mercoledì 12 giugno 2013

Il sempre della storia e la profezia

Due testi dai quali si possono trarre analogie
 anche per capire Gesù quale risulta dal
vangelo della prossima domenica
Ne parleremo nel blog "Conversazioni" 

Articolo apparso l’11 giugno 2013 su www.periodistadigital.com/religion/

LA PAURA DEL PAPA E LA PAURA DEI POVERI
p. José Maria CASTILLO
E’ un fatto che nella Chiesa sono numerose le persone alle quali non piace il papa Francesco. Di più, è anche un fatto che nella Chiesa ci sono persone che hanno paura di questo papa.
Questa paura si spiega non solo perchè Francesco è un uomo che non si adatta alle abitudini ed alla maniera “normale” di procedere dei papi che abbiamo conosciuto, ma anche perchè Francesco non smette di parlare di un tema che, a quanto pare, rende nervose non poche persone. Mi riferisco al tema dei poveri.
Io non so cos’hanno i bisognosi perchè, quando si pone questo problema, siamo in molti (mi ci metto anch’io, certamente) a sentirci male, soprattutto quando si presenta in profondità, con tutte le sue cause e conseguenze.
Inoltre – e questo è la cosa più grave – questo papa non si limita a ricordarci l’amore che dobbiamo avere nei confronti dei bisognosi, ma, oltre a questo e soprattutto a questo proposito, nei suoi discorsi e nelle sue omelie è solito scagliarsi contro la gente di Chiesa, denunciando, senza peli sulla lingua, i funzionari della religione che non fanno quello che devono fare, che si comportano come degli arrampicatori che vogliono solo piazzarsi in posti di potere, guadagnare denaro e vivere bene.
E Francesco è arrivato persino a denunciare pubblicamente i mafiosi vestiti con la sottana. Non eravamo abituati a questo linguaggio sulle “auguste labbra del Pontefice”, come era solito esprimersi “L’Osservatore Romano” ai tempi di Giovanni XXIII, che tagliò corto con una tale sciocchezza nel modo di parlare.
Non sto esagerando. E men che mai sto inventando cose non vere.
La settimana scorsa sono stato in Italia per alcune conferenze. E lì mi hanno raccontato di gente famosa e potente negli ambienti ecclesiastici e clericali che stanno morendo di paura.
Temono trasferimenti? Temono destituzioni? Hanno paura di non raggiungere quello che ormai credevano di toccare con la punta delle dita?
Chi lo sa! Comunque sia, non vi è dubbio che di nuovo si sta verificando esattamente quello che ripetono insistentemente i vangeli: i sommi sacerdoti del tempo di Gesù, con le altre autorità religiose, anziani e scribi, “avevano paura” (Mt 21, 26. 46; Lc 20, 19; Mc 11, 18; Lc 22, 2; Mc 11, 32; 12, 12).
Paura di chi? Della gente, del popolo, dei poveri. Così dicono i testi dei vangeli. Come dicono anche che Gesù a bruciapelo disse in faccia a loro che avevano trasformato il tempio in un “covo di banditi” (Mt 21, 13; cf. Ger 7, 11 par). Per questo il papa non ha avuto riguardo nel ripetere, riferendosi a determinati ecclsiastici attuali, che sono dei “banditi”. E Francesco aggiungeva: “lo dice il Vangelo”.
Ci sono alcuni che si lamentano che questo papa non prende decisioni. Perchè non toglie alcuni e mette altri nei posti più importanti della curia.
Nessuno sa quello che il papa Francesco pensa di fare. Quello che sappiamo è quello che ha già fatto.
E, per lo meno fino ad ora, ha fatto due cose che sono evidenti per tutti:
1) Ha adottato uno stile di vita, che non è quello che eravamo abituati a vedere nei papi fino ad ora.
2) Si è schierato decisamente a favore dei poveri e parla molto duramente contro i ricchi e gli arrampicatori che cercano potere e privilegi.
Si limiterà a questo? Credo di no. Siamo all’inizio, non è che l’inizio.
E questo fa più paura ad alcuni. Ma, in ogni caso, non sarà male ricordare che Gesù ha fatto la stessa cosa che fino ad ora sta facendo questo papa: condurre una vita austera ed avere una libertà per parlare e fare certe cose che fanno uscire dai gangheri gli stessi come al tempo di Gesù per il suo comportamento. Francesco fa diventare matti i più osservanti di non poche tradizioni che nei settori più tradizionalisti della Chiesa si consideravano intoccabili.
E - chi l’avrebbe detto! - le due cose che ha già messo in moto Francesco – che sono quelle che ha messo in moto Gesù – sono state (e continuano ad essere) il motore del cambiamento nella storia: 1) uno stile di vita semplice e solidale; 2) un’opzione preferenziale per i poveri, che sposta le persone privilegiate ed importanti, fino a metterle all’ultimo posto.
Il papa Francesco non ha conferito incarichi e non ha preso decisioni clamorose. Si è limitato a mettere al centro delle sue preoccupazioni quello che ha messo Gesù al centro delle sue preoccupazioni: la sofferenza dei poveri.
E questo ha messo la paura in corpo a quelli che desideravano un papato con altre pretese. Le pretese degli arrampicatori e l’ambizione dell’osservanza che può ben occultare un’etica dubbia, forse contraddittoria con il comportamento della gente onesta.
E finisco: vi assicuro che per me è indifferente che il papa sia progressista o conservatore. Quello che mi interessa veramente è che il papa Francesco si è centrato e concentrato sul Vangelo. Non smette di parlare di Gesù, di quello che ha fatto e detto Gesù. Qualsiasi ideologia abbia, se è identificato con Gesù, mi sento spontaneamente identificato con il papa. Nè più e nè meno.
La «tentazione» di Francesco di Assisi
e la possibile «tentazione» di Francesco di Roma
Leonardo Boff, teologo e filosofo
Non dobbiamo immaginare che santi e sante siano liberi da ingiunzioni della comune condizione umana che conosce momenti di esaltazione e di frustrazione, tentazioni pericolose e riuscite coraggiose.
Non è stato differente con San Francesco, presentato come «il fratello sempre allegro», cortese e che viveva una fusione mistica con tutte le creature stimate come fratelli e sorelle. Ma al tempo stesso, era il tipo  preso da grandi passioni e ire profonde quando vedeva i suoi ideali traditi dai fratelli. Il suo migliore biografo Tommaso da Celano con crudele realismo ha testimoniato che Francesco soffriva tentazioni di «violenta lussuria», che sapeva simbolicamente sublimare.
C’è però un fatto che la storiografia pietosa dei francescani praticamente nasconde ma che è molto studiato dalla critica storica. Viene chiamato «La grande tentazione». Gli ultimi cinque anni di vita di Francesco (morì nel 1226), sono segnati da profonde angustie, quasi disperazione, oltre alle gravi malattie che lo affliggevano come la malaria e la cecità.
Il problema era oggettivo: il suo ideale di vita consisteva nel  vivere in estrema povertà, radicale semplicità e spoglio di ogni potere, soltanto appoggiato al Vangelo letto senza glosse che generalmente ne annacquano il senso rivoluzionario.
Accadde che in pochi anni, il suo stile di vita stimolò migliaia di seguaci, più di 5000. Come dar loro alloggio? Come dar loro da mangiare? Molti erano preti e teologi come Sant’Antonio.
Il suo movimento non aveva nessuna struttura né riconoscimenti legali. Era un puro sogno preso sul serio. Lo stesso Francesco si vede come un «novellus pazzus» come un nuovo pazzo che Dio volle nella chiesa ricchissima, governata da Innocenzo III, il più potente tra i papi della storia.
A partire dall’estate 1220 scrisse la regola in varie versioni che furono tutte rifiutate dall’insieme della fraternità. Erano troppo utopistiche. Frustrato e sentendosi inutile, decide di rinunziare alla direzione del movimento.
Pieno di angustie senza sapere più che fare, si rifugia per due anni nei boschi, visitato soltanto dall’amico intimo fra Leone. Aspetta una illuminazione divina che non viene.
In questo frattempo, viene redatta una regola segnata dall’influenza della Curia Romana e dal Papa che trasforma il movimento in ordine religioso: l’Ordine dei Frati Minori con struttura e propositi definiti.
Francesco, con dolore, umilmente, l’accetta. Ma lascia chiaro che non ne avrebbe mai più discusso se non prendendo esempi del primitivo sogno. La legge trionfa sulla vita, il potere ha circoscrive il carisma. Ma rimane lo spirito di Francesco:  povertà, semplicità e fraternità universale che ci ispira fino al giorno d’oggi.
Morì all’interno di una grande frustrazione personale ma senza perdere la giovialità. Morì cantando salmi e cantilene di amore della Provenza.
Francesco di Roma sicuramente starà affrontando la sua «grande tentazione», non più piccola di quella di Francesco di Assisi. Dovrà riformare la Curia Romana, una istituzione che conta circa 1000 anni. Lì sta cristallizzato il potere sacro (sacra potestas) in forma amministrativa. Insomma si tratta di amministrare una istituzione con una popolazione come la Cina: 1 miliardo e duecento milioni di cattolici.
Ma è necessario avvertire subito: dove c’è potere difficilmente comandano l’amore e la misericordia. È l’impero della dottrina, dell’ordine e della legge che per loro natura includono o escludono, approvano o condannano. Dove esiste potere, specialmente in una monarchia assoluta come lo Stato del Vaticano, sempre troviamo un anti-potere, intrighi, carceri, carrierismo e dispute per avere più potere ancora. Thomas Hobbes nel suo Leviatan (1651) ha visto chiaro: «Non si può garantire il potere se non cercando potere e sempre più potere».
Il Francesco di Roma, l’attuale vescovo locale e papa, dovrà interagire con questo potere, segnato da mille astuzie e, a volte, dalla corruzione. Sappiamo di papi precedenti che si erano proposti di riformare la Curia, sappiamo di resistenze, di frustrazioni che hanno dovuto tollerare e sappiamo perfino di sospetti di eliminazione fisica di papi, fatte da persone dell’amministrazione ecclesiastica.
Francesco di Roma possiede lo spirito di Francesco di Assisi: la povertà, la semplicità e lo spoliazione del potere. Ma per nostra felicità è gesuita,  con un’altra formazione, dotato del famoso «discernimento degli spiriti», proprio dell’Ordine.
Una tenerezza esplicita in tutto quello che fa ma può mostrare anche vigore  inusuale come succede a un Papa che ha la missione di restaurare la chiesa moralmente in rovina.
Francesco di Assisi aveva pochi consiglieri, sognatori come lui che praticamente non sapevano come aiutarlo.
Francesco di Roma si è circondato da consiglieri scelti da tutti i continenti, in maggioranza anziani vale a dire, che hanno avuto esperienze nell’esercizio del potere sacro.
Francesco di Roma dovrà darsi un altro profilo: più servizio che comando; più spoliazione che fronzoli e simboli del potere di palazzo; più con «odore di pecore» che di profumi di fiori da altare. Il portatore di potere sacro deve essere anzitutto pastore prima che autorità ecclesiastica; presiedere più nella carità e meno con il diritto canonico; deve essere fratello tra altri fratelli anche se con responsabilità differenziate.
Francesco di Roma riuscirà ad affrontare la sua «grande tentazione» ispirato dal suo omonimo di Assisi?
Credo che saprà avere la mano ferma e non gli mancherà il coraggio per servire quello che il suo «discernimento degli spiriti» gli detta per restaurare di fatto la credibilità della Chiesa e restituire fascino alla figura di Gesù.


Nessun commento: