martedì 21 ottobre 2014

Sinodo e i diritti degli omosessuali

SINODO E I DIRITTI DEGLI OMOSESSUALI
La maratona del Sinodo straordinario sulla famiglia voluto direttamente da Papa Francesco si è conclusa oggi. Le innovazioni non sono ampie come le avrebbe volute Bergoglio, se si considera che sui tre paragrafi più delicati della relazione finale - quelli riguardanti gli omosessuali e la comunione ai divorziati risposati - non si è raggiunta la maggioranza dei due terzi. In un dibattito che comunque non ha precedenti nella storia della Chiesa, i padri sinodali hanno in un certo senso frenato la spinta innovatrice del Papa argentino, che tuttavia ne esce vincitore per aver favorito il primo vero dibattito nella storia dei Sinodi della chiesa cattolica.
Gli unici tre paragrafi della relatio synodi a non aver ottenuto la maggioranza dei due terzi sono anche i più spinosi, quelli che toccano i nodi dei divorziati risposati e dell'omosessualità. Tutti gli altri paragrafi, a quanto si apprende, sono stati approvati ad ampia maggioranza. Sulle questioni maggiormente controverse, Papa Francesco avrebbe verosimilmente preferito delle prese di posizione più forti, ma per ora ha dovuto acconsentire a un testo finale molto più cauto, e che comunque rimanda ogni decisione all'anno prossimo.
ORA LA CHIESA AVRÀ UN ANNO DI TEMPO - FINO AL SINODO ORDINARIO PREVISTO PER OTTOBRE 2015 - PER "MATURARE" LE SUE POSIZIONI.
La tentazione del buonismo distruttivo, che a nome di una misericordia ingannatrice fascia le ferite senza prima curarle e medicarle; che tratta i sintomi e non le cause e le radici. È la tentazione dei 'buonisti', dei timorosi e anche dei cosiddetti 'progressisti e liberalisti'. La tentazione di trasformare la pietra in pane per rompere un digiuno lungo, pesante e dolente e anche di trasformare il pane in pietra e scagliarla contro i peccatori, i deboli e i malati cioè di trasformarlo in 'fardelli insopportabili'. La tentazione di scendere dalla croce, per accontentare la gente, e non rimanerci, per compiere la volontà del Padre; di piegarsi allo spirito mondano invece di purificarlo e piegarlo allo spirito di Dio.
"Si è riflettuto sulla possibilità che i divorziati e risposati accedano ai sacramenti della Penitenza e dell'Eucaristia. Diversi padri sinodali hanno insistito a favore della disciplina attuale, in forza del rapporto costitutivo fra la partecipazione all'Eucaristia e la comunione con la Chiesa ed il suo insegnamento sul matrimonio indissolubile. Altri si sono espressi per un'accoglienza non generalizzata alla mensa eucaristica, in alcune situazioni particolari ed a condizioni ben precise, soprattutto quando si tratta di casi irreversibili e legati ad obblighi morali verso i figli che verrebbero a subire sofferenze ingiuste.
L'eventuale accesso ai sacramenti dovrebbe essere preceduto da un cammino penitenziale sotto la responsabilità del Vescovo diocesano. Va ancora approfondita la questione, tenendo ben presente la distinzione tra situazione oggettiva di peccato e circostanze attenuanti, dato che 'l'imputabilità e la responsabilità di un'azione possono essere sminuite o annullate" da diversi 'fattori psichici oppure sociali'".
Anche il punto 53 è stato approvato a maggioranza semplice (112 favorevoli e 64 contrari). Eccone il testo:
"Alcuni padri hanno sostenuto che le persone divorziate e risposate o conviventi possono ricorrere fruttuosamente alla comunione spirituale. Altri padri si sono domandati perché allora non possano accedere a quella sacramentale. Viene quindi sollecitato un approfondimento della tematica in grado di far emergere la peculiarità delle due forme e la loro connessione con la teologia del matrimonio".
Un risultato ancora migliore ha avuto il punto 55 che riguardava "l'attenzione pastorale verso le persone con orientamento omosessuale" (approvato da 118 e respinto da 62 padri):
"Alcune famiglie vivono l'esperienza di avere al loro interno persone con orientamento omosessuale. Al riguardo ci si è interrogati su quale attenzione pastorale sia opportuna di fronte a questa situazione riferendosi a quanto insegna la Chiesa: "Non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia". Nondimeno, gli uomini e le donne con tendenze omosessuali devono essere accolti con rispetto e delicatezza. 'A loro riguardo si evitera' ogni marchio di ingiusta discriminazionè" come raccomanda già la Congregazione per la Dottrina della Fede, nelle "Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali".

Articolo di GIANNI GENNARI
Cose della vita…Voci dal Sinodo come musica attesa da una vita.
Molti mi chiedono perché in questi giorni non scrivo su “Avvenire” e sembra che non parli…E’ vero! Due ragioni e una eccezione. La prima ragione, contingente, è necessitata da circostanze concrete e private. La seconda, la più importante finora, è che nel momento in cui la Chiesa, la Chiesa che è anche mia – senza alcuna esclusività – si trova in un momento in cui finalmente parlano sia il Papa – questo Papa in particolare – e duecento vescovi, allora mi pare che valga la pena di ascoltare, piuttosto che di parlare…
Faccio però una eccezione sommando diverse letture. La prima è che i giornali parlano di scontro, mentre si tratta di diversità di visione teologica ed anche ecclesiologica. Una delle parti in contrasto, però, rivendica unicamente alla sua opinione, per quanto illustre e magari impostasi da molto tempo come “la” lettura “cattolica”, la coerenza con la fede cristiana e cattolica. Quando il cardinale Burke scrive sul “Foglio” che siamo di fronte ad un tradimento della fede, addirittura appoggiata da un confratello come Kasper, e quindi traditore in primis, e sotto sotto – anche sopra sopra – si fa intendere che il realtà chi ha già tradito e tradisce, o si prepara a tradire ancora più pesantemente è il Papa, allora per costoro la diversità diventa automaticamente “eresia”. Kasper è stato insultato per questo a sufficienza, anche da colleghi con un libro intero che non si accontenta di esporre le idee proprie degli illustri Autori, confratelli di Kasper, ma pretende di essere portavoce della “vera” fede contro i traditori, tutti, vestiti come siano, anche di bianco…Potrei portare tanti esempi, ed è evidente che questa “contromusica” non è iniziata per il Sinodo, ma va avanti da più di un anno e mezzo. Se qualcuno rivendica solo a sé, e ai suoi, la lampada accesa della fede definita e della Tradizione (T maiuscola, come ricordava Giovanni Paolo I), in questo modo è lui stesso che “strappa” (airéo, da cui eresia in greco dice proprio strappo) l’unità della fede e della vita comunitaria.
E infatti ecco che dopo Kasper l’accusa, oggi, si sposta su un altro bersaglio: è uscita la relatio post disceptationem e nel mirino emerge Bruno Forte. In realtà da molti anni il teologo Forte, poi vescovo e ora scelto dal Papa (già: proprio quello che “non piae”!) è da certe fonti di scuola teologica nota dai tempi del Concilio e anche prima, esplicitamente accusato di eresia. Come unico esempio – che è lì da anni, in rete si trova sempre una lunghissima arringa di mons. Brunero Gherardini, teologo di “scuola romana” da sempre anticonciliare – quella per cui Paolo VI stesso era “eretico” (parola esplicita di mons. Antonio Piolanti davanti ad un aula colma di studenti, nel 1965) – che avanza l’accusa di negazione della divinità di Cristo – una bazzecola, vero? Ndr) per il semplice fatto di usare la formula “il Dio di Gesù Cristo”! Non basterebbe, a parte le spiegazioni fornite da Forte con pazienza e più volte nei suoi stessi scritti, capire che si tratta di un genitivo epesegetico, per cui quel “di” sta anche per “che è…”? Non basta, e in rete, sempre stesse fonti, ancora rimbalzano le accuse al Concilio, a Papa Giovanni, a Paolo VI – anche con innominabili calunnie propalate da 50 anni!
E dopo Forte – vedremo! – il bersaglio si alzerà ancora, in vista della continuazione in tutta la Chiesa delle spinte della prima parte di questo Sinodo…Dunque – posto che occorra – solidarietà a Forte e attesa, speranza e preghiera…
Ora l’eccezione. Leggo – sempre stesse pagine che si sono impegnate nella “crociata” anti-Francesco e ora anti-sinodo – che piace in quei paraggi, a proposito del problema dei divorziati e risposati, una soluzione che riceve persino la benedizione del prof. De Mattei, vero uomo ombra, da sempre, del rifiuto del Vaticano II e delle nostalgie sul Papa distante, sacrale, da venerare come immagine fissa nei secoli, del tutto diverso – e se ne sono accorti anche Papi Santi a modo loro, come Giovanni XXIII e lo stesso Paolo VI – e congeniale ad altri e ben più terreni interessi, non solo ecclesiastici…
La soluzione sarebbe quella di consentire la Comunione a quei soggetti che si dichiarano pentiti della rottura del precedente matrimonio, che tuttavia non è più possibile mantenere in vita, e si impegnano a vivere insieme, volersi bene, dialogare, pregare, occuparsi del prossimo in difficoltà come esige il mandato di Cristo per tutti, ma…Ma per “certe cose” niente! La formula perfettamente “ecclesiastichese” è “come fratello e sorella”!
Che dire? Che personalmente mi pare la soluzione forse inconsciamente ipocrita e certo anche contraddittoria che si possa pensare, alla luce della stessa morale cattolica per molte ragioni: alcune provo a farle presenti qui.
I comandamenti sono cosa seria. C’è p. es. il “non uccidere”, ma per prassi un assassino, purché pentito e dopo eventuale periodo di discerimento, può confessarsi sinceramente addolorato e ottenere l’assoluzione. Ma il male fatto,  è in realtà del tutto irreparabile. La vita terrena di una persona è realtà donata da Dio, e questa realtà non esiste più…Ebbene: con congrua penitenza, guidata dalla coscienza personale e dalla saggezza pastorale e dottrinale del confessore si ha assoluzione e quindi possibilità di fare la Comunione eucaristica…E se si tratta di un matrimonio, “assassinato” per varie ragioni e non più revocabile in vita concreta? Niente! Se il sabato è per l’uomo, lo sono anche i sacramenti, oppure no? A parte il fatto, e qui la teologia morale tradizionale cattolica, coltivata anche e soprattutto da certe scuole molto “romane” e “curiali”, che ho conosciuto benissimo in anni passati, può ricordare il dovere di “fuggire le occasioni prossime del peccato”? Due persone riceverebbero il permesso e il perdono, ma trovandosi continuamente, stessa casa, stesso affetto, stessa cura di eventuali figli portati con sé dal primo matrimonio, in continua (e prossimissima!) occasione di peccato…
Ci pensino bene, i cultori della “verità cattolica” identificata con le loro idee che hanno molti risvolti, anche in economia e in visione del mondo e della dottrina sociale, e forse si renderanno conto che il fatto che questa “soluzione” piace a De Mattei e soci non è altro che una sottile vendetta della diffidenza circa la sessualità, e spesso del fatto che essendo celibi per legge non si esita – parole di Vangelo ricordate di recente anche da Papa Francesco – a mettere sulle spalle degli altri dei pesi che qualcuno non tocca neppure con un dito!


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