domenica 9 giugno 2013

Gli incontri di domenica

Fatti e detti di ieri 09/06/2013
a) LETTA-RENZI
Di Carlo Bertini, inviato di Firenze
Parole di Renzi a Letta
Escono insieme da un portone laterale di Palazzo Vecchio a favore delle telecamere e si battono il «cinque» con un mezzo sorriso, a sancire quel patto che sulla carta è di non belligeranza ma che in realtà può essere qualcosa di più: anche se il rottamatore ai suoi dice che «entrambi siamo coscienti che ad un certo punto potremmo essere concorrenti» e anche se è ancora tutto prematuro, la giornata fiorentina del premier sancisce quella che Letta con una battuta in privato al sindaco ha sintetizzato con l’espressione «siamo una squadra».  
Che i due siano amici lo dimostra un siparietto che la dice lunga sui rapporti di familiarità: dopo aver trascorso mezz’ora dal governatore della Toscana Enrico Rossi, il premier si ripresenta alla porta del sindaco che non lo attendeva e che gli va ad aprire a torso nudo, perché avvisato all’ultimo momento sta indossando una camicia al posto della maglietta. 
Questo alle cinque del pomeriggio. Ma all’ora di pranzo, dopo due ore di chiacchiere a tutto campo, su governo e congresso del Pd, menù light di tartare di carne, frutta e birra, i due potenziali rivali di domani siglano la classica tregua armata. Che volendo forzare un bel po’ le cose si potrebbe così tradurre: se Renzi sosterrà lealmente il governo di larghe intese, per quanto transitorio ed «eccezionale», potrà contare sulla benedizione del premier ad una sua candidatura al congresso del Pd, sapendo che al prossimo giro il governo forse potrebbe toccare a lui, perché l’orizzonte di Letta - allo stato - sembra essere più proiettato verso una cornice europea.
«Abbiamo parlato di governo, del partito, di tutto». E fa una promessa, riferendosi senza dirlo alla storica antinomia tra D’Alema e Veltroni. «Noi siamo persone che collaborano e chi pensa che rinverdiremo antiche vicende di galli nel pollaio o sgambetti vari, ha sbagliato proprio storia». Ma al di là dell’amicizia, sarete i naturali contendenti della prossima fase, lo incalza il direttore di Repubblica. «Io mi concentro solo su questa fase e per quanto mi riguarda, il futuro lo declino in chiave comunitaria, più complessiva, ma ora non ci penso». E se si nota come per tre volte Letta rimarca «io mi concentro solo sul presente», altrimenti «viene giù tutto», si capisce che la tregua tra i due potrà essere solo armata.  
Non è un mistero che Letta vorrebbe garantito un periodo di serenità che comprenda anche il semestre europeo a presidenza italiana che scadrà a fine 2014. La commissione dei 40 per le riforme comincerà a lavorare in settembre e quei diciotto mesi di scadenza portano pure oltre quella data. Il suo unico obiettivo è andare avanti con il programma di riforme e le scelte congressuali del premier saranno funzionali ad una segreteria che possa sostenere bene il governo, insomma più ad una linea politica che ad una persona, assicurano i lettiani.  
Ma in questa fase Letta tollera anche le sollecitazioni al governo per fare presto e bene le cose che il Paese si aspetta. Insomma i due, pur sapendo di essere ben diversi, vogliono lavorare sulle loro complementarietà e se patto viene ribadito è quello di «non farci dividere e di gestire insieme le prossime fasi». Renzi la racconta un po’ diversa ai suoi che gli chiedono lumi. «Io lo dico apertamente che voglio fare il candidato premier al prossimo giro, lui per ora dice vediamo come va il governo. Se va bene può avere delle ambizioni, è legittimo...».
Tra i due
Di certo c’è che i due si impegnano a rivedersi a breve, segno che «potrebbero essere contati i giorni che ci separano da un annuncio di una candidatura di Renzi alla guida del Pd».  
Almeno così la pensano gli uomini del premier. Che fanno ben capire come al di là del buon rapporto di amicizia, non si può parlare di accordi blindati. Anche perché Letta non potrebbe mai appoggiare al congresso uno che si candidi contro il governo delle larghe intese e quindi se vorrà il suo sostegno, Renzi se lo dovrà conquistare. Il rottamatore sta valutando il da farsi e quando gli si chiede come sia andata, prima di assistere all’intervista del premier ad opera di Ezio Mauro, risponde guardingo, nega che vi siano patti di sorta. «Voglio sentire come la racconta lui dal palco».
E infatti Letta prima se la cava con qualche battuta, «sono uscito in mutande perché mi ha chiesto 20 milioni per gli Uffizi...», oppure «il sindaco ha passato le ultime tre ore a mostrarmi le bellezze di Firenze e a sottolineare quanto siano superiori a quelle di Pisa. Mi ha anche fatto vedere che la torre del Palazzo Vecchio ha 87 gradini mentre quella di Pisa solo 57». Non racconta che Renzi lo ha fatto pure entrare nella celletta della Torre dove Savonarola visse le sue ultime ore.  

b) NAPOLITANO - SCALFARI
"Non sono intenzionato a rivivere, da presidente della Repubblica, l'incubo di quei mesi, durante i quali nella Commissione Affari Costituzionali del Senato si è pestata l'acqua nel mortaio e non si è stati capaci di partorire nessuna riforma elettorale, avendo tutti i partiti giurato che bisognava farlo". [Nel mirino di Re Giorgio c'è sempre il Porcellum. Non ribadisce esplicitamente la possibilità di lasciare il Colle nel caso di un nuovo stallo, ma è questo il sottinteso del suo pensiero.] 

"Vedo serpeggiare la preoccupazione che quest’alleanza possa durare troppo, anzi che possa durare per l'eternità. Francamente sono un po' sbalordito. Adesso il problema, dopo un mese, è di far vivere questo governo per un'esigenza minima di stabilità istituzionale, direi quasi di sopravvivenza istituzionale e del Paese, poi ognuno riprenderà la sua strada, ma sulle riforme che bisogna fare bisogna trovare il consenso più largo". Il Capo dello Stato si dice "tenace assertore  della necessità che, su alcuni terreni fondamentali gli opposti schieramenti politici riescano ad esprimere un impegno comune - questo deve essere innanzitutto il terreno delle regole e delle riforme istituzionali. In questo momento sono per le riforme, che debbono essere nella maggior misura possibile concordate, fermo restando che un'alleanza politica è sempre un'alleanza a termine, in modo particolare quando è un'alleanza eccezionale, come lo fu quella del 1976-1979, come lo è quella attuale".

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