore, io cerco… Mostrami il tuo volto!» (Sal 27,8; Es 33,18). Dio si fa percepire presente, ma riserva la visione del suo volto glorioso a chi, riconciliato con Lui e con i fratelli, entra nel Paradiso celeste. Tuttavia l’eterno Padre si è fatto vicino, vicinissimo all’uomo inviando nel mondo il Figlio come sua icona vivente. Gesù stesso all’apostolo Filippo che gli chiedeva di poter vedere il Padre, rispose: «Chi ha visto me, ha visto il Padre» (Gv 14,9). Viene ovviamente da esclamare: beati gli occhi che videro Gesù! Ma, come dicono i Padri, questa beatitudine non ci è preclusa, perché lo sguardo della fede penetra già nelle profondità del Cielo. Tuttavia, Gesù è venuto incontro a questo nostro desiderio in modo davvero sorprendente. Anche se in quel tempo non si conosceva la tecnica della fotografia, Egli ci ha lasciato una riproduzione fedele del suo volto misteriosamente impresso sul lino con cui lo avevano coperto nel sepolcro.
La Sindone è una foto straordinaria, anzi, molto più che una foto, e anche più di un ritratto, perché non è dipinta da mano d’uomo, ma dallo Spirito, a caratteri di sangue (cf. 2Cor 3,3). Essa ci permette di vedere non solo i tratti nobilissimi del volto di Gesù, ma anche i segni della sua Passione, ponendoci quasi Il volto dell’amato davanti al Figlio di Dio glorificato sulla Croce. Di Lui il Salmista aveva profeticamente cantato: Tu sei il più bello tra i figli dell’uomo, sulle tue labbra è diffusa la grazia (Sal 45,3). Ma il volto della Sindone è quello di Gesù schiaffeggiato, coperto di sputi, deriso; è il volto dell’Uomo dei dolori davanti al quale ci si copre la faccia (Is 53,3), tanto il suo aspetto è sfigurato. Eppure quale sovrana maestà traspare da quel volto! Più lo si contempla, più se ne è attratti. Sì, perché il volto della Sindone è il volto del Figlio di Dio fatto uomo e morto per amore. È il volto dell’Amore rifiutato ancora oggi da noi. Contemplandolo, sentiamo che Gesù ci chiede compassione. E ce la chiede nei mille e mille volti di nostri fratelli sofferenti, i martiri dei nostri giorni. Sapremo dargliela, come quella bambina che, guardando la Sindone, scoppiò in singhiozzi come se avesse avuto realmente davanti Gesù morto? Noi forse preferiremmo vedere solo il bel volto del Risorto, ma la luce della resurrezione ha la sua sorgente nella Croce. È là che bisogna guardare, per scorgere la multiforme bellezza di Gesù che è sempre bello: Bello nei miracoli, bello nella flagellazione, bello sulla croce, bello nel sepolcro, bello in cielo (Agostino, En. in Ps. 44,3). Volto di silenzio, che dice amore: volto sempre adorabile!

Breve nota personale

- Non so davvero aspirare a vedere il volto di un Dio (e chiedo venia a chi rimane male di fronte a questa mia nota).
Vedo, eccome, e con estrema compassione, i volti umani sfigurati dal dolore patito per sventura o per colpa di altri; ma sfigurati anche dalle proprie colpe commesse nei riguardi degli innocenti…
- Mio Dio, perché chiedo a Te un perché al dolore e al male del mondo?
- Rifletto: preferisco implorare il Tuo aiuto per riuscire ad amare questo mistero; forse solo allora capirò senza trovare una risposta razionale.

 

 

 

 

 

 

 

martedì 12 maggio 2015

Sulla festa delle donne

La Festa della Mamma vista da cinque uomini e due donne
Inserito nel sito “Noi Donne" da Gianguido Palumbo Pagi
E’ appena trascorsa “la Festa della Mamma” : da anni ogni seconda domenica di maggio in Italia e non solo si festeggiano le Mamme, le Madri (due parole differenti per due differenti percezioni).
Mi sono svegliato domenica mattina 10 maggio, Festa della Mamma, con in testa fra sogno e sapienza uno strano quanto fecondo intreccio di immagini e pensieri: la Pietà di Michelangelo, la Poesia di Pasolini dedicata all’adorata madre, il suo Film sul Vangelo secondo Matteo (con sua madre che recita la parte della madre di Cristo), Nanni Moretti accanto al letto della madre morente nel suo film Mia Madre, la recensione dell’ennesimo libro di Recalcati Le mani della Madre, la recensione del libro “Dovremmo essere tutti femministi” ( proprio al maschile ) della nigeriana Ngozi Adichie, e sopra tutto e tutti le frasi dissacranti e quasi iconoclaste del gestore romano del Biondo Tevere, famosa trattoria sul fiume in Via Ostiense, dove Pasolini andava spesso a mangiare e dove andò l’ultima sera prima di andare ad Ostia ed essere poi ucciso quarant’ anni fa, nel novembre del 1975.
Ero lì sabato a pranzo: Dottò, oggi nun ce stà tanta ggente a magnà pecchè domani, a Festa da Mamma, vengono tutti qua co e Mamme, Nonne co l’ossigeno attaccato e se magneno tutta a pensione e tutta a pasta de le nonne e de le mamme ! E famolo qua sto novo film, co e Mamme e le Nonne co l’ossigeno che se magneno tutto!“. L’Oste del Biondo Tevere distruggeva brutalmente, con una certa tenerezza, il mito delle Mamme e delle Nonne riportandolo ad un affetto interessato dell’intera Famiglia Italiana, popolare o “piccolo borghese” (come scriveva appunto Pasolini).
Eppure i frammenti di storia della Festa della Mamma recuperabili in rete sono molto interessanti. In quasi tutto il mondo inevitabilmente la Festa della Mamma è datata in Primavera (e quindi in pieno maggio) per la connessione con la fertilità della Natura. Ecco alcuni accenni delle tradizioni in altri Paesi: in Etiopia con balli e cibi si festeggia anche l’inizio della stagione delle piogge; in Iran la festa coincide con il compleanno della figlia più giovane di Maometto, e solo in Indonesia invece si festeggiano le Madri il 22 dicembre con una forte relazione con il loro ruolo socioeconomico e non solamente familiare; in Inghilterra bisogna arrivare al ‘600 per trovare i primi festeggiamenti collegati al lavoro nei campi con il Mothering Sunday e in America del Nord addirittura l’800 per la istituzionalizzazione nazionale della festa. In Italia tale ricorrenza è diventata davvero nazionale solamente nel dopoguerra dal 1957 quando fu promossa per la prima volta da un sacerdote , Don Migliosi in un paesino vicino Assisi a Tordibetto, e dato il successo fu imitato progressivamente di anno in anno da tanti altri piccoli paesi, città, istituzioni religiose e non, fino a diventare Festa Nazionale. Ma l’origine greca della festa è molto interessante per i risvolti culturali profondi che ci racconta ancora oggi. Nell’Antica Grecia in primavera si festeggiava la divinità Rhea, considerata la madre di tutti gli dei e dello stesso Zeus (partorito di nascosto in una grotta per evitare che venisse ucciso da Crono, suo “marito” che temeva, guarda un po’, di perdere il trono se fosse nato un figlio maschio suo successore).  Nell’Antica Roma la divinità madre Rhea era diventata Cibele e veniva adorata anche come protettrice della Terra: ogni anno in primavera nel mese di maggio le si dedicava un’intera settimana di feste. Nel mio intreccio mattutino di immagini e sogni dedicati alla figura della Madre, i protagonisti-artisti-scrittori-registi erano quattro, tutti uomini, due omosessuali ( Michelangelo e Pasolini ) e due credo eterosessuali (Recalcati e Moretti) con relative interpretazioni e “messe in scena” del rapporto con la figura materna.
Tenuto da parte l’Oste della trattoria romana, quinto uomo, la mia reazione alla Festa della Mamma di domenica si arricchiva della lettura critica e della autopresentazione di un libro appena uscito in Italia sul Femminismo (“Dovremmo essere tutti femministi”) di una scrittrice nigeriana. La stranezza, o meno, di questo abbinamento forzato fra le rielaborazioni maschili sulla Madre e le elaborazioni femminili sulle Donne, è che nell’articolo della Mazzucco che recensiva il libro di Ngozi Adichie e nell’articolo di quest’ultima (su La Repubblica RCult di domenica 10 maggio) non vi era neanche una sola riga sulla maternità, sulle Donne Madri, sul Femminismo storico e su quello attuale e la Maternità.
Non è che nell’oscillazione fra “Femminismo” e “Mammismo” rischi di crearsi un vuoto, un silenzio, sia da parte maschile che femminile?
Aggiungerei qualche riga sulle donne assassine dei propri figli, e sugli uomini spietati nei riguardi delle donne che dicono di amare…. Ausilia