mercoledì 25 aprile 2012

Libri consigliati da Beppe delle cdb di Pinerolo


Massimo Michele Greco (a cura di), LETTERE DAL SILENZIO. Storie di accoglienza e assistenza sanitaria di donne che hanno subito violenza, Franco Angeli ed, Milano 2011.
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Cormac McCarthy, LA STRADA, Einaudi ed, Torino 2007.
In un’atmosfera surreale da post-apocalisse (il fuoco ha ricoperto ogni cosa di cenere: cenere e silenzio) un padre e un figlio camminano.
Facciamo un passo per volta.
OK.Non mi lasciare la mano.
OK.
Qualunque cosa succeda.
Qualunque cosa succeda. (p.178)
Il bambino non rispose. Rimase seduto lì a capo chino, scosso dai singhiozzi.
Non tocca a te preoccuparti di tutto.
Il bambino disse qualcosa che l’uomo non capì. Cosa?, disse.
Il bambino alzò gli occhi, il viso sporco e bagnato. Sì, invece, disse. Tocca a me. (p. 197)

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Gioconda Belli, NEL PAESE DELLE DONNE, Feltrinelli ed, Milano 2011.
Una pagina: “Non mi pento della follia di aver mandato tutti gli uomini a casa, dimettendoli dagli incarichi statali. Ammetto che era una misura radicale, ma, dato che Faguas è un piccolo stato, fortunatamente ci siamo potute concedere il lusso di costruire artificialmente un laboratorio in cui mescolare a piacere identità e ruoli. Ho pagato un prezzo. Ora come ora non mi azzarderei a proporre questo modello come assoluto affinché una società riconosca il valore delle donne, ma soprattutto le donne riconoscano se stesse, però so che nel mio paese ha segnato un profondo cambiamento e che sicuramente ne è valsa la pena. Basti vedere il rispetto che abbiamo ottenuto riguardo al lavoro domestico. Nessun uomo adesso considera denigrante stirare, lavare, cucinare o curare i bambini. Le nuove coppie di Faguas condividono gli impegni familiari. Nei quartieri si sono moltiplicate le mense comunali ed è aumentato il numero di “madri per vocazione” ben preparate; tutte le aziende sono dotate di asili nido e ci sono persino le “aree di sosta” che sognava Ifigenia, dove puoi lasciare i bambini quando vai a fare la spesa o le tue commissioni. Adesso figli e genitori non devono più separarsi fino al momento in cui i ragazzini, a dodici anni, cominciano a frequentare la scuola tradizionale. Inoltre ogni datore di lavoro considera la maternità come un apporto per il futuro della comunità e il tempo che i genitori dedicano ai figli come garanzia di una società sana. Le gang non esistono più, il problema della droga si è ridimensionato, siamo un florido paese produttore di fiori, popolato da persone che si sostengono a vicenda, che rispettano la diversità dell’amore in tutte le sue espressioni. Il nostro “progetto felicità” ha funzionato. Economicamente siamo più ricchi perché non posponiamo l’educazione dei cittadini ed è proprio in loro e nelle loro vite che abbiamo deciso di investire le nostre risorse. Ma innanzitutto siamo più ricchi perché abbiamo estirpato il sistema di sfruttamento più antico, quello delle donne, che ormai nessuno assimila più sin dall’infanzia. Ne è rimasta qualche traccia, naturalmente; non siamo una società perfetta. In verità, riconoscerci umani significa sapere che ci saranno sempre nuove sfide e nuove battaglie, però noi andiamo avanti. Un piede davanti all’altro”.
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Manuela Salvi, NEMMENO UN BACIO PRIMA DI ANDARE A LETTO, Mondadori ed, Milano 2011.
L’orrore e la ripulsa non mi sono mai stati suggeriti dal pensiero che avrebbe potuto succedere a mia figlia o potrebbe succedere alla mia nipotina. Semplicemente mi rifiuto di giustificare qualsiasi piccola complicità con una cultura maschile che vede le donne come trastullo per il divertimento del maschio padrone, compresa la recente sentenza della Corte Costituzionale. Compresi gli ammiccamenti alla farfallina inguinale di Belén, per non dire di tutta la macchina della TV pubblica (e di quella privata commerciale) che punta sul corpo delle donne per alzare l’audience e fare cassa.
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Lydia Cacho, MEMORIE DI UN’INFAMIA, Fandango ed, 2011.
Metti che dico a Lesly Portamene una di 4 anni, e lei mi dice: Se la sono già scopata, io lo vedo se l’hanno già scopata, vedo se è il caso di metterglielo dentro o no. Tu lo sai che è il mio vizio, o no? E’ una stronzata ma non so resistere, e lo so che è un reato e che è proibito, però è talmente facile, una bambina piccola non ha difese, la convinci in un amen e la prendi”. Lydia Cacho ha cominciato da qui, dalle immagini di una confessione strappata da una telecamera nascosta a (...), imprenditore pedofilo coinvolto nel trafficking di bambine e adolescenti all’interno di una rete internazionale e coperto da importanti esponenti politici e uomini d’affari probabilmente, anche loro, implicati nel traffico. (...)
Accusata di diffamazione e calunnia, a causa del primo libro [Los demonios del Eden (2005)], dagli stessi responsabili del trafficking, Lydia Cacho non sapeva di aver messo il dito su una piaga che coinvolgeva non solo l’imprenditore ma un intero entourage politico fatto di legami e clientelismi, che l’avrebbe portata quasi a morire per mano della polizia giudiziaria corrotta. Arrestata, sequestrata, torturata, portata in un carcere fuori la sua giurisdizione, Lydia è viva per miracolo, e dopo essere stata coinvolta in processi senza fine, riceve ancora oggi minacce di morte. (...)
Un esempio di giornalismo militante che acquista il suo potere “quando dà voce a chi è stato costretto a tacere dalla forza schiacciante della violenza”, uno dei motivi per cui Lydia Cacho, insieme a Roberto Saviano, ha ricevuto pochi giorni fa l’Olof Palme Prize 2012, il premio svedese destinato a chi lotta per la libertà, per la “instancabile, altruista e spesso solitaria battaglia per i loro ideali e per i diritti umani” (recensione di Luisa Betti).

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