martedì 27 marzo 2012

Una donna alla Presidenza della Repubblica? Riflessioni


E’ necessario dire forte e chiaro che non basta essere dentro ad un corpo sessuato per garantire una visione ed uno sguardo alternativo al dominio, al potere e al patriarcato.
……..
Oggi vediamo un certo interesse, molto mediatizzato e focalizzato sul generico ’ascolto’ delle donne, che però non entra nel merito delle questioni di fondo, ovvero appunto si limita a dire che un genere va valorizzato, ma non si sa perché e su quali presupposti di contenuto e di programma, di visione globale e particolare circa le relazioni tra i sessi.
Vorrei essere esplicita fino in fondo: a Genova erano candidate alle primarie tre donne. Sono femminista, ma non ne avrei votato nemmeno una, e se avessi potuto avrei votato un uomo.
Non mi è mai bastato, non mi basta e non mi basterà il generico essere di una donna una mia simile perché io possa affidarle un mandato (non una delega) sui miei interessi e bisogni politici. Deve essere una donna con la quale poter fare un patto di condivisione, per il suo mandato, sulle questioni di fondo urgenti che necessitano una svolta: cambiare il paradigma economico, abbandonare la logico dello sviluppo neoliberista, incidere sulla cultura sessista e omofoba facendola diventare una priorità, ricostruire la signoria della laicità nello spazio pubblico garantendolo dalle derive fondamentaliste, ridisegnare il lavoro mettendo al centro la riproduzione. Mi fermo qui.
Il 50 e 50, ci insegnano le donne dei paesi nordici e alcune esperienze africane, non basta a garantire equità e pari opportunità, perché da sempre nella storia prima del femminismo le donne sono state formidabili alleate del potere.
Ragioniamo su questo, ricordando, come sosteneva Rosa Luxemburg, che chiamare le cose con il proprio nome è il primo gesto rivoluzionario.

Sono d'accordo con Monica Lanfranco. Le donne hanno bisogno di uscire da certe schiavitù e soverchierie. E' necessario che ci adoperiamo per questo, molto molto molto.
Ma le donne hanno bisogno di essere ri-educate alla libertà, quando l'hanno conquistata, altrimenti diamo ragione al più becero maschilismo che le vuole tenere a freno.
Le donne hanno bisogno, non del potere così come è inteso anche da certi migliori uomini. La loro rivoluzione deve essere, secondo me, di un ritrovato senso dei valori cumulati nel lungo silenzio e nelle grandi storture della storia. Puntiamo sulla ricostruzione di quei valori, depurati da ciò che li ha reso non più validi. Vorrei scrivere a caratteri d'oro quest'ultima affermazione. Ausilia

giovedì 22 marzo 2012

la questione del lavoro in mano alle donne?

Dalla Rete: Economia e Lavoro
Fornero o Camusso? - di Paola Avetta
L'articolo 18 irrompe nel PD
inserito da Redazione www. Noidonne.org
Due " primedonne" della politica italiana, Elsa Fornero ministro del Welfare e Susanna Camusso leader della CGIL, sono scese sul campo di battaglia e a far incrociare le armi è il fatidico Articolo 18 inserito nello Statuto del Lavoro per aumentare le tutele dei lavoratori di fronte a padroni che intendano licenziarli. Fornero e Camusso sono donne stimate e apprezzate da tutta la sinistra e ora, in attesa che la Riforma del Mercato del Lavoro prenda corpo sulla carta, diventi legge e arrivi in Parlamento per il voto, al Senato serpeggia il timore di una spaccatura di vertice che possa poi dividere anche la sinistra nella sua base politica. Un primo appello affinché tra Governo e CGIL si ricomponga, già in questi giorni e ore, la frattura è venuto da Anna Finocchiaro, presidente dei Senatori del PD, ma il confronto su quale versante eventualmente schierarsi, se su quello di Fornero o su quello di Camusso, nei corridoi è iniziato e vede contrapporsi anche le donne del PD. “Io sto con la CGIL, dice la Senatrice Silvana Amati, docente Universitaria e convinta che la sinistra non possa tradire le sue radici e le sue battaglie dalla parte dei lavoratori. Per lei l'articolo 18 non va toccato e ipotizza che a volerlo modificare non sia l'esigenza di movimentare il mercato del lavoro (lo scorso anno, dice Silvana Amati, solo in 50 casi i padroni sono stati obbligati a riassumere in nome dell'articolo 18) ma la volontà del Governo di affermare una centralità politica che mortificherebbe la sinistra storica e l'ala del dissenso e che farebbe riaffiorare fantasmi del passato, di quando le famiglie dei sindacalisti si trovavano sul lastrico per licenziamenti in tronco e per motivi politici. Inoltre Silvana Amati vede a rischio i lavoratori più anziani (con le buste paga di conseguenza più pesanti). Ma altre Senatrici PD sono invece convinte che la Riforma Fornero non potrebbe mai permettere che licenziamenti possibili per motivi economici dell'azienda facciano da paravento e si traducano in realtà in licenziamenti discriminatori. "Su questo il Governo dovrà dare garanzie chiare e scritte nel testo di legge" dice la senatrice Vittoria Franco che non nasconde la sua simpatia per Fornero "ferma, franca e chiara come deve essere un Ministro tecnico" e che apprezza molto che nella Riforma compaiano i congedi di paternità obbligatori, il divieto di dimissioni in bianco fatte firmare alle donne e misure che possono combattere il precariato dei giovani. Per la Senatrice Franco l'Articolo 18 non è un tabù se l'opportunità di rivederlo è dettata da esigenze reali di metterci al passo con le esigenze di giovani e del mercato del lavoro e poi, dice Vittoria Franco, la Riforma Monti-Fornero anziché diminuire aumenta le tutele di alcuni lavoratori, di quelli delle piccole aziende con meno di 15 dipendenti. Insomma, la frattura tra le donne al vertice si traduce in confronto aperto anche tra le donne in Parlamento ma domina la convinzione che alla fine a vincere sarà la saggezza e il dialogo responsabile, in nome della pace e della stabilità sociale di cui ha bisogno il nostro Paese. (22 Marzo 2012)

martedì 20 marzo 2012

da'pare o dispare'

Interessante capire; ecco perché trasmetto, Ausilia
Care amiche e cari amici,
E’ passata una settimana dall’8 marzo, le mimose sono appassite e si corre il rischio di aspettare un altro anno prima di riparlare dei temi che interessano le donne italiane.
Colgo quindi questa occasione per fare brevemente il punto su quanto abbiamo realizzato in questi primi mesi del 2012 come POD, quali sono le riflessioni più interessanti che sono emerse dalla pluralità di iniziative cui abbiamo partecipato nei giorni intorno all’8 marzo e quali sono le iniziative di POD a breve.
Nel mese di gennaio POD ha organizzato l’evento Questione Femminile , Questione Italia con la presenza delle ministra Fornero e numerosi ospiti molto interessanti, di qui trovate registrazione completa su http://www.radioradicale.it/scheda/344395/questione-femminile-questione-italia e abbiamo anche quest’anno registrato una grande affluenza di pubblico ed un forte interesse per il tema del lavoro femminile.
Riporto qui solo una riflessione su alcuni dati che mi hanno colpito moltissimo e in qualche misura stupito: in Italia le donne che si dicono “non disponibili a lavorare “sono il 36,5 contro il 29,4 della media UE e questa percentuale sale nel Mezzogiorno al 46,4 . Ciò che mi ha colpito è che tra le donne che si dicono indisponibili a lavorare per motivi familiari solo il 17,2% , cioè poco più di 300.000, dichiara che se avesse servizi adeguati sceglierebbe di lavorare, mentre ben l’82,2 % dichiara che l’indisponibilità a lavorare NON dipende dall’inadeguatezza o insufficienza dei servizi nell’area di residenza. Si parla 1.200.000 donne. Fermo restando che la disponibilità di servizi è e resta dunque una necessità e che va riconosciuta l’assoluta legittimità delle scelte personali, sarebbe interessante capire meglio il pensiero di queste 1.200.000 donne. Alcune saranno ricche di famiglia, altre avranno dei problemi gravissimi di disabilità in famiglia, ma per la grande maggioranza sembrerebbe che ci sia una totale adesione al ruolo e dovere assoluto di cura della famiglia e una visione del proprio futuro “garantito” o dal patrimonio di famiglia o dal matrimonio, due parole che differiscono curiosamente solo per l’iniziale. I patrimoni oggi tremano anche quando sono significativi e difficilmente riescono a garantire il supporto per una vita longeva, i matrimoni sono invece esposti a separazioni e divorzi e non sempre gli accordi di separazione consentono alla donna, magari matura e priva di un lavoro proprio, un buon tenore di vita.
Sarebbe molto interessante capire a fondo queste motivazioni e fino a che punto l’autonomia economica sia percepita come un obiettivo da perseguire e come garanzia per il futuro o come una alternativa inconciliabile con il ruolo famigliare. Infine bisognerebbe chiedersi se questa cultura sia sostenibile e in linea con i tempi.
Altri spunti di riflessione sono venuti dal Seminario che si è tenuto in Banca d’Italia il 7 marzo , in cui sono stati presentati molti studi importanti, sia sull’impatto che le madri lavoratrici hanno sulla sviluppo dei figli, sia su alcune particolarità del nostro sistema fiscale che scoraggia, paradossalmente proprio le donne nelle famiglie meno ricche, a entrare nel mercato del lavoro (vedi: http://www.bancaditalia.it/media/notizie/gender/interventi).
Infine abbiamo partecipato come POD ad un incontro presso la Direzione Rai, promosso dal Presidente del Comitato Pari Opportunità della Rai, M. Pia Ammirati, cui hanno partecipato la ministra Fornero, Emma Bonino e La Direttrice Generale Rai Lorenza Lei e a cui sono state invitate , per la prima volta , le varie associazioni che in questi anni si sono attivate per chiedere una rappresentazione delle donne meno stereotipata e più in linea con la realtà. Anche in questo caso la signora Lei si è impegnata ad attivare l’Osservatorio di Pavia per il monitoraggio e a attivare delle iniziative di programmazione più innovative.
Per il futuro: stiamo organizzando due eventi sui servizi innovativi a Milano e a Salerno per i quali riceverete presto l’invito e vorremmo riattivare il dibattito sulla pubblicità consapevole con il coinvolgimento dei principali attori di mercato.
Infine avete riceverete presto la convocazione dell’assemblea di aprile, cui spero potrete partecipare, perché sarà un’occasione preziosa di dibattito e coinvolgimento

domenica 4 marzo 2012

La morte di Lucio Dalla: i cori di voci esaltanti assieme alle eccezioni

Un articolo tranchant di Aldo Busi su Lucio Dalla
Conta di più la vita o l’opera? L’opera, se la vita ne è la superflua coerenza. Se la vita non è coerente con l’opera che produce, il dibattito resta aperto, ma non per me: non conta né l’una né l’altra, entrambe contano solo per l’occasione sprecata di farne tutt’uno. Quindi, via, giù nell’imbuto dell’oblio delle cose che ne nascondono troppe altre per non appartenere più alla fogna dell’arrivare con meno problemi al ventisette del proprio mese che al ruscello di acqua davvero sorgiva e ristoratrice in tutte le sue preziose molecole per l’umanità assetata.
Anch’io, come Joseph Hansen, penso che “un Dostoevskij che non accenna alla sua epilessia o alla sua dipendenza dal gioco” non sarebbe arrivato lontano e che è superflua ogni opera di chi, invece di raccontare innanzitutto di quanto gli è più prossimo e sa perché accade in lui, fa un balzello in avanti per rimuovere l’indicibile e fastidioso ostacolo della sua umanità per quel che è e si cimenta con i grandi orizzonti esistenziali tanto più gratificanti, che poi risultano essere striminziti tra i piccoli paraocchi di un lirismo demagogico o di una sociologia d’accatto, grazie ai quali arriverà alla santificazione del popolo bue, così attento a glorificarsi attraverso i suoi campioni del sentimentalismo universale.
È uno scarto psichico inevitabile, una sensazione di imbarazzo, un sapore di fregatura sistematica: un omosessuale non pubblicamente dichiarato che quindi se ne strafotta della morale sessuale cattolica, che mai nulla ha espresso contro l’omofobia di matrice clericale che impesta il suo Paese, che mai una volta ha preso posizione aperta per i diritti calpestati dei cittadini suoi simili di sventura politica e civile e razziale, un tipo così che, per esempio, scrive e canta il suo amore per una donna viene prima (per mediocrità di carattere, ipocrisia deliberata, amore del quieto vivere a discapito di chi lotta per i suoi stessi diritti da lui per primo negati) della bellezza o bruttezza della sua dedica impropriamente musicata.
Non vedi l’omaggio alla donna, vedi la ridicola falsità e la necessità estetica per conto terzi che vi soggiace. Ho sempre pensato che Lucio Dalla fosse un checchesco buontempone, un chierichetto furbastro - le sue interviste sono un vero florilegio di banalità in ossequio alla morale comune e all’autorità costituita, alla maniera di Celentano, che a me non piace nemmeno quando canta - e non basta la morte per cancellare la magagna del gay represso cattolico (represso alla luce del sole, il che non ne inibisce certamente il godimento tra le tenebre della vita privata, anzi, le implementa, come ben si sa) che si permette tutte le scorciatoie di comodo (l’arte, il fine superiore e balle varie) pur di non prendere la strada maestra più sensata della basilare affermazione di sé, anche se più accidentata.
Ho sempre pensato, senza mai lasciargli il tempo di aprire bocca per cantare, che un artista che si fa un problema di un tale nonnulla sessuale e che così sessisticamente ruminando offende tutti coloro che, con grande sprezzo del rischio e grossi patimenti personali, hanno ribaltato lo pseudoproblema addosso a chi gli imponeva di farsene uno, sia un povero cristo scansafatiche indegno di altra attenzione.
I ben documentati rapporti di Dalla con Craxi e l’Opus Dei, nonché con l’angelo custode che dichiarò di avere visto al suo fianco, me lo rendono poi addirittura indigesto, per amore della pila sapeva individuare bene dove andare a fare il baciapile, non erano certo le protezioni in alto loco a mancargli, era trasgressivo dove esserlo è di moda e alla portata di qualunque reazionario di mondo, anche se gli sono debitore di molte risate allorché fece un programma televisivo con Sabrina Ferilli in cui si sforzava di dare a vedere che la desiderava - invano, per sua fortuna, e non certo perché fosse di una struggente laidezza fisica.
Non so se le canzoni di Dalla sono belle o brutte, come ne sento l’attacco alla radio, spengo. In questo senso, è in buona compagnia, tutti di autorinnegati di successo. Ve la lascio tutta, o prefiche e sorcini degli scomparsi ad arte già in vita. Io, da parte mia, continuerò a pensare che i veri eroi di Bologna sono i famigliari delle vittime della Uno Bianca e della strage della stazione ferroviaria rimasta impunita, eroi silenziosi sempre più dimenticati, quasi rimossi, attorno a loro io non smetterò un istante di stringermi in un cordoglio senza fine, e purtroppo senza pace.

Personale
PREMESSA: Il coming out (termine usato per dire una verità in forma velata) dell’omosessualità di Lucio Dalla? Chi non ha una verità velata si faccia avanti. Ma guai a confondersi con gli schieramenti pro e contro… Ecco le mie riflessioni personali ed alcuni esempi:
ARTE E VITA NON SONO CONCILIABILI:
a) per la natura dell’arte, che è trasposizione creativa dei dati fenomenici nel loro aspetto simbolico, dal carattere… infinito;
b) per la ‘natura’ della vita vissuta, il cui significato si comincia ad afferrare parzialmente quando si arriva alla soglia dell’aldilà.
UN ESEMPIO: LA MIA STESSA VITA
Credevo di essere questo o quello, ed ora sento che sono altra, molto altra. Ma non mi sbagliavo prima e non mi sbaglio ora: nella corrente della vita nel letto del fiume, come dice Eraclito, non scorre mai la stessa acqua. Ora, nel mio hic et nunc, mi pare di capire di più me stessa ed il resto che ne consegue; e, se mi affido a ciò che vivo nella mia interiorità, non è perché ormai creda di più in me stessa, ma perché, giunta alla soglia dell’aldilà, nel restringersi degli spazi esteriori, si dilatano quelli interiori, dove la FEDE, vetta e culmine della vita, trasferisce il tutto di me nel DIVINO…..
Non è conquistare se stessi mostrarsi per quel che si è, perché anche se si è in-un-certo-modo, ogni modo di essere non è mai, né frutto della libertà, né frutto della necessita, ma della possibilità (da intendere nel suo aspetto provvisorio).
Quando impareremo a non accodarci alle lodi o ai biasimi?
Ogni volta che io mi sono espressa al di fuori degli schieramenti, sono stata CENSURATA. Come mi è capitato – per dire l’ultima – nel caso della Zarri. Io vedo nel suo modo creativo di realizzare le proprie scelte una fortuna, un frutto della sua genialità, altro. Teologa,  magnanima, amorevole, quasi-santa, e tanti altri aspetti hanno i loro contrari, come sarebbe logico capire se fossimo parchi nell’esprimere giudizi. Mi verrebbe da dire che ‘ce la fa’ soltanto chi apprezza un tocco originale nella persona e la reputa ‘fortunata’ a poterlo dispiegare.
Cosa sia la fortuna non lo so, ma ne so qualcosa un po’ per via del suo contrario, la sfortuna. E perciò mi taccio. Ausilia