mercoledì 12 giugno 2013

Il sempre della storia e la profezia

Due testi dai quali si possono trarre analogie
 anche per capire Gesù quale risulta dal
vangelo della prossima domenica
Ne parleremo nel blog "Conversazioni" 

Articolo apparso l’11 giugno 2013 su www.periodistadigital.com/religion/

LA PAURA DEL PAPA E LA PAURA DEI POVERI
p. José Maria CASTILLO
E’ un fatto che nella Chiesa sono numerose le persone alle quali non piace il papa Francesco. Di più, è anche un fatto che nella Chiesa ci sono persone che hanno paura di questo papa.
Questa paura si spiega non solo perchè Francesco è un uomo che non si adatta alle abitudini ed alla maniera “normale” di procedere dei papi che abbiamo conosciuto, ma anche perchè Francesco non smette di parlare di un tema che, a quanto pare, rende nervose non poche persone. Mi riferisco al tema dei poveri.
Io non so cos’hanno i bisognosi perchè, quando si pone questo problema, siamo in molti (mi ci metto anch’io, certamente) a sentirci male, soprattutto quando si presenta in profondità, con tutte le sue cause e conseguenze.
Inoltre – e questo è la cosa più grave – questo papa non si limita a ricordarci l’amore che dobbiamo avere nei confronti dei bisognosi, ma, oltre a questo e soprattutto a questo proposito, nei suoi discorsi e nelle sue omelie è solito scagliarsi contro la gente di Chiesa, denunciando, senza peli sulla lingua, i funzionari della religione che non fanno quello che devono fare, che si comportano come degli arrampicatori che vogliono solo piazzarsi in posti di potere, guadagnare denaro e vivere bene.
E Francesco è arrivato persino a denunciare pubblicamente i mafiosi vestiti con la sottana. Non eravamo abituati a questo linguaggio sulle “auguste labbra del Pontefice”, come era solito esprimersi “L’Osservatore Romano” ai tempi di Giovanni XXIII, che tagliò corto con una tale sciocchezza nel modo di parlare.
Non sto esagerando. E men che mai sto inventando cose non vere.
La settimana scorsa sono stato in Italia per alcune conferenze. E lì mi hanno raccontato di gente famosa e potente negli ambienti ecclesiastici e clericali che stanno morendo di paura.
Temono trasferimenti? Temono destituzioni? Hanno paura di non raggiungere quello che ormai credevano di toccare con la punta delle dita?
Chi lo sa! Comunque sia, non vi è dubbio che di nuovo si sta verificando esattamente quello che ripetono insistentemente i vangeli: i sommi sacerdoti del tempo di Gesù, con le altre autorità religiose, anziani e scribi, “avevano paura” (Mt 21, 26. 46; Lc 20, 19; Mc 11, 18; Lc 22, 2; Mc 11, 32; 12, 12).
Paura di chi? Della gente, del popolo, dei poveri. Così dicono i testi dei vangeli. Come dicono anche che Gesù a bruciapelo disse in faccia a loro che avevano trasformato il tempio in un “covo di banditi” (Mt 21, 13; cf. Ger 7, 11 par). Per questo il papa non ha avuto riguardo nel ripetere, riferendosi a determinati ecclsiastici attuali, che sono dei “banditi”. E Francesco aggiungeva: “lo dice il Vangelo”.
Ci sono alcuni che si lamentano che questo papa non prende decisioni. Perchè non toglie alcuni e mette altri nei posti più importanti della curia.
Nessuno sa quello che il papa Francesco pensa di fare. Quello che sappiamo è quello che ha già fatto.
E, per lo meno fino ad ora, ha fatto due cose che sono evidenti per tutti:
1) Ha adottato uno stile di vita, che non è quello che eravamo abituati a vedere nei papi fino ad ora.
2) Si è schierato decisamente a favore dei poveri e parla molto duramente contro i ricchi e gli arrampicatori che cercano potere e privilegi.
Si limiterà a questo? Credo di no. Siamo all’inizio, non è che l’inizio.
E questo fa più paura ad alcuni. Ma, in ogni caso, non sarà male ricordare che Gesù ha fatto la stessa cosa che fino ad ora sta facendo questo papa: condurre una vita austera ed avere una libertà per parlare e fare certe cose che fanno uscire dai gangheri gli stessi come al tempo di Gesù per il suo comportamento. Francesco fa diventare matti i più osservanti di non poche tradizioni che nei settori più tradizionalisti della Chiesa si consideravano intoccabili.
E - chi l’avrebbe detto! - le due cose che ha già messo in moto Francesco – che sono quelle che ha messo in moto Gesù – sono state (e continuano ad essere) il motore del cambiamento nella storia: 1) uno stile di vita semplice e solidale; 2) un’opzione preferenziale per i poveri, che sposta le persone privilegiate ed importanti, fino a metterle all’ultimo posto.
Il papa Francesco non ha conferito incarichi e non ha preso decisioni clamorose. Si è limitato a mettere al centro delle sue preoccupazioni quello che ha messo Gesù al centro delle sue preoccupazioni: la sofferenza dei poveri.
E questo ha messo la paura in corpo a quelli che desideravano un papato con altre pretese. Le pretese degli arrampicatori e l’ambizione dell’osservanza che può ben occultare un’etica dubbia, forse contraddittoria con il comportamento della gente onesta.
E finisco: vi assicuro che per me è indifferente che il papa sia progressista o conservatore. Quello che mi interessa veramente è che il papa Francesco si è centrato e concentrato sul Vangelo. Non smette di parlare di Gesù, di quello che ha fatto e detto Gesù. Qualsiasi ideologia abbia, se è identificato con Gesù, mi sento spontaneamente identificato con il papa. Nè più e nè meno.
La «tentazione» di Francesco di Assisi
e la possibile «tentazione» di Francesco di Roma
Leonardo Boff, teologo e filosofo
Non dobbiamo immaginare che santi e sante siano liberi da ingiunzioni della comune condizione umana che conosce momenti di esaltazione e di frustrazione, tentazioni pericolose e riuscite coraggiose.
Non è stato differente con San Francesco, presentato come «il fratello sempre allegro», cortese e che viveva una fusione mistica con tutte le creature stimate come fratelli e sorelle. Ma al tempo stesso, era il tipo  preso da grandi passioni e ire profonde quando vedeva i suoi ideali traditi dai fratelli. Il suo migliore biografo Tommaso da Celano con crudele realismo ha testimoniato che Francesco soffriva tentazioni di «violenta lussuria», che sapeva simbolicamente sublimare.
C’è però un fatto che la storiografia pietosa dei francescani praticamente nasconde ma che è molto studiato dalla critica storica. Viene chiamato «La grande tentazione». Gli ultimi cinque anni di vita di Francesco (morì nel 1226), sono segnati da profonde angustie, quasi disperazione, oltre alle gravi malattie che lo affliggevano come la malaria e la cecità.
Il problema era oggettivo: il suo ideale di vita consisteva nel  vivere in estrema povertà, radicale semplicità e spoglio di ogni potere, soltanto appoggiato al Vangelo letto senza glosse che generalmente ne annacquano il senso rivoluzionario.
Accadde che in pochi anni, il suo stile di vita stimolò migliaia di seguaci, più di 5000. Come dar loro alloggio? Come dar loro da mangiare? Molti erano preti e teologi come Sant’Antonio.
Il suo movimento non aveva nessuna struttura né riconoscimenti legali. Era un puro sogno preso sul serio. Lo stesso Francesco si vede come un «novellus pazzus» come un nuovo pazzo che Dio volle nella chiesa ricchissima, governata da Innocenzo III, il più potente tra i papi della storia.
A partire dall’estate 1220 scrisse la regola in varie versioni che furono tutte rifiutate dall’insieme della fraternità. Erano troppo utopistiche. Frustrato e sentendosi inutile, decide di rinunziare alla direzione del movimento.
Pieno di angustie senza sapere più che fare, si rifugia per due anni nei boschi, visitato soltanto dall’amico intimo fra Leone. Aspetta una illuminazione divina che non viene.
In questo frattempo, viene redatta una regola segnata dall’influenza della Curia Romana e dal Papa che trasforma il movimento in ordine religioso: l’Ordine dei Frati Minori con struttura e propositi definiti.
Francesco, con dolore, umilmente, l’accetta. Ma lascia chiaro che non ne avrebbe mai più discusso se non prendendo esempi del primitivo sogno. La legge trionfa sulla vita, il potere ha circoscrive il carisma. Ma rimane lo spirito di Francesco:  povertà, semplicità e fraternità universale che ci ispira fino al giorno d’oggi.
Morì all’interno di una grande frustrazione personale ma senza perdere la giovialità. Morì cantando salmi e cantilene di amore della Provenza.
Francesco di Roma sicuramente starà affrontando la sua «grande tentazione», non più piccola di quella di Francesco di Assisi. Dovrà riformare la Curia Romana, una istituzione che conta circa 1000 anni. Lì sta cristallizzato il potere sacro (sacra potestas) in forma amministrativa. Insomma si tratta di amministrare una istituzione con una popolazione come la Cina: 1 miliardo e duecento milioni di cattolici.
Ma è necessario avvertire subito: dove c’è potere difficilmente comandano l’amore e la misericordia. È l’impero della dottrina, dell’ordine e della legge che per loro natura includono o escludono, approvano o condannano. Dove esiste potere, specialmente in una monarchia assoluta come lo Stato del Vaticano, sempre troviamo un anti-potere, intrighi, carceri, carrierismo e dispute per avere più potere ancora. Thomas Hobbes nel suo Leviatan (1651) ha visto chiaro: «Non si può garantire il potere se non cercando potere e sempre più potere».
Il Francesco di Roma, l’attuale vescovo locale e papa, dovrà interagire con questo potere, segnato da mille astuzie e, a volte, dalla corruzione. Sappiamo di papi precedenti che si erano proposti di riformare la Curia, sappiamo di resistenze, di frustrazioni che hanno dovuto tollerare e sappiamo perfino di sospetti di eliminazione fisica di papi, fatte da persone dell’amministrazione ecclesiastica.
Francesco di Roma possiede lo spirito di Francesco di Assisi: la povertà, la semplicità e lo spoliazione del potere. Ma per nostra felicità è gesuita,  con un’altra formazione, dotato del famoso «discernimento degli spiriti», proprio dell’Ordine.
Una tenerezza esplicita in tutto quello che fa ma può mostrare anche vigore  inusuale come succede a un Papa che ha la missione di restaurare la chiesa moralmente in rovina.
Francesco di Assisi aveva pochi consiglieri, sognatori come lui che praticamente non sapevano come aiutarlo.
Francesco di Roma si è circondato da consiglieri scelti da tutti i continenti, in maggioranza anziani vale a dire, che hanno avuto esperienze nell’esercizio del potere sacro.
Francesco di Roma dovrà darsi un altro profilo: più servizio che comando; più spoliazione che fronzoli e simboli del potere di palazzo; più con «odore di pecore» che di profumi di fiori da altare. Il portatore di potere sacro deve essere anzitutto pastore prima che autorità ecclesiastica; presiedere più nella carità e meno con il diritto canonico; deve essere fratello tra altri fratelli anche se con responsabilità differenziate.
Francesco di Roma riuscirà ad affrontare la sua «grande tentazione» ispirato dal suo omonimo di Assisi?
Credo che saprà avere la mano ferma e non gli mancherà il coraggio per servire quello che il suo «discernimento degli spiriti» gli detta per restaurare di fatto la credibilità della Chiesa e restituire fascino alla figura di Gesù.


domenica 9 giugno 2013

Gli incontri di domenica

Fatti e detti di ieri 09/06/2013
a) LETTA-RENZI
Di Carlo Bertini, inviato di Firenze
Parole di Renzi a Letta
Escono insieme da un portone laterale di Palazzo Vecchio a favore delle telecamere e si battono il «cinque» con un mezzo sorriso, a sancire quel patto che sulla carta è di non belligeranza ma che in realtà può essere qualcosa di più: anche se il rottamatore ai suoi dice che «entrambi siamo coscienti che ad un certo punto potremmo essere concorrenti» e anche se è ancora tutto prematuro, la giornata fiorentina del premier sancisce quella che Letta con una battuta in privato al sindaco ha sintetizzato con l’espressione «siamo una squadra».  
Che i due siano amici lo dimostra un siparietto che la dice lunga sui rapporti di familiarità: dopo aver trascorso mezz’ora dal governatore della Toscana Enrico Rossi, il premier si ripresenta alla porta del sindaco che non lo attendeva e che gli va ad aprire a torso nudo, perché avvisato all’ultimo momento sta indossando una camicia al posto della maglietta. 
Questo alle cinque del pomeriggio. Ma all’ora di pranzo, dopo due ore di chiacchiere a tutto campo, su governo e congresso del Pd, menù light di tartare di carne, frutta e birra, i due potenziali rivali di domani siglano la classica tregua armata. Che volendo forzare un bel po’ le cose si potrebbe così tradurre: se Renzi sosterrà lealmente il governo di larghe intese, per quanto transitorio ed «eccezionale», potrà contare sulla benedizione del premier ad una sua candidatura al congresso del Pd, sapendo che al prossimo giro il governo forse potrebbe toccare a lui, perché l’orizzonte di Letta - allo stato - sembra essere più proiettato verso una cornice europea.
«Abbiamo parlato di governo, del partito, di tutto». E fa una promessa, riferendosi senza dirlo alla storica antinomia tra D’Alema e Veltroni. «Noi siamo persone che collaborano e chi pensa che rinverdiremo antiche vicende di galli nel pollaio o sgambetti vari, ha sbagliato proprio storia». Ma al di là dell’amicizia, sarete i naturali contendenti della prossima fase, lo incalza il direttore di Repubblica. «Io mi concentro solo su questa fase e per quanto mi riguarda, il futuro lo declino in chiave comunitaria, più complessiva, ma ora non ci penso». E se si nota come per tre volte Letta rimarca «io mi concentro solo sul presente», altrimenti «viene giù tutto», si capisce che la tregua tra i due potrà essere solo armata.  
Non è un mistero che Letta vorrebbe garantito un periodo di serenità che comprenda anche il semestre europeo a presidenza italiana che scadrà a fine 2014. La commissione dei 40 per le riforme comincerà a lavorare in settembre e quei diciotto mesi di scadenza portano pure oltre quella data. Il suo unico obiettivo è andare avanti con il programma di riforme e le scelte congressuali del premier saranno funzionali ad una segreteria che possa sostenere bene il governo, insomma più ad una linea politica che ad una persona, assicurano i lettiani.  
Ma in questa fase Letta tollera anche le sollecitazioni al governo per fare presto e bene le cose che il Paese si aspetta. Insomma i due, pur sapendo di essere ben diversi, vogliono lavorare sulle loro complementarietà e se patto viene ribadito è quello di «non farci dividere e di gestire insieme le prossime fasi». Renzi la racconta un po’ diversa ai suoi che gli chiedono lumi. «Io lo dico apertamente che voglio fare il candidato premier al prossimo giro, lui per ora dice vediamo come va il governo. Se va bene può avere delle ambizioni, è legittimo...».
Tra i due
Di certo c’è che i due si impegnano a rivedersi a breve, segno che «potrebbero essere contati i giorni che ci separano da un annuncio di una candidatura di Renzi alla guida del Pd».  
Almeno così la pensano gli uomini del premier. Che fanno ben capire come al di là del buon rapporto di amicizia, non si può parlare di accordi blindati. Anche perché Letta non potrebbe mai appoggiare al congresso uno che si candidi contro il governo delle larghe intese e quindi se vorrà il suo sostegno, Renzi se lo dovrà conquistare. Il rottamatore sta valutando il da farsi e quando gli si chiede come sia andata, prima di assistere all’intervista del premier ad opera di Ezio Mauro, risponde guardingo, nega che vi siano patti di sorta. «Voglio sentire come la racconta lui dal palco».
E infatti Letta prima se la cava con qualche battuta, «sono uscito in mutande perché mi ha chiesto 20 milioni per gli Uffizi...», oppure «il sindaco ha passato le ultime tre ore a mostrarmi le bellezze di Firenze e a sottolineare quanto siano superiori a quelle di Pisa. Mi ha anche fatto vedere che la torre del Palazzo Vecchio ha 87 gradini mentre quella di Pisa solo 57». Non racconta che Renzi lo ha fatto pure entrare nella celletta della Torre dove Savonarola visse le sue ultime ore.  

b) NAPOLITANO - SCALFARI
"Non sono intenzionato a rivivere, da presidente della Repubblica, l'incubo di quei mesi, durante i quali nella Commissione Affari Costituzionali del Senato si è pestata l'acqua nel mortaio e non si è stati capaci di partorire nessuna riforma elettorale, avendo tutti i partiti giurato che bisognava farlo". [Nel mirino di Re Giorgio c'è sempre il Porcellum. Non ribadisce esplicitamente la possibilità di lasciare il Colle nel caso di un nuovo stallo, ma è questo il sottinteso del suo pensiero.] 

"Vedo serpeggiare la preoccupazione che quest’alleanza possa durare troppo, anzi che possa durare per l'eternità. Francamente sono un po' sbalordito. Adesso il problema, dopo un mese, è di far vivere questo governo per un'esigenza minima di stabilità istituzionale, direi quasi di sopravvivenza istituzionale e del Paese, poi ognuno riprenderà la sua strada, ma sulle riforme che bisogna fare bisogna trovare il consenso più largo". Il Capo dello Stato si dice "tenace assertore  della necessità che, su alcuni terreni fondamentali gli opposti schieramenti politici riescano ad esprimere un impegno comune - questo deve essere innanzitutto il terreno delle regole e delle riforme istituzionali. In questo momento sono per le riforme, che debbono essere nella maggior misura possibile concordate, fermo restando che un'alleanza politica è sempre un'alleanza a termine, in modo particolare quando è un'alleanza eccezionale, come lo fu quella del 1976-1979, come lo è quella attuale".

domenica 2 giugno 2013

2 giugno. Fico intervsitato

Estratto da “L’Unità” – Sottolineo attraverso il colore azzurro le risposte di Fico; attraverso il rosso quelle che trovo più illuminanti ai fini di capire

FICO: 5 STELLE NON E' DI SINISTRA
«Il M5S non è un movimento di sinistra, che vuole essere di supporto ad una nuova sinistra. È un movimento popolare totalmente trasversale».
 FICO: SOLO M5S IN PARLAMENTO TUTELA I CITTADINI
«Se non c'è il Movimento 5 Stelle, i cittadini in Parlamento non vengono tutelati». «A oggi non posso immaginarmi un Parlamento senza M5S, non ci sarebbe opposizione». «Mi rendo conto che quello che dicevamo sul fatto che il Pd fosse uguale a Pdl - aggiunge - è vero. Lo penso quando votano le stesse cose, quando fanno il governo insieme, quando continuano a volere l'acqua privata, quando sono insieme sulle grandi opere».
FICO: NESSUNO CAMBIA IL PAESE DA SOLO 
«Non è una persona da sola che può cambiare le sorti del Paese, ma un progetto come il Movimento 5 Stelle. Una persona sola non può cambiare il potere costituito dei partiti, non simpatizziamo per nessuno».
FICO: GOVERNO LETTA DURERA' 18 MESI
«Secondo me il Governo Letta potrebbe arrivare a durare 18 mesi perché c'è il semestre europeo e non penso che vogliano fare trattare gli interessi che hanno in Europa ad altri».
FICO: DDL FINANZIAMENTO AI PARTITI E' UNA TRUFFA 
Il disegno di legge sull'abolizione del finanziamento pubblico ai partiti «è uno scandalo, è una truffa». «La truffa – spiega - è stata portata avanti per anni. E adesso? Loro fanno una legge complicatissima» che prevede l'abolizione graduale. «Ma c'è un referendum del 1993 che aveva già abolito il finanziamento pubblico ai partiti. Chi non rispetta il risultato del referendum è fuori dal Paese. Loro devono rinunciare ai soldi e restituire anche il maltolto» [dal 1993 ad oggi].
FICO: DISPIACIUTO CHE RODOTA' NON ABBIA TELEFONATO
«È stato un punto doloroso». «Però dobbiamo comprendere che l'M5S non è un movimento di sinistra o che vuole ricostruirla, è un movimento popolare e trasversale. Anche a me è dispiaciuto che invece di alzare il telefono e parlare direttamente con noi delle informazioni che aveva avuto sul M5S, Rodotà sia andato a parlare al Corriere della Sera». «Rodotà era la persona votata dai nostri iscritti. Io non credo che i parlamentari abbiano perso stima». 
FICO: NESSUNA IPOTESI DI SCISSIONE 5 STELLE 

All'interno del Movimento 5 Stelle «non esiste l'ipotesi della scissione», perché «siamo compatti».
FICO: IO DIVERSO DA QUESTI POLITICI
«Io sono diverso da questi politici, io sono una persona, sono un cittadino. Sono in parlamento, in un percorso sano, nessuno ci può dire niente». 
FICO: NESSUNA SCONFITTA, NOSTRO FARO È PARTECIPAZIONE
«Se parliamo sempre di perdita e vittoria non comprendiamo il faro del movimento, cioè la partecipazione dei cittadini. Stiamo ricostruendo una cultura nel paese». Alle amministrative «Non c'è stata sconfitta perché nel 2012 ci siamo presentati in 100 comuni, nel 2013 in 200 comuni e abbiamo eletto 400 consiglieri». «Non sto dicendo che non abbiamo perso ma la logica vincere e perdere non appartiene al movimento».
FICO: NON ANDREMO DA FLORIS A BALLARO'
«No, perché sarebbe all'interno del talk show, un tipo di format che a me non piace». 
FICO: GABANELLI POTEVA CHIEDERE DATI A GRILLO

«A me personalmente il servizio della Gabanelli è dispiaciuto, ma lei rimane una grande giornalista. Però poteva però chiedere i dati a Grillo, a Casaleggio, al nostro gruppo parlamentare. Glieli avremmo tranquillamente forniti. La nostra arma è la trasparenza».
FICO: MAI STATO UN EDITTO DI GRILLO
«Noi non vogliamo giornalisti amici del Movimento 5 Stelle, ma che agiscano nel merito delle cose. Non devono essercene in odore di lottizzazione da parte dei partiti se no il paese non capisce più la realtà dei fatti». «Non c'è mai stato un editto di Beppe Grillo, lui parla dai palchi e dice cosa pensa. È un battitore libero. L'editto bulgaro di Berlusconi invece era vero e ha avuto effetto. È importante anche la storia personale delle persone». 
FICO: SULLA RAI NOI GLI UNICI CREDIBILI 
«La Rai deve essere tolta dalle mani dei partiti, non può esserci il monopolio dei partiti all'interno della Rai», Quando Lucia Annunziata gli fa notare che tutti, in passato, hanno annunciato lo stesso proposito, Fico risponde «noi siamo gli unici ad essere credibili quando diciamo questo. Bisogna cambiare modo di governarla». «Dobbiamo spingere per il controllo diretto da parte dei cittadini del consiglio di amministrazione della Rai. Anzi, i cittadini devono essere parte integrante del cda della Rai. «Mi sta dicendo che finora ci sono stati solo deficienti?», replica Lucia Annunziata. «No, ho una buona idea della Rai ma è stata gestita male dai partiti». 
FICO: FUORI CHI NON SEGUE LINEA COMUNICAZIONE 
«Non è giusto fare interviste dopo che si è fatta una riunione in cui si è decisa una linea. È possibile che qualcuno non si ritrovi più in questo percorso e quindi ne trarrà le conseguenze». 
FICO: COMUNICAZIONE PIÙ EFFICACE CON I CITTADINI 
Quello con Grillo e Casaleggio «è stato un incontro molto rilassato e tranquillo, abbiamo discusso di comunicazione. Noi abbiamo due gruppi, alla Camera e al Senato che ci aiutano a comunicare all'esterno. Non siamo mai andati ai talk show, ma abbiamo fatto, ad esempio, collegamenti con i tg. Stiamo cercando di stabilire una comunicazione più efficace per fare arrivare le nostre proposte di legge ai cittadini». 
FICO: CANDIDATO A VIGILANZA RAI PERCHE’…
«Sono laureato in Scienze della comunicazione, con una specializzazione in comunicazione di massa, ho un master in management e mi sono occupato di comunicazione e informazione all'interno del Movimento, quindi sono sembrato il più adatto».
FICO: MAI SOTTRATTI ALLA TV
«Mai sottratti, ci siamo sempre stati all'interno di un confronto dove escono fuori i contenuti. Siamo un gruppo che agisce a maggioranza. Cercare di andare in trasmissioni dove escono fuori i contenuti». «Non c'è una vera e propria regola ma delle indicazioni». 
FICO: E' INIZIATO PERCORSO

Rispondendo alla domanda dell’ANNUNZIATA: PERCHE' SOLO IN 10 A LEZIONE DI TV?: «Una classe di dieci persone per confrontarci e comunicare all'esterno. Funziona per creare un gruppo di comunicazione da trasferire all'esterno».

sabato 1 giugno 2013

e oggi mi pare

E.... oggi mi pare di aver capito
a) che la gente vede una truffa nella proposta di legge sul finanziamento dei partitiIo la penso come "la gente".
b) Barca parla dall'alto (si fa per dire) della sua chiaroveggenza (ahimè). Potrei capire qualcosa io, ma non la gente. E sento in lui odore di montismo.....
c) Renzi scalpita. Penso che abbia ragione: si cincischia e si perde tempo. Ci si lamenta del suo protagonismo? ma chi si lamenta di lui pensa alla propria gobba? percepisce il grido di dolore degli ultimi? Renzi non vuole essere un salvatore dell'umanità, ma FORSE un po' di chiaroveggenza e di senso della concretezza in più la possiede.