lunedì 5 settembre 2016


Giulia Paola Di Nicola – Attilio Danese

Il buio sconfitto

Cinque relazioni speciali

tra eros e amicizia spirituale

Recensione di Ausilia Riggi

 
Se volessi dare una definizione in grado di sintetizzare quanto cercherò di dire in questa recensione, titolerei così: L’amore di coppia cristiano.
I due autori ce ne offrono una visione di insieme documentata. Sento il bisogno di ringraziarli per aver fatto un lavoro quanto mai mirato a mettere a fuoco lo specifico argomento dell’amore di coppia. Hanno saputo selezionare, tra informazioni che sono ormai di pubblico dominio, quelle che forse altrove sono sottaciute. Hanno avvalorato la ricerca con varie citazioni, le più interessanti delle quali, a mio parere, sono quelle autobiografiche e relative all’amore dei personaggi di cui si parla.  
Seguendo la pista degli autori, vorrei stimolare i lettori di questo libro ad inseguire il modello interpretativo che ho cercato di offrire traendolo dalla ricerca degli autori. Infatti mi è sembrato di poter cogliere tra le cinque coppie una sorta di complementarità: nella loro singolarità le storie sono dissimili; avvicinate e confrontate, si ricava una concezione unitaria dell’amore, pur vissuto in modo diverso; tanto che potrei parlare di amore dai cinque volti.
      La prima storia - Charlotte Baudouin e Charles Péguy - fa vedere un Péguy dibattuto tra due amori, dei quali quello vissuto in solitudine, soffocato dal senso di fedeltà coniugale, è il più vivo e travolgente. Egli resiste. Scrive lettere e poesie alla donna non  sua. E questa, dalla penombra che l’avvolge, influenza la vena artistica dell’amato e la fa divenire capacità creativa. Sintomatico l’acrostico in una ballata dove si può leggere il nome di lei: Blanche. La coppia irrealizzata ha un’affinità che solo un uomo integerrimo come lui può contenere fino al punto di consigliare all’amata il matrimonio con un altro; come di fatto avviene. La fedeltà alla moglie è per lui ineludibile.   
La vicenda umana di Péguy non è tutta tormento per l’amore impossibile. Nella sua vita ferve la scelta di un socialismo agnostico che lo allontana dalla chiesa cattolica, alla quale vorrebbe aderire pur con molte perplessità. Anche qui un dualismo lacerante che nemmeno il rapporto molto intenso con Maritain e Raïssa riesce a fargli superare; infatti i due amici non riescono a convincerlo ad aderire decisamente alla fede cattolica: nel dualismo tra fede e vita, lui opterà sempre per “un’antropologia dell’incarnazione, della storia, dell’impegno sociale e politico alternativo allo spiritualismo…”. Il dualismo emotivo e quello ideologico nulla toglie alla grandezza di un uomo (la donna, madre dei suoi figli, in questa storia entra in secondo ordine) che seppe essere fedele a se stesso.
      La seconda storia – Raïssa Oumançoff e Jacques Maritain – riguarda personaggi celebri ben noti nel mondo culturale e religioso. Gli autori tessono il racconto della loro storia d’amore e lo arricchiscono con interessanti citazioni.
I due sono di diversa provenienza: lei, ebrea russa, quando nelle università del suo paese entrò in vigore il numero chiuso a danno degli ebrei e soprattutto delle donne, si trasferì con la famiglia a Parigi. Lui, di origine protestante, divenne cattolico molto attivo e, come tutti sanno, fu studioso e pensatore profondo tanto da fare scuola.
Il primo incontro è ritratto con freschezza descrittiva, poetica.
L’osmosi affettiva ed intellettuale che ben presto si realizza tra i due è un miracolo della Grazia e come tale essi la vivono. L’impegno nel mettere a frutto i doni di Dio per mezzo della preghiera, nella quale confidano molto, è teso a trasformare la vita intellettuale in vita spirituale; e di fatto si mettono a servizio degli altri in circoli culturali di cui sono animatori.
L’amore tanto radicato nella fede evolve in Jacques verso una ‘compiutezza verginale’; da ciò la proposta a Raïssa di fare il voto di castità dopo appena sei anni di matrimonio. Senza una sottovalutazione del sesso, ma attraverso una sua sublimazione, la loro mira è alta: trascendere ogni forma limitativa fino allo sprofondamento dell’amore umano nel divino.
* [Qui mi permetto una nota personale. Leggendo per mio conto Raïssa, ho saputo di un suo disappunto in merito; lo soffocò e ne tacque. A volte le donne capiscono meglio e soffrono di più…].
Come definire un tanto grande luminoso amore? Con sussiego suggerisco: amore proteso verso vette inesplorate.
       Circa la terza coppia – Francesca Romani e Alcide De Gasperi – mi astengo da aggiungere ogni aspetto narrativo a quanto gli autori dicono. Il lettore ne sarà affascinato senza alcuna mia indicazione, poiché le pagine scorrono da sé. In esse sono ritratti i vari passaggi dall’inizio dell’innamoramento alla prima dichiarazione di amore, al matrimonio, alla vita a due. Questa  non è rose e fiori, dapprima a causa della vita provata di Alcide che subisce anche col carcere la persecuzione del regime fascista, in seguito a causa dei suoi impegni politici dei quali ci informano (ben poco!) i libri di storia, nonché della vita tra stenti  che lo costringono, per sopperire ai bisogni della famiglia con quattro figlie da crescere, al lavoro di traduttore, di bibliotecario in Vaticano, ecc. Sono tutte pagine che si leggono avidamente tanto le loro vicende sono singolari (soprattutto se volessimo fare un confronto con la vita agiata dei politici di oggi).
Ma non posso privare chi legge di qualche citazione che illumina di bellezza soprannaturale il cammino a due con Francesca, la moglie che non lo lascia mai solo nemmeno nella lontananza fisica.
Alcide le scrive così:
…t’amo tanto, sono così vicino a te, che una graduazione, anche una certa distanza, dell’intensità delle nostre convinzioni e della misura di praticarle, non potrebbe scuotere l’infinito affetto che deve basarsi anche sulla tolleranza e sul rispetto reciproco. Ti voglio libera compagna, amica di pari iniziativa e indipendenza e nulla mi ripugna di più che il farti da maestro e di frugare nella tua coscienza..
…tu, sorella dell’anima…
Mi farai sempre un immenso piacere quando rinfrancherai il tuo spirito con un richiamo a questa corrente di spiritualità che ti fa vibrare all’unisono con le mie speranze e con la mia fede ideale… io a te e tu a me, è la formula per le nostre relazioni…
Non sono io che ti amo, ma siamo noi due che ci amiamo…
Sento che i nostri due spiriti si fondono in un ideale sovrumano…
…le nostre lettere come le nostre carezze sono tutte per noi soli.
Un uomo così granitico nel carattere e nelle scelte di vita, sa esprimersi con dolcezza infinita parlando con la sua donna. Non c’è mai spazio nelle sue parole per le futilità di un amore senza spina dorsale.
      La quarta coppia – Mya Salvati e Igino Giordani – ci mette di fronte ad una tipologia ben nota al giorno d’oggi: il marito delega alla moglie ciò che riguarda la vita concreta, e la moglie, anche se non priva di doti artistiche, accetta la situazione pagando in termini di frustrazione.
Siamo di fronte ad una coppia di diversi per cultura, fede, tendenze... Mya sta sempre all’ombra, mentre il marito si afferma, acquista una grande notorietà. Egli ringrazia una moglie sempre in seconda linea rispetto ad altre donne… “sante”, come dapprima una certa madre Oliva  e poi Chiara Lubich, che gli offrono un’alternativa di santità illuminata rispetto a ciò che Mya non sa dargli. L’estasi che Igino trova tra i focolarini è l’inferno in casa di Mya.
Un amore travagliato che ripete in altro modo quello di tante altre coppie, all’interno delle quali il pane quotidiano è la sofferenza delle donne.
       Adrienne von Speyr e Hans Urs von Balthasar costituiscono una coppia di grande prestigio. Lui un grande teologo che ha fatto storia, lei una mistica molto dotata spiritualmente ed umanamente.
Alla pagina 299 del libro si legge: L’unità delle anime è sorprendente, sul piano culturale, affettivo, spirituale e teologico. E più giù: Adrienne sarà sempre convinta che la verginità fisiologica si giustifica sulla base di una verginità ontologica. Quest’ultima frase mi ha dato l’idea di come la coppia abbia intrapreso un itinerario di continuo rimodellamento della persona, in vista del perfezionamento personale, quale terreno che sarebbe stato fertile sia per la verginità consacrata o seriamente impegnata, sia per il matrimonio responsabile. Di ontologico non riesco a vedere altro o di più. Comunque resta vero che nella coppia in questione non c’è spazio per una sorta di DNA verginale o di qualcosa che gli si avvicini; infatti Adrienne si è sposata due volte prima di stringere un vincolo di alta amicizia con von Balthasar; e questi coltiva le sue notevoli attitudini all’approfondimento teologico, sottoponendo le sue costruzioni teologiche alle ‘correzioni’ della mistica Adrienne. I due punti di vista da cui partono sono diversi, ma tendono ad integrarsi sul piano della ricerca e della vita vissuta, fino al punto di fare coppia morale e spirituale nell’aspirazione allo stesso ideale.
La finale del libro, che mi piace trascrivere, illumina ancor meglio il senso di questo far coppia spirituale che, se nella quinta coppia di amici è chiaro e lampante, aleggia anche nelle altre storie: Il frutto più significativo delle fecondità di queste anime rimane nella capacità di vivere l’unità in Cristo e di lasciare alla chiesa il formidabile segno di speranza inciso nel progetto originario: DIO CREO’ L’UOMO A SUA IMMAGINE; A IMMAGINE DI Dio LO CREO’; MASCHIO E FEMMINA LI CREO’ “.
L’insistenza nel ripetere i termini della dualità, maschio e femmina, non lascia posto ad una verginità intesa in senso restrittivo come limitazione all’espressione della sessualità. La dualità è voluta da Dio, è la Sua stessa Identità dinamica [il Terzo è già sottinteso nella dualità]. Ciascuno dei due tende alla sua dilatazione nell’altro, senza sacrificare mai la sua singolarità (il caso di Mya e Igino è un’eccezione nel libro, normale nella realtà sociale dei più); come tale ciascuno può essere vergine e in relazione di amore.


 


 

 

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