sabato 25 maggio 2013

BEATO! domenica 26 maggio

Da “Avvenire”  25 maggio 2013
Premetto una mia opinione per timore che la pazienza di chi legge non resista, data la lunghezza dell’articolo:
I toni in cui si esprime ogni articolo di impronta ecclesiale sono i soliti. Condivido il giudizio sulla santità di don Puglisi, ma perché la proclamazione di BEATO??????????????? E perché ogni riferimento a persone ecclesiastiche di potere deve essere accompagnato da temini altisonanti????????
Una risposta me la do anche io: così impone lo stile mondano che assume sempre questa povera (di una povertà non materiale) chiesa cattolica, che di cattolicità (=universalità) non ha nulla. Tutto si corrode in questo mondo, ma la chiesa cattolica ritiene di opporsi alla corrosione attraverso le sue strutture che non potrebbero esere più di potere, di come sono.
Io mi piego al destino gridando come Giobbe, ma le teologhe che riportano articoli come quello di Avvenire da che parte stanno? Si piegano senza gridare?
Si notino l’uso dei caratteri in rosso e le sottolineature che mi appartengono.
Ausilia 

Don Puglisi è beato: «La mafia ha liberato il chicco di grano»

È beato il sacerdote ucciso dalla mafia. Padre Pino Puglisi, per il quale erano inscindibili la passione per Cristo e quella per l'uomo, è stato ammazzato su ordine dei boss Graviano il 15 settembre 1993, nel giorno del suo 56esimo compleanno, e Benedetto XVI ha riconosciuto che l'esecuzione fu "martirio", consumato "in odio alla fede". Oggi la proclamazione della Chiesa, dai toni semplici [!], sulla spinta di un popolo che ha partecipato in massa: almeno centomila persone sul grande prato verde del Foro Italico, davanti all'altare con alle spalle il mare. Si potrà adesso celebrare la sua festa ogni anno il 21 ottobre.
"Accogliendo la domanda del nostro venerabile fratello, il cardinale di
Santa Romana Chiesa Paolo Romeo, e di molti altri fratelli vescovi e di moltissimi fedeli - afferma la lettera apostolica letta dal rappresentato di papa Francesco, il cardinale Salvatore De Giorgi - concediamo che il venerabile Servo di Dio Giuseppe Puglisi, presbitero diocesano, martire, pastore secondo il cuore di Cristo, insigne testimone del suo regno di giustizia e pace, seminatore evangelico di perdono e riconciliazione, sia d'ora in poi chiamato Beato".
L'arcivescovo di Palermo, cardinale Paolo Romeo, nella sua omelia ha detto che il sorriso e l'azione del parroco di Brancaccio, instancabile e gioioso educatore, che nelle strade degli uomini cercava l'incontro e il dialogo, hanno sconfitto Cosa nostra: "Più guardiamo il volto di don Pino Puglisi", di cui durante il rito è stata disvelata solennemente una grande foto, "più sentiamo che il suo sorriso ci unisce tutti. Sorride ancora don Pino. La Chiesa riconosce nella sua vita, sigillata dal martirio in odium fidei, un modello di imitare".  "La mano mafiosa che il 15 settembre 1993 lo ha barbaramente assassinato - ha aggiunto - ha liberato la vita vera di questo 'chiccho di grano', che nella sua opera di evangelizzazione moriva ogni giorno per portare frutto. Sottraeva alla mafia di Brancaccio consenso, manovalanza, controllo del territorio". L'azione "assassina,di prevaricazione e di morte" dei mafiosi "ne rivela la vera essenza". Così ha rilanciato l'anatema-scomunica di Papa Giovanni Paolo II dalla Valle dei Templi: "Convertitevi, uno giorno verrà il giudizio di Dio". Un sacerdote "esemplare, martire della fede e della carità educativa, in particolare verso i giovani: continui a suscitare nella comunità ecclesiale e civile risposte generose e coerenti", è l'auspicio del segretario di Stato del Vaticano, cardinale Tarcisio Bertone. L'eredità, la visione e il 'modello Puglisi', a quasi vent'anni dalla morte di questo prete della gente appaiono tutt'ora poco attraversati. Il cardinale Romeo ne sembra cosciente: "Il martirio di don Puglisi deve essere vissuto con grande responsabilità. Non può essere ridotto a una pietra di museo, ma deve trasformare, interpellare l'intero presbiterio, innanzitutto quello palermitano, tutto il popolo di Dio. Il nostro '3P' deve essere il nostro modello, colui con quale confrontarci per ispirare la nostra azione. È stato pienamente sacerdote. E di fronte a tutto quello che ha fatto nei suoi tre anni a Brancaccio, io mi sento piccolo e incapace. Lui oggi è ancora qui, è ancora con noi a mostrarci la via".
Il martirio del nuovo beato "ci interpella tutti, come comunità ecclesiale, a vincere ogni forma di male", agendo "secondo il binomio che in Puglisi sintetizzò insieme evangelizzazione e promozione umana. Beato martire Giuseppe, il tuo sangue continuerà a fecondare questa Chiesa". "Il giorno dell'omicidio Palermo pianse, oggi è nella gioia perché da quel sangue è nato un popolo nuovo", ha detto il postulatore della causa di beatificazione 
monsignore Vincenzo Bertolone. Don Pino "continua a rappresentare - ha scritto in un messaggio il capo dello Stato Giorgio Napolitano [ecco un ateo devoto DOC] - un esempio per tutti coloro che non intendono piegarsi alla prevaricazioni della criminalità organzzata. Un sacerdote il cui martirio costituisce una grande testimonianza di fede cristiana, di profonda generosità e di altissimo coraggio civile".
"Uno dei miracoli di 3P è stato quello, con il suo sorriso, di fare convertire due dei feroci killer che hanno dato un contributo per la verità e giustizia, anche recentemente, facendo riaprire indagini come quella della strage di via D'Amelio", ha riconosciuto il presidente del Senato Pietro Grasso, ex procuratore nazionale antimafia, che ha aggiunto: "La conversione sincera di Spatuzza e Grigoli ha dato un contributo alla verità. Puglisi è morto per essere stato un punto di riferimento che toglieva aria e territorio ai mafiosi. Il suo omicidio come quello del piccolo Di Matteo sono delitti per i quali la mafia ha pagato e continua a pagare in termini di consenso". 

Al rito erano presenti anche il ministro dell'Interno e vicepremier, Angelino Alfano, il ministro della Giustizia, Anna Maria Cancellieri, il ministro della Pubblica amministrazione, Gianpiero D'Alia. Oltre al sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, al presidente dell'Assemblea regionale siciliana, Giovanni Ardizzone, al presidente della Provincia. Giovanni Avanti e ai vertici delle Forse dell'ordine. Alla celebrazione eucaristica, presieduta dall'arcivescovo di Palermo, cardinale Paolo Romeo, hanno preso parte 40 vescovi, 750 presbiteri e 70 diaconi. La liturgia era animata da un coro di circa 250 cantori.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Ci sarebbe da commentare pure la morte di Don Gallo

Ausilia ha detto...

Ci siamo, caro anonimo! Se io critico il mettere l'aureola in testa ad un povero parroco di periferia come don Puglisi, e MI DISPIACE proprio l'aureola, dovrei schierarmi dalla parte di un parroco che ha tutta la mia ammirazione per il bene che faceva, e tentare di beatificarlo? Non è questa la mia linea, che vuole essere evangelica, ma che non si appella ad un vangelo politicizzato, schierato, che ha rovinato una Sinistra schierata-contro l'odiato avversario, anziché laboriosa cucitrice delle piaghe sociali, impostata su un programma di ricostruzione delle vere ragioni del suo essere. Ogni periodo storico è destinato ad esaurire le condizioni della politica costruita sull'asse di cambiamenti CHE PRETENDONO ALIMENTARSI ATTRAVERSO LA DEMONIZZAZIONE DELL'AVVERSARIO. Ancor oggi continuiamo a non riesaminare le condizioni STORICHE del passato impaludandoci nella semplice critica, non guardando con occhio limpido alle nuove possibilità STORICHE. Queste appartengono a tutti gli schieramenti, che non debbono essere schieramenti, bensì riposizionamenti in ottiche diverse. O vogliamo eliminare la diversità? Qual è "l'Italia giusta" da costruire; quella che vuol prevalere attraverso la demonizzazione dell'avversario? o quella che si ispira (senza pretesa di assolutezze) ad una giustizia non-livellatrice? Ricordiamoci che le ideologie della sinistra hanno creato il mostro sovietico, COSI' COME quelle della destra hanno creato il mostro del nazi-fascismo.
Don Gallo era altamente ideologizzato e politicizzato vecchia maniera. Io gli rendo un buon servizio sottraendolo alla beatificazione ecclesiastica e alla beatificazione di una parte del paese contro l'altra.