Libere sempre, Einaudi, l'ultimo
libro di Marisa Ombra
Una lettera, amorosa, alle
donne di domani perchè il futuro sono loro. [leggi giù il “secondo me” e possibilmente di' la tua]
Settantatre
sono gli anni di differenza tra Marisa Ombra e una giovane interlocutrice.
Quando compiva i suoi 14 anni, nel “lontanissimo 1939”, la Seconda guerra
mondiale irrompeva nella vita che “si svolgeva nella più assoluta normalità”
mentre “le quattordicenni di allora si preoccupavano intensamente delle stesse
cose che stanno in cima ai tuoi pensieri di oggi”. Il mondo era sconvolto da
una violenza disumana e l’anoressia era stato il suo rifiuto dell’evidenza, la
“difficoltà a spiegarsi il mondo e l’assenza di ragioni per esistere e nessuna
motivazione per immaginare un futuro”. Lo scossone arriva dal padre, che
coinvolge “tutta la famiglia nel lavoro clandestino preparatorio degli scioperi
del ’43, quelli che, insieme allo sbarco degli Alleati in Sicilia, avrebbero
decretato la fine di Mussolini”. Con la lotta partigiana guarì l’anoressia e
“molti altri problemi che stavano agitando la mia adolescenza. Per esempio il
come e il chi volessi essere”. Si osserva, Marisa Ombra, e si descrive, da
staffetta, in un lavoro “solitario e perciò molto pericoloso”, accompagnato
dalla paura di sbagliare ma anche da un sentimento di “potenza”. Arriva il
parallelismo con l’oggi, il messaggio alla giovane con la quale conversa Ombra:
“ a tutte si presenta il momento in cui è obbligatorio scegliere i mattoni sui
quali costruire la propria vita”, i “fondamentali”. Tra questi, la libertà,
assaporata in momenti o situazioni apparentemente banali, come “camminare da
sola lungo i crinali e i sentieri delle Langhe”. E poi la bellezza della
solitudine. Come si può spiegare il fascino della solitudine a giovani che sono
‘liberi’ di vedersi a qualsiasi ora, che si telefonano e si scrivono
continuamente? Ma sono i momenti di rottura, con le consuetudini e con le
tradizioni, quelli su cui maturano nuove consapevolezze, e le
ragazze che - come Ombra - avevano scelto la lotta partigiana, insieme ai
pericoli vissero (e inventarono) nuove modalità nei rapporti con gli uomini.
“La Liberazione aveva liberato molte cose. Aveva rotto le gabbie… Ci si
parlava. Si imparava a vivere in libertà”. Ma era solo l’inizio. “Il
cammino per far diventare ordinarie quelle regole straordinarie si è rivelato
lungo e tortuoso”, e l’impegno delle donne non è mai venuto meno.
Quali sono i miti della tua
generazione, cara, giovane amica? La domanda non arriva per caso, da parte di
chi ha vissuto tutta la vita innamorata di un mito:
“L’errore più grande”, scrive Marisa Ombra, che poi ha fatto la grande fatica
di “smitizzare il mito senza rinunciare alla passione” mantenendo
fermi due punti: libertà e responsabilità. Eccoli, i ‘fondamentali’,
spiegati a chi è nato sotto l’imperio del mito dell’estetica e del corpo in
vendita. Apri gli occhi, cara, giovane, amica e, abbandonando la solitudine
dell’automobile, prova la gioia di incontrare sull’autobus “una vasta umanità,
varia e ricca di cose diverse da quelle che conosci”. Marisa Ombra passa la
parola alla giovane e (per ora) silente amica, parte di quella “metà del mondo
che è emersa”, meraviglioso “auspicio che già da solo basta a restituirti un
futuro”. (T. B.)
Secondo me
E’ sempre così:
quando si coltiva un mito, nel momento del ‘fare’ ci pare di poter trasferire
il mito in realtà, e godiamo uno spezzone di libertà che diventa il parametro
del nostro ancoraggio esistenziale. Ovunque vedo la fede in un mito; altrimenti
vedo di peggio: la disillusione più nera e disarmante. Da pate mia cerco di
liberarmi continuamente di ogni assoluto e di restituire alla fetta di
quotidiano il buoN pane di una ricerca appassionata di verità. La frase “la
verità vi farà liberi” non significa mitizzare la stessa verità, altrimenti il
circolo vizioso mette subito una sua radice; significa PREGUSTARE UNA VERITA’ SAPENDO CHE NON è LA
LIBERTA’ .
Un’altra nota: “le
donne saranno il futuro”? No ma le donne assieme agli altri…
Ausilia
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